Notizie Notizie Italia Pir: Equita stima raccolta 2018 in frenata, cosa valutare con i vincoli per i nuovi fondi  

Pir: Equita stima raccolta 2018 in frenata, cosa valutare con i vincoli per i nuovi fondi  

13 Febbraio 2019 12:57

 

I Piani individuali di risparmio (Pir) restano sotto la lente di Equita che fa il punto della situazione dopo le novità contenute nella legge di Bilancio 2019 e alla luce dell’incertezza sui mercati. Nell’ultimo Pir monitor, la sim milanese stima per il 2018 che i fondi Pir chiudano l’anno con una raccolta netta pari a circa 4 miliardi di euro (previsione più volte ritoccata al ribasso dalla sim) rispetto ai 10,9 miliardi del 2017, con le masse gestite totali la somma che si avvicinano alla soglia 20 miliardi. Un dato in rallentamento rispetto al 2017, ma Equita giudica tutto sommato positivo se si considerano alcuni fattori: ossia la debole performance dei mercati, l’aumento della volatilità sulle principali piazze finanziarie e l’incertezza politica.

In termini di masse il leader dei Pir rimane Banca Mediolanum col 21% della quota di mercato, davanti al gruppo Intesa Sanpaolo (20%). I maggiori flussi dei primi nove mesi del 2019 sono stati catturati da Intesa  Sanpaolo 1,1 miliardi di euro (o 29% del totale), Amundi 945 milioni (25%), Mediolanum 631 milioni (17%), Anima 513 milioni (14%) e Arca 292 milioni (8%).

Lo scenario Pir, strumenti lanciati nel 2017 che hanno riscosso un forte successo tra i risparmiatori, deve ora tenere in considerazione e fare i conti con le novità della legge di Bilancio 2019, approvata lo scorso dicembre. Una nuova normativa sui fondi Pir costituiti a partire dal primo gennaio 2019, con l’introduzione di vincoli aggiuntivi potrebbero, secondo l’analisi di Equita, intaccare le potenzialità dello strumento. “La concreta applicabilità della nuova disciplina e la creazione di nuovi fondi Pir compliant ci sembra scoraggiata dall’incertezza normativa, dalle limitate opportunità di investimento con essa compatibili, e dalla più difficile liquidabilità degli investimenti stessi, tutti elementi che potrebbero rallentare la raccolta, al netto dell’andamento dei mercati. A nostro avviso la soluzione è agevolare degli strumenti alternativi, stile Eltif”, spiega Luigi De Bellis, co-responsabile dell’ufficio studi di Equita. Secondo la sim, il pacchetto di modifiche normative previsto nella Legge di Bilancio “rende ancora più complicato il raggiungimento della nostra stima di raccolta per il 2019 di 2,7 miliardi di euro”. Intanto è in calendario il prossimo 30 aprile la data entro cui il Mise (di concerto con il Mef) dovrà emanare le modalità e i criteri da seguire per l’emissione dei Pir dal 1 gennaio 2019.

Alla luce delle le caratteristiche del tessuto economico italiano e le difficoltà delle Pmi nel recuperare credito, l’attenzione del governo alle Pmi e al venture capitaè è un elemento positivo. Ma per Equita “i Pir non sono sufficienti come strumento per massimizzare l’investimento nelle Pmi per ragioni dimensionali e di mercato. In effetti le Pmi e i venture capital sono difficilmente investibili dai classici fondi UCITS, anche per le caratteristiche di liquidabilità richiesta da questi strumenti. E’ necessario sviluppare degli investitori “ad hoc”.

Cosa sono gli Eltif?

C’è chi li ha definiti i Pir europei. Si tratta dei fondi chiusi European Long Term Investments Funds (Eltif appunto) che hanno fatto il loro debutto in Italia lo scorso gennaio (approfondisci QUI). Uno strumento tutto europeo progettato nel 2015 dedicato alle Pmi e ad altre asset class altrimenti difficilmente finanziabili con gli strumenti tradizionali. Il primo a lanciarli è stato Eurizon di Intesa Sanpaolo: la fine gennaio ha presentato Eurizon Italian FundEltif, il primo fondo chiuso che risponde alla normativa europea sugli Eltif. L’intento di questi fondi è finanziare progetti di medio-lungo periodo di aziende appartenenti a segmenti a bassa capitalizzazione, come le piccole e medie imprese e le startup.

Gli Eltif sono soggetti a norme specifiche d’investimento: devono investire almeno il 70 % del loro capitale in categorie ben definite di attività ammissibili; possono negoziare fino a un massimo del 30% del loro capitale in attività diverse dagli investimenti a lungo termine.

Per Equita il finanziamento delle Pmi deve essere promosso attraverso l’agevolazione di strumenti specializzati. E in quest’ottica gli Eltif rappresentano una valida alternativa. “Uno strumento con caratteristiche alternative che permetta di ampliare la raccolta laddove i Pir non sono ancora arrivati”, osservano da Equita. Il gestore di tali fondi dovrebbe indirizzare gli investimenti per almeno il 70% degli asset verso Pmi come definite dalla normativa per gli Eltif stessi. Così riassunte: 

– “Pmi Ammissibile”: impresa non finanziaria; non quotata o con mkt cap inferiore a 500 milioni di euro; con sede in un paese membro UE;

–        asset ammissibili: azioni, quasi-equity, strumenti di debito, quote di altri Eltif;

–        almeno 70% del patrimonio investito in asset ammissibili di Pmi ammissibili;

–        massimo 30% investito in altri asset;

–        massimo 10% investito in un singolo emittente;

–        Fondi chiusi e di lunga durata (superiore 5/10 anni);

“Utilizzando la normativa già esistente e apportandone le modifiche suggerite si potrebbero creare dei fondi chiusi che investano in strumenti finanziari emessi da Pmi in modo da supportare la crescita delle imprese domestiche. La tipologia del fondo chiuso potrebbe inoltre ridurre significativamente il timore della volatilità con lo stesso ammontare di benefici”, concludono da Equita.