Poste, Giorgetti: cessione quota in più fasi, Stato mantiene controllo
La riduzione della partecipazione statale in Poste Italiane avverrà in più fasi e, inizialmente, il governo manterrà il 51% invece di scendere subito al 35%. Lo ha dichiarato il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, in audizione davanti alle commissioni Bilancio e Trasporti di Camera e Senato. Ecco i passaggi principali del suo intervento.
Dismissione quota Poste Italiane in più fasi
Ricordiamo che, a fine gennaio, il Consiglio dei ministri ha approvato la cessione di una quota detenuta dal Mef in Poste Italiane, attualmente pari al 29,26%, mentre Cassa Depositi e Prestiti (CDP), a sua volta controllata dal MEF, detiene il 35% del capitale. La partecipazione complessiva dello Stato è dunque superiore al 64%.
“In coerenza con l’approccio precedentemente delineato, l’operazione di dismissione rappresentata nel DPCM attualmente all’esame del Parlamento deve essere considerata una cornice che individua un valore minimo della partecipazione dello Stato, che potrà essere raggiunto progressivamente e in più fasi, in modo da salvaguardare il controllo strategico pubblico su questo asset”, ha sottolineato Giorgetti.
Lo Stato manterrà il controllo in Poste
Giorgetti ha spiegato che nelle prime fasi “il governo potrebbe anche fermarsi al 51%”, un livello “che riteniamo in questo momento soddisfacente”, per poi scendere in seguito fino al 35%. La cessione “non determinerà la perdita del controllo sulla società, che continuerà a essere esercitato dallo Stato”.
Inoltre, “lo Statuto di Poste prevede che nessun soggetto diverso dal MEF, da enti pubblici o da soggetti da questi controllati, può detenere una quota superiore al 5% del capitale”. Il ministro ha poi ricordato che CDP “Prestiti è tenuta a concordare preventivamente con il MEF qualsiasi atto di disposizione o trasferimento di tali partecipazioni”.
Un “ulteriore presidio al controllo dello Stato è rappresentato dalla disciplina dei poteri speciali, che consente al Governo di porre il veto su eventuali operazioni di “scalata” di Poste e degli asset strategici gestiti dalla società”.
Tra questi la “rete postale diffusa sul territorio nazionale in maniera capillare che consente la massima distribuzione dei prodotti postali e la raccolta del risparmio postale garantita dallo Stato, che finanzia anche parte del debito pubblico”.
Possibile introito da 4,4 miliardi dall’operazione
Sotto il profilo finanziario, nel caso di una cessione dell’intera partecipazione direttamente detenuta dal MEF, “il controvalore desunto sulla base dei più recenti dati di mercato disponibili potrebbe ammontare a circa 4,4 miliardi. Valore, tuttavia, che non può prescindere dalla tempistica di realizzazione dell’operazione, che va inquadrata nell’orizzonte triennale 2024-2026”.
Una tempistica che potrebbe essere anche modificata in occasione dell’aggiornamento delle previsioni con la pubblicazione del DEF, “per conseguire un profilo del rapporto debito/PIL coerente con gli impegni programmatici già prestabiliti.”
In ogni caso, il MEF realizzerà l’operazione “nel momento più adeguato alla massimizzazione dell’introito realizzabile, cercando di conciliare le condizioni del mercato con le esigenze di finanza pubblica.”
Gli effetti della cessione
L’alienazione di una quota in Poste Italiane “consentirà di accrescere ulteriormente il flottante, ampliando la compagine azionaria anche a nuovi investitori qualificati così da realizzare un prevedibile rafforzamento del titolo e un conseguente beneficio per lo Stato.”
Inoltre, l’operazione avrebbe effetti “sulla fiducia degli investitori istituzionali nazionali ed esteri verso l’Italia”. In particolare, potrebbe determinare “un miglioramento dell’appetibilità del debito pubblico, con conseguenti effetti positivi in termini di riduzione dello spread e del costo del debito.”
Da Mps a Poste, passando per Ita ed Eni: i dossier del governo Meloni
La riduzione della partecipazione in Poste Italiane ha dunque l’obiettivo di valorizzare la società mantenendone il controllo. L’operazione rientra in un piano di privatizzazioni da 20 miliardi nel triennio 2024-2026, pari all’1% del Pil, nel tentativo di contenere il debito pubblico italiano (pari al 137% del Pil).
In tal senso, il governo ha annunciato ieri la cessione del 12,5% di Mps, tramite accelerated bookbuilding, scendendo così dal 39,23% al 26,73% nel capitale della banca senese.
Gli altri dossier riguardando la dismissione di ITA Airways e il collocamento di una quota detenuta nella big dell’oil & gas Eni.