Piazza Affari sempre meno italiana: oltre il 50% delle quotate è in mano estera
Piazza Affari è sempre meno tricolore. Mentre i giapponesi di Hitachi lanciano proprio oggi un’Opa totalitaria su Ansaldo Sts, ecco che spunta un rapporto del Centro studi di Unimpresa, in cui emerge che ormai più della metà delle aziende quotate sul listino milanese sono in mano ad azionisti esteri.
Secondo la ricerca, basata sui dati della Banca d’Italia aggiornati al primo semestre 2018, gli investitori internazionali sono titolari del 50,6% delle spa quotate, il cui valore è cresciuto quest’anno di 6,3 miliardi (+2,4%) a 540,6 miliardi. Seguono le imprese col 25% (era il 23,6%), le famiglie 4 le banche con il 10%, lo Stato con il 3,6%. Piccolissime quote, si parla di uno zero virgola, sono in mano alle assicurazioni e ai fondi pensione, alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza.
“E’ uno degli effetti della crisi: l’impoverimento dei nostri capitali ha favorito l’acquisto delle aziende da parte di colossi esteri – ha commentato il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara – L’ingresso degli stranieri nel mercato finanziario italiano, che nonostante tutto ha valori importanti e in crescita, non è necessariamente un fattore negativo. Dipende, però, dalle intenzioni: se si tratta di investimenti di lungo periodo va bene, mentre se le operazioni sono dettate dalla speculazione, allora c’è da preoccuparsi”.
Gli azionisti esteri hanno guadagnato 6,3 miliardi (+2,4%) da 266,9 miliardi a 273,3 miliardi, le imprese hanno 12,4 miliardi in più (+10%). Bilancio positivo, anche per le banche con un aumento delle quote di spa quotate pari a 3,3 miliardi (+7%); su le quote di assicurazioni e fondi pensione (+12%). Le quote in mano allo Stato centrale sono aumentate di 121 milioni (+0,7%); variazione positiva per quelle delle amministrazioni locali (+5%). Mentre le famiglie hanno perso 2,09 miliardi (-4%). Negativo anche il saldo per le quote degli enti di previdenza, calate di 52 milioni (-9%).