Notizie Indici e quotazioni Petrolio fa dietrofront dopo il rally storico, ma analisti: investitori troppo compiacenti, hanno sottovalutato rischi geopolitici

Petrolio fa dietrofront dopo il rally storico, ma analisti: investitori troppo compiacenti, hanno sottovalutato rischi geopolitici

17 Settembre 2019 12:36

I prezzi del petrolio fanno dietrofront, dopo il potente rally della vigilia, scatenato dall’attacco alle due maxi raffinerie saudite del colosso Saudi Aramco. Oltre ad alimentare i timori sulla disponibilità dell’offerta globale di petrolio crude, l’attacco ha scatenato le preoccupazioni sulle onnipresenti tensioni presenti nella scacchiera geopolitica globale. Preoccupazioni che, secondo qualcuno, erano state ignorate, e che ieri sono esplose in tutta la loro intensità.

Gli Stati Uniti non hanno perso tempo a puntare il dito accusatorio contro l’Iran, nonostante l’attacco fosse stato rivendicato dagli houthis yemeniti.

L’Iran si è detto dal canto suo pronto alla guerra. Tutti ingredienti più che sufficienti per far salire di nuovo la febbre geopolitica e, con essa, le quotazioni del petrolio.

D’altronde, con l’aggressione contro i due impianti sauditi, è stata messa fuori gioco metà della produzione di petrolio dell’Arabia Saudita, pari a 5,7 milioni di barili di petrolio crude al giorno, e corrispondente al 5% delle riforniture mondiali.  

I futures sul contratto WTI scambiati a New York sono volati così ieri fino a +15,5% a $63,34, riportando il rialzo più forte dal dicembre del 2008, per poi terminare la sessione a $62,9, + 14,8%. Si è trattato del quarto rally più sostenuto della storia, che ha seguito il +16,8% del balzo messo a segno il 15 gennaio del 2009, nel picco della crisi finanziaria. Altri balzi storici si sono verificati nel 1986, 1990 e 1998.

Ancora più rilevante da un punto di vista storico è stato il rally del Brent, salito durante la sessione fino a +19,5%, a $71,95, al ritmo più forte in assoluto. Il contratto ha chiuso poi la sessione in rialzo del 14,6% a $69,02.

Oggi sia il Brent che il WTI ritracciano, perdendo l’1% circa, e attestandosi rispettivamente a $68 e $62 circa, mentre gli analisti si interrogano su quello che accadrà adesso.

L’impulso bullish si smorza anche grazie alle rassicurazioni degli Stati Uniti che, insieme al Giappone, hanno detto di essere pronti ad attingere, in caso di bisogno, alle riserve strategiche di petrolio.

Come commentano la situazione gli analisti del settore? Così Esty Dwek, responsabile della divisione di soluzioni dinamiche di strategia sui mercati globali (Head of Global Market Strategy Dynamic Solutions) di Natixis Investment Managers:

“Il deciso rialzo del petrolio subito dopo l’attacco con droni a due siti petroliferi in Arabia Saudita non è stata una sorpresa, considerato l’impatto sulle forniture mondiali, in diminuzione del 5%. La questione è quanto tempo ci vorrà affinché l’offerta torni su livelli normali. Inizialmente si pensava che il recupero fosse lento, ma successivamente sono stati ipotizzati solo pochi giorni. Il premio per il rischio geopolitico, praticamente ignorato dai mercati che negli ultimi mesi hanno focalizzato la loro attenzione sulla crescita, può però incidere sul livello futuro delle quotazioni. Quindi, anche se abbiamo già visto un ribasso, probabilmente i prezzi non torneranno al livello precedente, a causa delle ulteriori tensioni geopolitiche o altri eventi negativi”.

La nota continua:

“Una cosa da tenere a mente è che l’Arabia Saudita (e la maggior parte degli esportatori di petrolio) accoglierebbe positivamente un aumento dei prezzi (in grado di dare respiro ai loro bilanci), visto che un tentativo in questo senso era già stato fatto, ma senza successo. Non si può dire la stessa cosa per gli Stati Uniti (e Trump in particolare) che considerano il prezzo del greggio come una tassa sul consumatore, il solido pilastro dell’economia statunitense. La tempistica non è l’ideale per Trump, quindi ci aspettiamo di vedere più commenti o una maggiore produzione da parte degli Stati Uniti per alleviare i timori legati alla riduzione dell’offerta. Nel complesso, rispetto agli ultimi mesi è possibile aspettarsi un rialzo dei prezzi del greggio, considerato il rischio connesso a tali eventi. Il recente rimbalzo della propensione al rischio e l’allentamento delle tensioni commerciali globali potrebbero sostenere anche un prezzo leggermente più alto. Non ci aspettiamo tuttavia un rialzo sostenuto e riteniamo che la produzione di shale oil continuerà a bilanciare i prezzi a medio termine”.

