Rebus svolta Fed: valzer Azioni Value e Azioni Growth
Dopo aver chiuso l’anno con una sovraperformance relativa rispetto agli Stati Uniti (-13,4%) e ai mercati emergenti (-15,1%), il futuro delle azioni europee continua comunque a rappresentare una fonte di preoccupazione per gli investitori, che si interrogano oggi su quanto potrà accadere nel 2023.
“In questo inizio d’anno, il sentiment del mercato è tuttavia più ottimista rispetto all’autunno 2022. Anche se lo scenario continua a far pensare a un rallentamento dell’economia, gli investitori sembrano già intravedere un orizzonte più radioso” sostiene Geoffroy Goenen, Head of Fundamental European Equity Management di Candriam.
La view di Candriam sulle banche centrali
Secondo l’esperto “il picco dell’inflazione è ormai per buona parte da considerarsi come superato, quanto meno negli Stati Uniti, dove si constatano già cali nei dati mensili. L’Europa sembra seguire la medesima traiettoria. Nel prossimo anno, dovremmo quindi osservare un’accelerazione di questo calo dell’inflazione su entrambe le sponde dell’Atlantico. Sarebbe tuttavia poco prudente, senza dubbio negli Stati Uniti e in alcuni segmenti, escludere totalmente un rischio di deflazione entro il 2024”.
In riferimento ai tassi di interesse, l’esperto pensa che ora “dovrebbero raggiungere un picco nel primo trimestre e rimanere a tale livello probabilmente fino alla fine dell’anno”.
“Constatiamo inoltre come le loro diverse iniziative, in primo luogo la riduzione di bilancio ma anche il rialzo dei tassi, abbiano in effetti alimentato la decelerazione dell’economia. Negli Stati Uniti, osserviamo già, e continueremo a osservare, un significativo peggioramento del ciclo economico con, da un lato, un forte calo dell’attività nel settore immobiliare residenziale alimentato dall’importante aumento del costo dei mutui e, dall’altro, un grosso impatto sulle PMI che, finanziate a breve termine, saranno costrette a licenziare sotto la pressione dei costi di finanziamento troppo elevati. In effetti, poiché sono finanziate essenzialmente con il debito e hanno maggiore bisogno di finanziamenti rispetto alle grandi aziende, queste piccole imprese dovranno tagliare i costi e, di conseguenza, il loro personale. Pertanto, dovremmo osservare un’accelerazione della disoccupazione negli Stati Uniti nel corso dei prossimi trimestri, che potrebbe determinare una recessione più marcata e persistente del previsto. Inevitabilmente, l’Europa sarà interessata a posteriori da questa importante decelerazione dell’economia statunitense” aggiunge.
L’analista continua a osservare – oltre agli attuali problemi sui margini – dei seri rischi legati ai ricavi. “In questa seconda fase, aggiunge, orientarsi verso le aziende di qualità (bilancio e redditività solidi, forte creazione di valore con la generazione di free cash-flow, stabilità dei ricavi) appare come una strategia interessante allo scopo di evitare perdite di utili legate al rallentamento economico. Prediligiamo quindi i titoli difensivi, sia che abbiano un profilo internazionale o nazionale”.
“In termini settoriali, i beni di prima necessità e le infrastrutture sanitarie dovrebbero, secondo noi, rispondere a queste specifiche. Una rigorosa selezione dei titoli resta tuttavia fondamentale per individuare quelli che saranno capaci di sorprendere positivamente il mercato”.
“Inoltre, le società caratterizzate da un elevato livello di innovazione dovrebbero poter soddisfare quest’esigenza di visibilità e di crescita strutturale incrementando il gap con i concorrenti. Un gran numero di queste aziende è già esposto a nicchie, in particolare nei settori della transizione energetica, delle nuove tecnologie sanitarie, della digitalizzazione o dell’automazione dell’economia – settori che privilegiamo nella nostra strategia che investe in titoli innovativi” aggiunge l’analista.
“Altro elemento da tenere sott’occhio è la progressiva riapertura della Cina, che potrebbe avere un impatto sul prezzo delle materie prime, in particolare quello del GNL (gas naturale liquefatto), e di conseguenza sulle finanze europee. Ciò potrebbe, nel breve periodo, favorire alcuni titoli ciclici legati ai consumi e industriali fortemente esposti alla Cina. Tuttavia, ciò non elimina affatto i problemi della crisi immobiliare e dell’importante indebitamento, a cui la Cina dovrà continuare a far fronte nei prossimi anni e che avranno un inevitabile impatto sul suo potenziale di crescita”.
Infine l’analista conclude che non si prevede “la “svolta” della Fed prima della seconda parte del 2023 o addirittura la fine dell’anno. Nell’attesa, la prima importante sfida di quest’anno sarà quella di continuare ad accettare alcune variazioni contrarie nel breve periodo, dato che la volatilità, alimentata dai vari timori degli investitori, dovrebbe mantenersi a livelli elevati. La seconda sarà di trovare dei punti di flessione che ci consentano di posizionarci sul lungo periodo a livelli interessanti” conclude.