Outlook Barclays su azionario: chi vincerà tra Usa e Ue? Investitori retail ‘contrarian’ rispetto a istituzionali
Azionario UE versus azionario USA: chi vincerà nel 2020? La divisione di ricerca di Barclays presenta il proprio scenario di base, facendo notare come la sensibilità della crescita dell’eps (earning per share, utile per azione) delle società europee verso la crescita del Pil dei mercati emergenti sia il doppio rispetto a quella di Wall Street.
“In linea generale, rileviamo che l’azionario Usa è dipendente principalmente dal Pil Usa ma ha anche un’esposizione verso altre variabili. Dall’altro lato, l’azionario europeo sembra avere un’esposizione maggiore verso il Pil dei mercati emergenti e verso le variabili relative all’inflazione. In particolare, il Beta (delle azioni Ue) verso il Pil degli emergenti è quasi il doppio rispetto a quello dell’azionario Usa.
Proprio la ripresa del PIL EM (mercati emergenti) fa parte dello scenario di base di Barclays.
Di conseguenza, “una eventuale espansione più significativa, scatenata magari da una ripresa più forte del ciclo di credito della Cina, si tradurrebbe in un margine di rialzo superiore per gli utili delle società dell’Unione europea e dunque in un margine di rialzo superiore per i prezzi” (dei titoli).
Oltre all’incidenza dei mercati emergenti sull’azionario europeo, gli esperti di Barclays scrivono nella nota di ritenere le valutazioni dei titoli azionari della regione moderatamente attraenti rispetto ai titoli Usa. Tra l’altro, guardando al contesto storico, il rapporto P/E dell’Europa verso gli Stati Uniti si trova nella parte conveniente del fair value”, stando almeno ad alcuni parametri. Ovviamente, fare un paragone il più possibile accurato tra i due mercati non è semplice. Per quello, “noi guardiamo al valore mediano del P/E di tutte le azioni dell’indice MSCI Europe e dell’MSCI US e rileviamo che l’Europa appare ancora relativamente conveniente rispetto agli Stati Uniti”. Dall’altro lato, “il principale impeto che sta dietro ai rialzi delle valutazioni dei titoli è la politica monetaria e, in questo senso, la Federal Reserve ha molto più spazio di manovra” rispetto alla Bce. Tra l’altro, la reazione del mercato al pacchetto di stimoli varato dalla Bce è stata in qualche modo ambigua, fattore che il team economico di Barclays attribuisce alle differenze interne al Consiglio direttivo (della banca centrale), all’enfasi sulla politica fiscale (fattore che fa pensare ai limiti della politica monetaria della Bce), e al dubbio, anche, che il sistema tiering riesca davvero a compensare le sfide che il contesto dei tassi di interesse negativi rappresenta per il settore finanziario”. Barclays ricorda tra l’altro – e questo è un altro punto a favore di Wall Street, che gli investitori istituzionali sono “overweight sull’azionario Usa“.
Sembra che molti siano i gestori di fondi azionari globali overweight sugli Stati Uniti – si legge, infatti, nella nota degli analisti di Barclays che ricordano che “il nostro ultimo sondaggio Global Macro Survey (pubblicato il 30 settembre del 2019), ha mostrato che gli investitori, guardando al trend delle principali regioni verso la fine dell’anno, hanno previsto che sia l’azionario dell’Eurozona che del Regno Unito avrebbero fatto peggio di tutti. E che Wall Street avrebbe performato meglio”. Tuttavia, se è vero che in termini di percentuale degli asset gestiti, i flussi in uscita dall’Europa sono stati molto più rilevanti dei flussi in uscita dai fondi azionari Usa, è anche vero che ciò che conta davvero, dal punto di vista di una pura rotazione, sono i numeri espressi in dollari.
C’è da dire in ogni caso che, sebbene gli investitori istituzionali appaino overweight sugli Stati Uniti, sembra anche che gli investitori retail siano propensi a diversificare spostandosi dall’azionario Usa. Questo non significa però che si possa asserire con certezza, secondo Barclays, che gli investitori retail siano usciti dall’azionario Usa per puntare sull’azionario non Usa, anche perchè, più in generale, sembra che la rotazione, piuttosto, sia dall’azionario ai bond.
Allo stesso tempo, è pur vero che il rischio politico si sta trasferendo dall’altra parte dell’Oceano, ovvero dall’Europa agli Stati Uniti:
“Sebbene il risultato delle elezioni UK di dicembre rimanga incerto, l’insediamento (a Downing Street) di una maggioranza dei Conservatori, così come suggeriscono i sondaggi, potrebbe essere market-friendly per l’azionario”. Questo, mentre in America alcuni candidati democratici (come Bernie Sanders ed Elisabeth Warren) sollevano interrogativi sull’impatto che una loro eventuale vittoria potrebbe avere sul mercato azionario.
Allo stesso tempo, pur affermando che, in uno scenario di un eventuale ripresa più forte delle attese dell’economia cinese e dei mercati emergenti l’azionario europeo dovrebbe fare meglio rispetto a quello Usa, gli analisti di Barclays avvertono che, se i fondamentali economici dovessero peggiore in modo più sostenuto (ma non è questo il nostro scenario di base), sarebbe l’azionario europeo a sottoperformare.
E questo sarebbe vero anche se lo shock provenisse dagli Usa (per esempio, in caso di rischio politico). Il tutto può essere riassunto nella solita vecchia frase: “Quando gli Stati Uniti starnutiscono è l’Europa che prende il raffreddore”.