Riunione Bce: focus su Pepp e riserve obbligatorie, possibili effetti sui Btp
Alla vigilia della riunione della Bce gli operatori si interrogano sulle mosse dell’istituto e sulle potenziali ripercussioni per il sistema bancario e i mercati finanziari, con focus in particolare su Btp e spread. Gli ultimi dati macro e il contesto geopolitico sostengono la tesi che i tassi di riferimento abbiano raggiunto il picco, ma restano da chiarire alcune questioni spinose, come l’interruzione del Pepp e l’aumento dei coefficienti di riserva obbligatori.
Nessuna in vista sorpresa sui tassi
Nel penultimo meeting di politica monetaria del 2023, in programma domani, la Bce manterrà invariati i tassi di interesse, che attualmente vedono il costo delle operazioni di rifinanziamento principali al 4,5%, quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale al 4,75% e il tasso sui depositi al 4%.
Il rialzo di 25 punti base effettuato nell’ultima riunione dal Consiglio Direttivo dovrebbe dunque essere stato l’ultimo del ciclo restrittivo, che ha portato a dieci aumenti consecutivi del costo del denaro. Ora l’Eurotower ritiene che i tassi siano adeguati, se mantenuti su questi livelli, per contribuire a riportare l’inflazione verso il 2% nel medio termine. I trader al momento prevedono che l’istituto di Francoforte inizi a tagliarli entro giugno 2024, ma molto dipenderà dalla traiettoria dell’inflazione e in generale dai dati macro dei prossimi mesi.
Gli altri temi caldi per la Bce
In ogni caso, sarà interessante seguire le indicazioni della presidente Christine Lagarde, nella consueta conferenza stampa al termine del meeting, per capire il punto di vista dei funzionari sull’attuale quadro macroeconomico e geopolitico, anche alla luce delle recenti tensioni in Medioriente.
Da questa riunione, inoltre, potrebbero emergere dettagli su due questioni molto significative: un’eventuale interruzione anticipata dei reinvestimenti nell’ambito del programma Pepp, la cui scadenza è attualmente fissata a dicembre 2024, e un possibile aumento dei coefficienti di riserva obbligatoria per le banche presso la Bce.
Conclusione anticipata del programma di acquisti PEPP
A luglio la Bce ha stoppato i reinvestimenti nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA), il quantitative easing ordinario lanciato dall’allora presidente Mario Draghi, per contrastare il pericolo di deflazione. È ancora attivo, invece, il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), varato a marzo 2020 per sostenere l’economia dell’eurozona nel contesto della pandemia.
Il termine di questa misura temporanea è fissato per la fine del 2024, ma da tempo filtrano indiscrezioni su una sua possibile conclusione in anticipo sulla tabella di marcia. Gli acquisti di titoli, infatti, immettono liquidità nel mercato, contrastando in qualche modo con la battaglia dell’istituto per raffreddare l’inflazione attraverso gli aumenti dei tassi.
Secondo alcuni analisti, lo stop al Pepp dovrebbe essere annunciato prima di iniziare a tagliare il costo del denaro, per evitare di inviare messaggi contrastanti ai mercati.
Le possibili conseguenze per i Btp
Tuttavia, l’interruzione degli acquisti di titoli potrebbe comportare alcuni rischi. Il Pepp, infatti, rappresenta una prima linea di difesa contro le speculazioni degli investitori per Paesi vulnerabili come l’Italia, con obbligazioni di Stato già sotto pressione soprattutto a causa dell’elevato indebitamento.
La Bce ha necessità di snellire il proprio bilancio, dopo aver acquistato titoli per 1.700 miliardi di euro con il quantitative easing, ma il QT (quantitative tightening) potrebbe rimuovere uno scudo a protezione dei Btp e dello spread. Il venir meno della “stampella” di Francoforte, ovvero degli acquisti di titoli per sostenerne i prezzi, esporrebbe ulteriormente i rendimenti e il differenziale alle oscillazioni di mercato.
Aumento dei coefficienti di riserva obbligatori
Domani il Consiglio Direttivo potrebbe affrontare anche il tema relativo al rialzo dei requisiti obbligatori di riserva. La misura andrebbe ad incrementare la liquidità che le banche devono tenere parcheggiata presso la Bce, affiancando l’elevato livello dei tassi e il quantitative tightening nella lotta all’inflazione.
I rumors parlano di un eventuale incremento del coefficiente di riserva dall’1% attuale al 3-4%. Ricordiamo che l’istituto di Francoforte ha eliminato la remunerazione sulla riserva obbligatoria, pertanto questa liquidità non rende nulla.
Un aumento delle riserve non remunerate potrebbe avere effetti negativi sulla redditività delle banche e aumentare la volatilità dei tassi interbancari a breve termine.
Gli analisti di Commerzbank ritengono che un aumento di un solo punto percentuale possa prosciugare la liquidità netta in eccesso aggregata delle banche italiane, costringendole potenzialmente a raccogliere nuovi finanziamenti. Anche Axa intravede potenziali problematiche per i mercati caratterizzati da una liquidità più limitata, citando proprio l’Italia. Secondo S&P, un incremento di pari entità potrebbe ridurre l’utile prima delle imposte del 3,3% e il tasso di copertura della liquidità (Lcr) del 4,7%, ma la maggior parte delle banche europee sarebbe attrezzata per mitigare tali rischi.
Le ultime indicazioni per la Bce dall’economia
Ieri intanto sono giunti segnali di indebolimento sia dai dati macroeconomici dell’eurozona sia dall’indagine trimestrale sulle condizioni del credito.
Gli indici Pmi dell’eurozona hanno evidenziato un’ulteriore contrazione ad ottobre, rinnovando i timori di recessione per la regione, in un quadro potenzialmente soggetto anche ad un aumento dei costi energetici.
Dalla ‘Bank lending survey’, inoltre, è emersa ancora una forte diminuzione della domanda di prestiti da parte di famiglie e imprese nel terzo trimestre dell’anno. Negli ultimi tre mesi del 2023 è previsto un “ulteriore, seppur più moderato, inasprimento netto dei criteri di credito sui prestiti alle imprese e criteri di credito sostanzialmente invariati sui prestiti alle famiglie per l’acquisto di case”.
Qualche spiraglio di ottimismo è arrivato invece stamattina dall’indice Ifo tedesco, che mostra un leggero miglioramento delle prospettive economiche della prima economia europea. L’indice delle aspettative è salito a 84,7 punti ad ottobre, rispetto a 83,1 del mese precedente e 83,5 del consensus di Bloomberg.