Rischio shutdown scongiurato? L’amministrazione Trump affossa dollaro e frena Wall Street
Dollaro vicino ai minimi da tre anni contro le principali controparti internazionali, sell off sul Treasury e Wall Street in stallo: questo il bilancio della giornata di ieri, appesantita dai timori di un possibile blocco delle attività degli uffici federali Usa, il cosiddetto Shutdown.
La Camera Usa, a controllo repubblicano, ha dato il proprio via libera al provvedimento per consentire di finanziare le attività degli uffici federali in regime di proroga fino al 16 dicembre 2018 ed evitare lo shutdown, che scatterebbe alla mezzanotte di oggi. Ma la misura deve essere ancora approvata dal Senato, dove ha incontrato resistenze trasversali, e il suo destino è dunque incerto.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Reuters, a complicare l’approvazione da parte del Senato, l’esternazione del presidente Usa Donald Trump, secondo cui l’estensione del finanziamento del programma di assicurazione sanitaria per l’infanzia, una priorità per i Democratici, non dovrebbe essere inclusa nel provvedimento.
In questo quadro il dollaro è sceso sui minimi da tre anni contro un paniere delle principali controparti internazionali (Dollar Index vicinissimo alla soglia psicologica a 90 punti), ma non solo. Ieri il rendimento del Treasury è salito oltre la soglia “pericolo” del 2,6% per la prima volta da marzo 2017, rafforzando la sensazione che l’inflazione negli Usa stia dando segnali di risveglio proprio come segnalato nel Beige Book della Federal Reserve pubblicato mercoledì in serata.
Secondo Jon Day, global bond portfolio manager di Newton (BNY Mellon IM), nei prossimi mesi si potrebbe arrivare “ad un punto tale che i costi per ripagare il debito saranno nuovamente un problema. Quello sarà il momento in cui l’economia globale tornerà a rallentare, probabilmente in congiunzione con la decisione delle Banche Centrali di ridurre i piani di stimoli e possibilmente persino i loro bilanci”.
Il fatto è che, ha argomentato Christian Mueller-Glissmann, CFA di Goldman Sachs, la riforma fiscale di Trump “è giunta a margine di uno dei cicli economici espansivi più longevi del Paese e potrebbe creare più danni che benefici all’economia”.