Oro non molla la presa su quota 1.300$. Orecchio teso a parole Powell
Non si ferma la risalita dell’oro che rimane sopra la soglia psicologica di 1.300 dollari l’oncia, violata venerdì scorso. Questa mattina le quotazioni del metallo giallo segnano un rialzo di circa lo 0,3% a quota 1.307,15 dollari l’oncia, sui massimi a oltre sette mesi. Nel corso del 2018 l’oro si era spinto poco oltre la barriera dei 1.365 dollari (livelli toccati ad aprile).
“La debolezza del biglietto verde e, in particolare, le aspettative per una Fed accomodante, stanno alzando ulteriormente il prezzo dell’oro“, segnala Carlo Alberto De Casa, capo analista di ActivTrades, rimarcando che “il sentiment generale che circonda i lingotti rimane positivo con gli investitori che stanno ancora comprando il metallo giallo”. Da un punto di vista tecnico, De Casa indica che il prezzo sta ora entrando in una “nuova area”, con il ritorno nell’intervallo 1.300-1.350 dollari, che era l’intervallo laterale in cui abbiamo visto l’oro muoversi nel primo semestre del 2018
Nei primissimi scorci di questo 2019 le quotazioni del metallo prezioso sono rimaste sotto il muro dei 1.300 dollari, con il rally delle Borse d’inzio anno che ha agito da freno. La scossa rialzista è arrivata venerdì scorso grazie al deprezzamento del dollaro causato dall’indiscrezione del “Wall Street Journal“, secondo il quale la Fed starebbe valutando l’ipotesi di frenare o interrompere il Quantitative Tightening.
Domani è in calendario il meeting della Federal Reserve (Fed), il primo del 2019. Tutti gli sguardi sono rivolti non tanto all’annuncio sui tassi (attesi fermi dopo il rialzo di dicembre), quanto alle parole di Jerome Powell, numero uno della Fed, che si è mostrato “cauto” nelle ultime dichiarazioni. “La Fed non dovrebbe alzare i tassi in gennaio o in marzo. La questione è se si tratti solo di una pausa o della fine annunciata del rialzo dei tassi – sottolinea Franck Dixmier, Global Head of Fixed Income di Allianz Global Investors – I mercati hanno le idee chiare: i future sui Fed funds riflettono una probabilità solo del 30% di aumento dei tassi nel 2019, e addirittura ci si aspetta un calo nel 2020. Da parte sua, comunque, la Fed si riserverà un margine di manovra, per cui non si può escludere un inasprimento nel 2019″.
Nelle ultime 24 ore a tendere una mano all’oro, sostenendo il movimento rialzista le deboli indicazioni arrivate ieri dalle trimestrali di alcune big americane, come Caterpillar. “I timori per la crescita innescati dalle trimestrali americane hanno avuto ripercussioni negative sulle commodity in questo momento più sensibili alla congiuntura economica, come gli energetici, favorendo invece l’oro che si è portato sopra i 1.300 dollari”, commentano gli strategist di Mps Capital Services che ieri hanno dedicato un approfondimento settimanale proprio all’oro. Da segnalare che questa settimana l’attenzione degli investitori sarà rivolta alle trimestrali di altri big tecnologici USA, in particolare oggi a mercati Usa chiusi arriveranno i numeri di Apple (molto attesi dopo il warning di inizio 2019 sul fatturato) e domani Microsoft.
Attualmente, il consenso di Bloomberg vede gli analisti aspettarsi un prezzo medio 2019 (1.275 dollari) leggermente inferiore a quello attuale, per poi salire poco sopra i 1.300 dollari nel 2020. Secondo la view degli esperti di Mps Capital Services, la maggior parte del recente movimento rialzista sull’oro potrebbe essere alle spalle dopo avere raggiunto un’area di resistenza importante che, nei prossimi mesi potrebbe dare il via a prese di profitto. In particolare, tra i fattori che potrebbero condizionare negativamente il metallo l’atteso rialzo dei tassi reali USA che potrebbe manifestarsi verso l’estate. “Restiamo però dell’idea che le prese di profitto potrebbero essere temporanee e dar luogo ad un rimbalzo nella parte finale del 2019 quando si potrebbero avere segnali di recessione all’orizzonte”, aggiungono ancora da Mps Capital Services.