Petrolio in calo, focus su Mar Rosso e uscita Angola dall’Opec
Le quotazioni del petrolio greggio viaggiano in lieve calo nella giornata odierna, dopo tre giorni consecutivi di rialzi per Wti e Brent, che si apprestano a registrare il primo ribasso annuale dal 2020. Gli operatori valutano l’uscita dall’Opec dell’Angola, l’aumento della produzione statunitense e le conseguenze degli attacchi alle navi nel Mar Rosso.
L’Angola esce dall’Opec+
Dopo 16 anni, l’Angola ha annunciato la decisione di abbandonare l’OPEC, a seguito di un’accesa disputa sulle quote di produzione di petrolio.
I contrasti sono iniziati in estate e si sono acutizzati nell’ultima riunione del cartello, svoltasi meno di un mese fa. In tale occasione, il Paese africano ha rifiutato l’imposizione di un tetto alla produzione, fissato a 1,1 milioni di barili al giorno per il 2024. Il limite, inferiore all’attuale output, è stato stabilito per riflettere la minor capacità produttiva del paese, che negli ultimi otto anni si è ridotta di circa il 40% (a circa 1,14 mb/g) a causa del mancato svecchiamento dei giacimenti petroliferi in acque profonde.
L’uscita dell’Angola ridurrà a 12 il numero di membri dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio. Negli ultimi anni, altri membri hanno lasciato il gruppo per vari motivi: Qatar, Indonesia e più recentemente, l’Ecuador.
Produzione di petrolio Usa a livelli record
I tagli alla produzione dell’Arabia Saudita e dell’Opec+, che hanno sollevato molti dubbi tra gli operatori per la loro natura volontaria, sono compensati dall’aumento dell’output da parte dei Paesi esterni al cartello e ai suoi alleati, in primis Stati Uniti, Guyana e Brasile.
In particolare, gli Usa hanno consolidato la loro posizione di maggiore produttore di petrolio al mondo, con un output giornaliero in aumento di 200.000 barili la scorsa settimana, il livello più alto registrato dal 1983, secondo l’Energy Information Administration. Anche le scorte di greggio a livello nazionale sono risalite per la prima volta in tre settimane.
Secondo gli analisti di Deutsche Bank, “sembra improbabile che gli Stati Uniti riescano ad espandere la propria produzione nel 2024 oltre i livelli record già raggiunti, soprattutto perché il numero dei siti di produzione petrolifera statunitensi che vengono trivellati è leggermente diminuito di recente.”
Usa pronti a intervenire nel Mar Rosso
Nel frattempo, i trader continuano a monitorare la situazione nel Mar Rosso, dove la minaccia di attacchi da parte dei ribelli Houthi sta costringendo decine di navi portacontainer a modificare le loro rotte, circumnavigando l’Africa per evitare guai.
Gli Stati Uniti stanno valutando un’azione militare contro il gruppo armato yemenita, ma al contempo sta cercando una soluzione diplomatica con gli alleati occidentali e arabi per rafforzare la protezione marittima nella regione. Gli Houthi hanno fatto sapere che reagiranno nel caso di attacchi statunitensi alle sue basi nello Yemen.
L’impatto degli attacchi nel Mar Rosso secondo Goldman
Gli analisti di Goldman Sachs hanno fornito una prima stima sull’interruzione dei flussi attraverso lo stretto di Bab-El-Mandeb, che collega l’estremità meridionale del Mar Rosso con il Golfo di Aden e quindi con l’Oceano Indiano.
Secondo gli esperti della banca d’affari americana, è improbabile assistere a grandi effetti sui prezzi del petrolio greggio e del gas naturale liquefatto (LNG). Un ipotetico reindirizzamento prolungato di tutti i flussi lordi di petrolio (7 milioni di barili al giorno) lungo un viaggio più lungo di circa 15 giorni aumenterebbe di circa 100 mb/g la quantità di petrolio in transito via mare, riducendo dunque le scorte commerciali globali a parità di altre condizioni. Questo potrebbe determinare un temporaneo aumento dei prezzi spot del greggio rispetto ai prezzi a lungo termine di circa 3-4 dollari al barile.
Gli effetti sui prezzi sarebbero molto più rilevanti nel caso venisse chiuso lo Stretto di Hormuz, che divide la penisola arabica dalle coste dell’Iran. Uno scenario “molto meno probabile” secondo Goldman, ma che potrebbe portare a grandi blocchi della produzione di greggio, a causa della mancanza di ampi sbocchi di esportazione alternativi. “Stimiamo che i prezzi del petrolio in questo scenario estremo aumenterebbero del 20% nel primo mese dell’interruzione, per poi diventare più estremi in seguito”.
L’outlook 2024 di Deutsche Bank sul petrolio
Per gli analisti di Deutsche Bank, nei prossimi mesi i prezzi del greggio si stabilizzeranno ad un livello più elevato. I tagli volontari alla produzione da parte dei Paesi dell’OPEC+, attualmente pari a circa 2,97 mb/g, dovrebbero sostenere i prezzi nel medio termine.
Inoltre, spiega la banca tedesca, “i principali Paesi produttori di petrolio, come l‘Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, hanno bisogno di ingenti quantità di capitale per finanziare la transizione delle proprie economie basate oggi sui combustibili fossili. È quindi probabile che preferiscano dei prezzi del petrolio elevati.”
Dal lato della domanda, dall‘autunno 2023 si sono registrati livelli record con una media di 103 milioni di barili al giorno, per via della parziale sostituzione del gas naturale russo con prodotti petroliferi e della ripresa della Cina.
“Se nella seconda metà del 2024 si registrerà una graduale ripresa economica negli Stati Uniti, come ci aspettiamo, ciò dovrebbe fornire un ulteriore sostegno alla domanda di petrolio e quindi supportarne i prezzi. La nostra previsione di prezzo per il Brent è di 88 dollari al barile a fine 2024.”