Petrolio WTI supera $75, è record dal 2014. Morgan Stanley bullish: vede Brent a $85
Nuovo record per il contratto WTI sul petrolio scambiato sul Nymex di New York. I timori sull’escalation delle tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Iran, lo stato di forza maggiore deciso su parte delle sue esportazioni dalla Libia, e i problemi di produzione che hanno colpito il Canada, danno una spinta rialzista alle quotazioni del crude, che superano la soglia di $75 al barile per la prima volta dal novembre del 2014, per poi chiudere la sessione segnando un incremento di 20 centesimi, a $74,14.
Stamattina, riparte la fase rialzista del petrolio. Fase in cui crede decisamente Morgan Stanley, che ha rivisto al rialzo l’outlook sui prezzi del Brent: in particolare, gli analisti del colosso bancario americano hanno alzato le precedenti stime, relative al secondo semestre del 2018, di 7,50 dollari, a $85 al barile.
Le ragioni sono diverse, ma si riassumono tutte in una: la banca prevede che il mercato petrolifero verserà in una condizione di deficit.
Questo, a causa delle imminenti sanzioni che gli Usa di Donald Trump si apprestano a varare contro Teheran, e che dovrebbero tradursi in un taglio delle esportazioni iraniane di petrolio. Previsto inoltre un calo maggiore delle previsioni per le produzioni di Libia e Angola, che non riusciranno a essere compensate -secondo gli esperti – dalle offerte più generose che arriveranno dall’Arabia Saudita, dalla Russia, dagli Emirati Arabi e dal Kuwait.
Tornando al fattore Iran, Morgan Stanley scrive, stando a quanto riporta la Cnbc che, per effetto delle sanzioni previste, la produzione potrebbe scendere di 1,1 milioni di barili al giorno, in un contesto caratterizzato da una domanda elevata di petrolio. Considerando anche i fattori Libia e Angola, gli analisti credono che l’offerta sul mercato, nel secondo semestre dell’anno, dovrebbe essere in deficit di 600.000 barili al giorno.
Il Brent al momento è scambiato attorno a $78 al barile, poco distante dal record in tre anni e mezzo testato a maggio, a $80,50. Il contratto è balzato del 5% la scorsa settimana, dopo che un funzionario senior del dipartimento di Stato Usa ha riferito alla stampa che l’amministrazione Trump sta spingendo affinché gli acquirenti di petrolio taglino tutti i loro acquisti dall’Iran, entro il prossimo 4 novembre. Sulla base di questo presupposto, Morgan Stanley ritiene ora che le esportazioni dell’oro nero dell’Iran verso l’Europa, il Giappone e la Corea del Sud – che incidono per 1 milione di barili al giorno circa nelle sue consegne, pari a 2,7 milioni di barili – “scenderanno a livelli minimi”.
“Nel corso dell’ultima settimana, i rischi al ribasso sulla futura offerta iraniana di petrolio sono aumentati in modo rapido”, ha detto Martijn Rats, strategist della divisione globale di petrolio, e responsabile della divisione di ricerca sull’azionario oil e gas in Europa per Morgan Stanley.