Dice la sua anche Michel Salden, Senior Portfolio Manager di Vontobel Asset Management:

“Negli ultimi mesi i mercati sono stati sorprendentemente compiacenti sui rischi dei mercati petroliferi mondiali. I recenti attacchi al più grande impianto di lavorazione del greggio del mondo ad Abqaiq in Arabia Saudita hanno colto di sorpresa gli investitori, anche se il rischio si era andato accumulando a causa dei ripetuti attacchi dei ribelli yemeniti contro gli impianti di produzione del greggio dell’Arabia Saudita e le petroliere che hanno subito gravi danni nello Stretto di Hormuz e nel Golfo dell’Oman. Il sentimento tra gli operatori globali macro e dinamici era addirittura diventato ribassista per quanto riguarda i mercati petroliferi a seguito delle dimissioni del consigliere statunitense per la sicurezza nazionale John Bolton, che aveva alimentato le speranze di un’abolizione del divieto di esportazione del petrolio greggio iraniano. L’incidente dello scorso fine settimana ha causato un brusco riposizionamento con conseguente superamento dei prezzi”.

Salden continua:

“L’impianto di Abqaiq è stato gravemente danneggiato. Rappresenta il 50% della produzione di greggio dell’Arabia Saudita e il 6% della produzione mondiale di petrolio, che equivale a 5,7 milioni di barili al giorno (mbpd). Inoltre, gestisce il 18% del gas naturale saudita e il 50% della produzione di etano/propano saudita, che è ormai fuori produzione per un periodo indeterminato. Anche se l’entità del danno è ancora sconosciuta e sarà sconosciuta per giorni o addirittura settimane, più di 5 milioni di barili al giorno sono già andati persi durante il fine settimana. Le comunicazioni dall’Arabia Saudita sono state inadeguate, ma diverse fonti indicano che la capacità di produzione di greggio dei due giacimenti colpiti potrebbe tornare alla normalità in 10 giorni in modo graduale. Tuttavia, il grande punto interrogativo è se questo greggio può essere lavorato nell’impianto di Abqaiq, dove il gas, i liquidi vengono separati e le impurità come lo zolfo vengono rimosse. Prima della spedizione, quasi tutta la produzione di greggio saudita deve passare attraverso questo complesso sistema per essere ulteriormente pulita e addolcita”.

C’è da dire che “lo stoccaggio globale funziona a circa 53 giorni di copertura della domanda, il che significa che un breve shock dell’offerta può essere attenuato liberando immediatamente queste riserve. Tuttavia, le scorte di greggio dell’Arabia Saudita sono già limitate (attualmente a 140 mb contro un picco di 330 mb nell’estate 2015), le riserve strategiche statunitensi sono a 650 mb e la Cina ha circa 500 mb di riserve strategiche di petrolio”.

Ora, “se i sauditi saranno in grado di riportare la piena produzione entro pochi giorni, l’attuale rally dei prezzi scomparirà e sarà visto solo come una prova di stress sulla volatilità dei mercati energetici. E sì, gli Stati Uniti possono guadagnare tempo liberando i barili di greggio dalla riserva petrolifera strategica, dando all’industria dello scisto un sollievo per rispondere, ma questo contribuirà solo a bilanciare la tenuta locale. Se questa interruzione si rivelerà più a lungo termine, inizierà ad avere effetti sulla crescita globale e porterà ad uno scenario di stagflazione per l’economia mondiale“.

COME DEVONO MUOVERSI GLI INVESTITORI?

L’esperto di Vontobel Asset Management rileva che, “anche prima dell’incidente, gli investitori si sono sbagliati. Un’analisi fondamentale bottom up ha mostrato che i mercati del greggio si stavano restringendo rapidamente. In questo trimestre, le scorte globali di greggio stanno assorbendo più di 100 milioni di barili, e alla fine questa stagione di estrazione potrebbe raggiungere i 120 milioni di barili di petrolio globale. Il forte arretramento che era già visibile prima dell’incidente ha confermato la nostra opinione che i mercati globali del petrolio sono molto più rigidi di quanto il consenso sul suo schermo radar. Il pessimismo strutturale sul commercio globale, le revisioni al ribasso della domanda di greggio nel 2019 e nel 2020 e lo slancio negativo hanno portato i trader del CTA ad accumulare grandi posizioni corte nette, il che si è aggiunto alla compiacenza. Il premio nelle curve a termine del petrolio rimarrà per un periodo prolungato, a maggior ragione se i produttori di scisto coglieranno l’opportunità di coprire la produzione futura vendendo contratti a più lunga data. Il rischio geopolitico si è manifestato ed è destinato ad accelerare. Inoltre, i rischi di inflazione erano già visibili nei mercati emergenti, ma vedranno anche un’ulteriore accelerazione nei mercati globali. Quindi, anche prima di questo evento, l’allocazione tradizionale del 60% / 40% in obbligazioni e titoli di stato correva su valutazioni scarse, mostrando mancanza di diversificazione e un rischio aumentato che l’allocazione delle obbligazioni al 60% fosse vulnerabile a un aumento dell’inflazione. In un mondo in cui 16 trilioni di dollari di obbligazioni sono sul mercato con rendimenti negativi, le materie prime come asset in grado di fornire un rendimento convincente di oltre il 12% oltre ai necessari benefici di diversificazione derivanti dall’inflazione e dalle coperture geopolitiche probabilmente riacquisteranno un ruolo più importante nell’allocazione delle decisioni dei comitati di investimento”.