Notizie Notizie Mondo Pil Usa record in quattro anni, insieme a Fed fa da assist a dollaro. Euro scosso dal rischio Italia

Pil Usa record in quattro anni, insieme a Fed fa da assist a dollaro. Euro scosso dal rischio Italia

27 Settembre 2018 17:11

Il Pil Usa continua a confermarsi solido, come emerso oggi dall’ultima lettura del dato relativo al secondo trimestre dell’anno. Dopo essere cresciuta al tasso del 2,2% nel periodo compreso tra gennaio e marzo, l’economia degli Stati Uniti si è rafforzata di un ulteriore +4,2% su base annua, al ritmo più alto dal terzo trimestre del 2014. Il ritmo di espansione ha confermato quanto indicato dalla prima revisione lo scorso agosto. Merito della crescita è stato soprattutto l’impatto delle misure di politica fiscale espansiva che sono state varate dall’amministrazione di Donald Trump, attraverso l’ambizioso piano di tagli alle tasse del valore di $1,5 trilioni. L’effetto si è fatto sentire soprattutto sui consumi, che all’inizio dell’anno erano rimasti quasi fermi.

Il Pil, insieme al rialzo dei tassi annunciato ieri da parte della Federal Reserve, sostiene oggi le quotazioni del dollaro. La Fed di Jerome Powell ha avviato una nuova stretta monetaria di 25 punti base, portando i tassi sui fed funds al nuovo range compreso tra il 2% e il 2,25%. Si è trattato del terzo intervento di politica monetaria restrittiva dell’anno: positiva la reazione del Dollar Index che, dopo aver sbandato subito dopo l’annuncio, è salito fino a +0,6%, a 94,736.

La valuta si è rafforzata nonostante la pubblicazione di altri dati macro poco confortanti: come quello delle richieste dei sussidi di disoccupazione che, nella settimana terminata lo scorso 22 settembre, sono salite al record dall’inizio di agosto, avanzando di 12.000 unità a quota 214.000 (comunque meno di 216.000 attesi dal consensus). Sicuramente, da assist al dollaro non ha fatto neanche il dato relativo al deficit commerciale Usa, che ad agosto è salito al valore più alto in sei mesi, a $75,8 miliardi. Bene invece l’indicatore relativo agli ordini dei beni durevoli, che sono cresciuti al massimo in sei mesi, facendo +4,5% ad agosto.

C’è da dire che il rialzo del dollaro è legato anche ai timori sul destino dell’Italia, nel giorno in cui scade il termine ultimo per la presentazione della nota di aggiornamento al Def. Le indiscrezioni su un possibile rinvio del documento, unite ai rumors sul possibile addio del ministro dell’economia Giovanni Tria, hanno messo KO l’euro. Così ha commentato il trend della moneta unica, intervistato da Marketwatch, Viraj Patel, strategist del mercato del forex presso ING:

“Non sorpende il fatto che l’euro sia sceso sulla scia delle notizie (del possibile rinvio del Def). Nel caso in cui la presentazione della legge di bilancio dovesse essere ritardata, aspettatevi che l’euro-dollaro, l’euro-yen, l’euro-franco svizzero si muovano tutti verso il basso in modo decisivo. Per ora, nel breve termine l’euro potrebbe continuare a essere scambiato all’interno del range compreso tra $1,1650 e $1,18, ma i rischi sono di un calo verso la parte più bassa del range”.

Alle 17.15 ora italiana, l’euro cede più di mezzo punto percentuale a $1,1677; il rapporto dollaro-yen avanza dello 0,46% a JPY 113,25. Il biglietto verde recupera anche sulla sterlina, con il cambio GBP-USD -0,37% a $1,3118. Euro-yen piatto a JPY 132,24, euro-sterlina -0,17% a GBP 0,8901.