Petrolio, dall’Opec l’alert sui prezzi. ‘Macché record, non ci siamo neanche vicini’. E Goldman sforna nuovo outlook bullish
Macché petrolio al picco, non ci siamo neanche vicini, anche perché non si sta considerando il fattore reopening post Covid della Cina. L’avvertimento è arrivato dal ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti -paese membro dell’Opec – Suhail Al-Mazrouei, nel corso di una conferenza che si è tenuta in Giordania.
“La Cina non è ancora tornata – ha sottolineato il ministro, stando a quanto riporta un articolo di Bloomberg – e la Cina tornerà facendo crescere i consumi” di petrolio, di energia e di tutto, con la sua domanda post ultima ondata di Covid.
E’ vero, come dimostrano le ultime notizie che arrivano da Pechino, che l’emergenza della pandemia non è finita, almeno in base ai parametri del governo cinese, ossessionato nella lotta contro il virus con la sua ben nota zero Covid policy. Una politica che sta avendo non pochi effetti sul trend dell’economia globale, se si considera che ieri, nel suo ultimo outlook economico intitolato “The Price of War”, l’Ocse ha motivato il downgrade dell’outlook sul Pil globale anche con i lockdown lanciati in Cina, che hanno fermato e rallentato di nuovo l’attività economica del paese.
Ma quando la Cina ritornerà in pista, ha fatto notare il ministro, le cose cambieranno perchè, inevitabilmente, aumenterà la domanda di oil.
Al-Mazrouei ha lanciato così un chiaro avvertimento, spiegando che, senza maggiori investimenti in tutto il mondo, l’Opec+, associazione costituita dai paesi Opec come l’Arabia Saudita e, per l’appunto, gli Emirati Arabi Uniti, e paesi non Opec come la Russia, non riuscirà ad assicurare una quantità sufficiente di petrolio, in vista della ripresa totale della domanda post pandemia Covid.
I prezzi del petrolio, ha avvertito ancora il ministro, potrebbero testare livelli “mai visti” nel caso in cui l’offerta di petrolio e di gas della Russia venisse bandita del tutto dai mercati.
E sappiamo, a tal proposito che, dopo l’embargo sul petrolio e gas russi da parte degli Stati Uniti, un bando alle importazioni di petrolio russo è stato deciso anche dall’Unione europea, anche se ci sono diversi dubbi sulla sua efficacia in quanto misura punitiva contro la Russia di Vladimir Putin.
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La scorsa settimana l’Opec+ ha annunciato che aumenterà l’offerta per i mesi di luglio e di agosto di 648.000 barili al giorno, con una fornitura superiore del 50% rispetto a quanto precedentemente pianificato.
Tuttavia, le parole del ministro degli Emirati Arabi Uniti indicano come il rischio di un deficit dell’offerta, senza la Russia, sia concreto e come, di conseguenza, sia possibile che i prezzi del petrolio siano decisamente lontani dai loro massimi. La paura è più che ragionevole se si considera che quel rialzo dell’offerta di petrolio che è arrivato dall’Opec+ equivale ad appena lo 0,4% della domanda globale attesa per i mesi di luglio e agosto, ed è conseguente a diversi mesi in cui l’organizzazione ha fatto fatica a centrare i suoi target di produzione.
“Siamo indietro di quasi 2,6 milioni di barili al giorno, ed è tanto”, ha rincarato la dose Al Mazrouei.
In realtà sia gli Emirati Arabi Uniti che l’Arabia Saudita hanno una capacità di riserva significativa che possono attivare, ma anche quella non è sufficiente a compensare il deficit di offerta che si è creato imponendo sanzioni contro Mosca.
“La situazione non è molto incoraggiante se si considerano le quantità che possiamo fornire” al mercato, ha fatto notare Al Mazrouei.
Gli ha dato praticamente ragione il segretario dell’Opec Mohammad Barkindo , sottolineando che l’Opec è alle prese con l’assenza di una capacità di riserva.
“A eccezione di due-tre membri (del cartello), tutti hanno portato la produzione al massimo”, ha detto Barkindo, parlando in occasione di una conferenza che si è tenuta a New York, organizzata da RBC Capital Markets – Il mondo deve venire a patti con questo fatto brutale” .
Ieri è arrivata anche la previsione bullish degli economisti di Goldman Sachs, che hanno avvertito che i prezzi del petrolio e della benzina dovranno salire ancora oltre, nel corso dell’estate, per incentivare la produzione e per scoraggiare i consumi, al fine di provocare la distruzione della domanda.
Ora la banca colosso di Wall Street prevede per i prezzi del petrolio crude Brent un valore medio di 140 dollari al barile, nel periodo compreso tra i mesi di luglio e di settembre, rispetto ai $125 al barile dell’outlook precedente e ai $123 al barile attorno a cui il Brent oscilla al momento.
Da segnalare che, nel periodo compreso tra il 1983 e il 2022, i prezzi del WTI, che oscillano anch’essi attorno a quota $120, hanno testato un massimo a $147,27, l’11 luglio del 2008, e un minimo a -40,32 al barile, diventando in tempi di Covid perfino negativi. Il Brent ha toccato il massimo storico a $147,50 e il minimo a $2,23 al barile.
Mark Zandi, economista di Moody’s Analytics, ha individuato intanto nel valore di $150 al barile la soglia di allarme, avvertendo che prezzi a quei livelli scatenerebbero la recessione negli Stati Uniti.
“Se i prezzi saliranno fino a $150, entreremo in recessione”, ha commentato alla CNN.
E certo le previsioni di Jamie Dimon, ceo di JP Morgan, non sono di buon auspicio, visto che l’amministratore delegato della banca numero uno degli Stati Uniti per valore degli asset, paventa proprio prezzi dell’oil a $150 al barile, parlando al contempo di uragano economico.
A sconfessarlo è stato tuttavia nelle ultime ore Marko Kolanovic, responsabile strategist dei mercati globali e co-responsabile della divisione di ricerca globale della stessa JP Morgan: fiducioso nell’economia americana – e anche nel trend dello S&P 500 – anche con quotazioni del petrolio a quei livelli.