Pil mondiale in accelerazione. Ma l’inflazione non riparte, anche per assenza di dinamica salariale
L’inflazione non riparte come dovrebbe, a dispetto di un contesto economico che molti analisti giudicano (ampiamente) favorevole, con i modelli di previsione che indicano un’accelerazione della crescita del PIL nel secondo trimestre dell’anno e la probabilità che il trend possa andare avanti anche nel terzo. Gli Stati Uniti stanno viaggiando su ritmi di crescita intorno al 2,7% nel secondo trimestre con una previsione del 3% annualizzato per il terzo trimestre, fattore che segnala di fatto un notevole miglioramento rispetto ai dati deludenti dei primi tre mesi del 2017. I dati economici di Europa e Giappone sono ugualmente rassicuranti. Nel contesto degli Emergenti, i più recenti dati ISM sull’attività cinese, manifatturiera e non, sono stati di poco superiori alle attese. “Nonostante ciò, nella maggioranza dei casi, i dati sull’attività economica non stanno battendo le elevate aspettative – è il commento di Larry Hatheway, capo economista di GAM – E questo spiega la momentanea fase di stallo del momentum sul mercato azionario globale e su quello obbligazionario”.
L’assenza di dinamica salariale
Quanto all’inflazione, il grande tema dei mercati all’inizio dell’anno, sta registrando un livello inferiore rispetto alle attese. Come illustra Hatheway, i più recenti dati core sul consumo individuale negli Stati Uniti sono calati all’1,5% contro l’1,8% registrato pochi mesi fa. Il rallentamento, tuttavia, dipende in parte dalla significativa diminuzione dei prezzi per i servizi di telefonia mobile, al netto dei quali l’inflazione core anmericana sarebbe rimasta abbastanza stabile. L’inflazione peraltro è rimasta al di sotto delle aspettative anche in Germania e Francia, anche se, fino a un certo punto, i cali hanno invertito ad aprile alcune fluttuazioni stagionali. “Nel complesso, l’inflazione rimane sottotono, nonostante i gap di produzione siano rimarginati negli Stati Uniti, nell’Europa Occidentale e in Giappone”, dice Hatheway. E il dato più rilevante è proprio quello che viene dal Giappone, laddove il rapporto tra candidati e posti di lavoro disponibili è arrivato a livelli mai registrati dal 1974, suggerendo una crescente carenza di lavoratori qualificati e un’inflazione salariale che, nonostante ciò, si conferma bassa.
La lunga strada della normalizzazione
Vediamo le conseguenze. “L’assenza di pressioni inflative lascia intendere che le correzioni in termini di politica monetaria continueranno a essere graduali”, risponde lo strategist di GAM. E così. sulla scia delle recenti annotazioni molto dovish da parte di Mario Draghi, è poco probabile che la BCE dia una svolta significativa alla propria politica monetaria nel prossimo meeting del Consiglio Direttivo. E la Fed, dal canto suo, rimane su una traiettoria di rialzo dei tassi di 25 punti base prevista per metà giugno, ma continuerà a sottolineare l’indirizzo di graduale normalizzazione. “La politica sta ricoprendo un ruolo adesso più importante negli sviluppi del mercato sulla scia del perdurare delle rivoluzioni legate a Trump e il lungo iter per la Brexit”, conclude Hatheway.