Report occupazionale Usa conferma indebolimento mercato lavoro, tassi Treasuries a minimo da 2017
E’ la seconda volta in quattro mesi che la crescita dei posti di lavoro degli Stati Uniti è inferiore alle 100.000 unità. In media, nel 2019, i posti di lavoro sono aumentati ogni mese di 164.000 unità, in forte calo rispetto alla media del 2018, pari a 223.000 unità. Nel mese di maggio, stando a quanto riportato oggi dal dipartimento del Lavoro Usa, il trend è stato decisamente peggiore anche della media, con appena 75.000 nuovi posti di lavoro creati, a fronte di un tasso di disoccupazione che, al 3,6%, è rimasto comunque fermo al minimo degli ultimi 50 anni, esattamente dal dicembre del 1969.
Il parametro più ampio che considera sia i lavoratori scoraggiati che chi lavora part-time – chiamato a volte tasso di disoccupazione reale – è sceso ulteriormente, dal 7,3% al 7,1%, al valore più basso dal dicembre del 2000.
Nessuna buona nuova dal fronte dell’inflazione, visto che la crescita dei salari ha rallentato il passo. In particolare, i salari medi orari sono saliti del 3,1% su base annua, deludendo le attese, che erano per una crescita del 3,2%, mentre la settimana lavorativa si è confermata invariata a 34,4 ore. La partecipazione alla forza lavoro è rimasta ferma al 62,8%, in linea con le stime.
Il dato deludente relativo all’occupazione e disoccupazione Usa ha avuto un effetto immediato sugli asset finanziari Usa: il Dow Jones è balzato in apertura di 200 punti, beneficiando delle speculazioni degli investitori, che considerano ora ancora più probabile un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve di Jerome Powell.
Non si è fatta attendere neanche la reazione dei Treasuries, con i tassi decennali che sono scesi anche al di sotto della soglia del 2,06%, fino al 2,055%, al minimo dal settembre del 2017. Giù anche i rendimenti dei Treasuries a 30 anni, al 2,571%. I tassi a due anni si aggirano ora all’1,779%, ben lontani dal 2,25% testato alla fine di maggio.
La prossima riunione della Fed si terrà il 18 e il 19 giugno. Le manovre restrittive degli ultimi anni hanno portato i tassi sui fed funds a salire nel range compreso tra il 2,25% e il 2,50%.
Il deterioramento del mercato del lavoro Usa rende più probabile l’arrivo imminente di un taglio dei tassi da parte di Jerome Powell & Co.
I mercati stanno scommettendo su un taglio dei tassi a luglio, seguito da un altro taglio nella riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed – di settembre o di ottobre, e da un terzo all’inizio del 2020.
A essere salite sono state anche le speculazioni su un taglio dei tassi a giugno, sebbene la probabilità rimanga ancora bassa. Stando al FedWatch di CME Group, la probabilità di un intervento accomodante nella riunione di giugno è salita al 27,5% dal 16,7% precedente. La probabilità che la Fed abbassi i tassi il mese successivo, a luglio, è pari invece al 79%.
Detto questo James Smith, economista dei mercati dei paesi avanzati presso ING, non è poi così negativo sull’economia Usa e ritiene che le condizioni generali dei fondamentali siano ancora solide.
“Con la crescita dei salari che supera l’inflazione e la fiducia dei consumatori vicina al record degli ultimi anni, le spese per consumi dovrebbero continuare a sostenere la crescita complessiva nel corso del secondo trimestre”.
Allo stesso tempo, i timori per le conseguenze della guerra commerciale lanciata da Donald Trump – con l’escalation delle tensioni con la Cina e la minaccia di tariffe contro il Messico – lasciano pensare che “i rischi che incombono sull’economia stiano indubbiamente crescendo”.
Smith è comunque dell’idea che le speculazioni dei mercati su un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve pari a 100 punti base entro la fine del 2020 siano un po’ esagerate.
Nel frattempo, la debolezza del report occupazionale mette sotto pressione anche il dollaro, a vantaggio dell’euro, che sale dello 0,46% circa a $1,1326; il dollaro soffre anche nei confronti della sterlina, con il cambio GBP-USD +0,41% a $1,2751, mentre cede sul franco svizzero lo 0,35% a CHF 0,9876. Sullo yen, il biglietto verde perde lo 0,31%, a JPY 108,06.