Outlook II semestre 2017, Le Borse europee cresceranno del 10% nel prossimo anno. Dollaro sotto pressione
Sarà ancora (più o meno) allineato l’andamento dei mercati Usa ed Europa nel secondo semestre dell’anno? Oppure si profila un andamento divergente tra le due rive borsistiche dell’Atlantico? Pur rimanendo favorevoli, le dinamiche espansionistiche globali sono divenute meno uniformi rispetto alla fine del 2016. Nel primo trimestre l’espansione ciclica degli Stati Uniti ha rallentato il passo e i dati sull’attività economica non sono per il momento allineati all’ottimismo dei sondaggi. “Ci aspettiamo che nel corso dell’anno l’economia statunitense recuperi il terreno perso”, è il commento di Nadège Dufossé, Head of Asset Allocation di Candriam. Per quanto riguarda il Vecchio Continente, in base al consenso degli analisti, ormai il recupero dell’area euro è ben avviato e nel 2017-18 dovrebbe contribuire a una crescita superiore al tendenziale. “Ciò ci ha portato a innalzare le nostre aspettative di profitto per le azioni dell’area euro su cui siamo sovraesposti – spiega Dufossé – Dopo la crisi finanziaria del 2008, la crisi dei debiti sovrani del 2011 e gli shock commodity/dollaro forte del 2014, che hanno aumentato ripetutamente le pressioni deflazionistiche nella regione, attualmente sono in gioco vari elementi di sostegno”. Vediamo nel dettaglio l’andamento di queste due aree.
Europa
L’Europa in primo luogo, e per la prima volta dalla crisi del settore societario, gode di una revisione dei profitti al rialzo. La prospettiva di utili in ascesa (e parliamo di una crescita a due cifre) si traduce in una valutazione attraente in termini assoluti e, in modo più importante per gli investitori esteri, in termini relativi (a 15 volte su base prospettica a 12 mesi rispetto a 18 volte per il mercato USA). In secondo luogo, il posizionamento degli investitori ha appena iniziato a indirizzarsi verso le azioni europee. Gli shock elettorali del 2016 e l’associato aumento del premio per il rischio politico hanno generato l’anno scorso deflussi sostanziali. “Occorrerebbero più di 80 miliardi di euro di afflussi solo per invertire il deflusso dello scorso anno – dice Dufossé – E prevediamo che ciò accadrà nei prossimi mesi”. Infine, poiché è previsto che il tasso di rifinanziamento principale della Bce rimarrà ai livelli attuali a lungo con il programma di acquisto che probabilmente subirà un ridimensionamento, la curva dei rendimenti potrebbe irripidirsi. Durante l’estate gli annunci sul tapering della Bce dovrebbero divenire un tema caldo in linea con la robustezza economica della regione. Il miglioramento dell’economia europea potrebbe anche portare a un innalzamento dei rendimenti dell’UEM con i rischi politici in retrocessione. “I principali beneficiari di ciò sono i titoli azionari domestici a bassa e media capitalizzazione, i finanziari, i titoli ciclici e value”, dice Dufossé. Che aggiunge: “Prevediamo che nei prossimi dodici mesi il mercato azionario dell’area euro metta a segno un rendimento superiore al 10 per cento”.
Usa
Quanto al mercato Usa, sulla base delle valutazioni attuali, pari a 18 volte gli utili prospettici, appare come l’area più costosa con una base di crescita a una cifra. Secondo Dufossé, lo slittamento nella tempistica della riforma sanitaria americana e lo stimolo fiscale sono due fonti di incertezza. “Di conseguenza, prevediamo pressioni rialziste sui rendimenti obbligazionari statunitensi meno intense rispetto a quelle registrate nel periodo immediatamente successivo alle elezioni presidenziali – dice lo strategist – Ciononostante, la pressione al rialzo dovrebbe prevalere in quanto una Fed rialzista, gli elementi positivi dell’attività e un mercato del lavoro contratto dovrebbero spingere il rendimento dei Treasury USA a dieci anni verso il 2,90% entro la metà del 2018”. In ultima analisi, quindi, i mercati creditizi subiranno l’incidenza negativa del rialzo dei tassi, mentre gli spread IG e HY hanno un potenziale di contrazione ulteriore minimo rispetto ai livelli attuali. La vittima collaterale dell’attuale politica della nuova amministrazione Usa e della riscoperta dell’Europa alla fine è il dollaro americano. “Una modifica sostanziale dell’atteggiamento in materia di politica monetaria della Federal Reserve verso un orientamento più restrittivo potrebbe contribuire probabilmente a un dollaro più forte”, conclude Dufossé.