Petrolio: l’Opec taglia la produzione, l’output statunitense verso nuovi record
Un anno dopo il primo accordo, ieri la coalizione Opec-non Opec ha deciso di rinnovare l’intesa per il controllo della produzione a tutto il 2018, contro una scadenza inizialmente prevista a marzo 2018. Contenta l’Arabia Saudita, da sempre a favore di una prosecuzione dei tagli, ma anche la Russia, che si è vista concedere una finestra per una via d’uscita anticipata a giugno e l’inclusione nello sforzo collettivo di Libia e Nigeria, che finora erano state esentate dai piani di riduzione dell’output.
Ma neanche questi due Paesi si possono lamentare poiché per loro l’accordo è particolarmente annacquato e prevede “di non estrarre più di quanto abbiano fatto quest’anno”. Reazione positiva del mercato, che ieri ha confermato il future sul Brent in quota 62,5 dollari al barile, e oggi lo spinge a 63,3 dollari, 1 punto percentuale al di sopra del dato precedente.
La riduzione dell’output rischia però di rivelarsi un boomerang. Mosca, da qui la necessità di una revisione a metà anno, teme di perdere quote di mercato a favore dei produttori di “shale” visto che, a differenza dell’Arabia, è fortemente dipendente dalle entrate legate al greggio per questioni di bilancio.
Stando alle informazioni raccolte da Reuters, i raffinatori asiatici, già prima del meeting del Cartello, avrebbero incrementato gli ordini di petrolio dai Paesi che si affacciano sul Golfo del Messico. In particolare, secondo gli operatori delle navi cisterna, a crescere sarebbero le richieste di petrolio in arrivo da Messico, Venezuela, Colombia e, ovviamente, Stati Uniti.
Proprio in corrispondenza dell’annuncio dell’Opec, la divisione statistica del Dipartimento dell’Energia statunitense (EIA, Energy Information Administration) ha diffuso i dati relativi settembre. Nel mese, il greggio estratto dai produttori della prima economia è aumentato di 290 mila barili giornalieri a 9,48 milioni, riportandosi nei pressi del record segnato nel 2015 a 9,63 milioni. Nel complesso, la produzione statunitense nell’anno corrente è vista a 9,2 milioni e il prossimo a 9,9 milioni.
Indicazioni simili arrivano dall’aggiornamento relativo gli impianti di trivellazione elaborato da Baker Hughes. Un tempo guardato con distrazione, questo dato negli ultimi tempi è diventato particolarmente importante per monitorare lo stato di salute dell’industria petrolifera a stelle e strisce. Stando ai numeri diffusi dalla società texana, in un anno la risalita dei prezzi ha permesso al totale degli impianti di trivellazione di segnare un incremento di oltre 50 punti percentuali a 923 unità.