Oro Bankitalia in vendita? ‘Per trader sarebbe segnale di emergenza, BTP 10 anni in pericolo’
Oro Bankitalia grande protagonista degli ultimi giorni, dopo che alcuni quotidiani hanno segnalato l’interesse del governo M5S-Lega a utilizzare le riserve auree di Palazzo Koch per finanziare le spese, ed evitare interventi dolorosi come l’aumento dell’Iva e una eventuale manovra correttiva. In realtà le indiscrezioni sono state prontamente smentite da diversi esponenti dell’esecutivo, tra cui il presidente della Commissione di bilancio della Camera, l’economista leghista Claudio Borghi, che ha risposto contattato via Twitter da Finanzaonline.com.
Tuttavia, i rumor si sono accavallati al punto da portare diversi analisti ed economisti a chiedersi cosa accadrebbe se davvero lo Stato italiano decidesse di utilizzare i lingotti presenti nei forzieri di Bankitalia, per venderli.
Così Carlo Alberto De Casa, responsabile analista di ActivTrades, in una nota:
“Se l’esecutivo (M5S-Lega) decidesse di decidere i lingotti, si imbatterebbe probabilmente in diversi ostacoli. Le norme contenute nell’accordo Central Bank Gold Aggreement consentirebbero di procedere a una eventuale potenziale vendita solo a partire dall’ultimo trimestre di quest’anno, lo stesso in cui il governo dovrebbe lavorare alla manovra per il 2020, a ottobre”.
“Il governo avrebbe bisogno, inoltre, del sostegno di Bankitalia e della Bce che potrebbe, in base a quanto stabilito dal suo statuto e da diversi trattati europei, opporsi a una tale vendita”.
In più, ci sarebbe la reazione dei mercati finanziari, che quasi certamente reagirebbero con grande nervosismo.
Secondo ActiveTrades, “probabilmente i trader interpreterebbero la mossa come un segnale di emergenza, che metterebbe in evidenza la direzione controversa che questo governo deciderebbe di prendere. Potremmo anche assistere a una reazione negativa del mercato dei bond, con i BTP a 10 anni che finirebbero sotto pressione”.
Dopo i rumor diffusi dal quotidiano La Stampa nella giornata di ieri, oggi l’ipotesi di utilizzare le riserve auree di Bankitalia per finanziare la spesa corrente è stata riaffrontata dal Messaggero. Il quotidiano romano, in un articolo, ha sottolineato che “i margini di manovra sull’oro sono praticamente nulli”.
Intanto, “la possibilità di fare ricorso alle 2.452 tonnellate di oro per coprire nuove spese o riduzioni di entrata è del tutto remota per una serie di motivi contabili e giuridici”, si legge nell’articolo.
“In ogni caso non è immaginabile, ad esempio, che una parte di questo patrimonio vada a disinnescare gli aumenti dell’Iva previsti dalle clausole di salvaguardia, visto che il finanziamento dovrebbe essere rinnovato tutti gli anni. Senza contare che su un mercato particolare come quello dell’oro mettere in vendita quantità così rilevanti provocherebbe un’immediata discesa dei prezzi. E poi va tenuto in considerazione il ruolo della Banca centrale europea, dal momento che in base ai Trattati la gestione delle riserve rientra tra i compiti dell’Eurosistema. Dieci anni fa Francoforte, consultata dal governo italiano, aveva bocciato anche il progetto di un’imposta sostitutiva sulle plusvalenze eventualmente derivanti dalla detenzione dei lingotti, progetto che di conseguenza era stato abbandonato”.
Un commento su come reagirebbero i mercati se il governo decidesse di vendere i lingotti è stato rilasciato nelle ultime ore anche dall’ex ministro dell’economia Pier Carlo Padoan.
Intervistato da La Stampa, Padoan ha detto, riferendosi all’oro di Bankitalia, che “quello è un patrimonio che dovrebbe essere intoccabile. E poco importa se quella custodita da Palazzo Koch è la quarta riserva al mondo: siamo anche il terzo debito pubblico del globo. Se passasse l’idea che i problemi di finanza pubblica si risolvono svuotando le casseforti il messaggio ai mercati sarebbe devastante”. Addirittura devastante?
“La vendita delle riserve auree è assimilabile al finanziamento monetario del debito – ha spiegato l’ex titolare del Tesoro – Che immagine offre un Paese se per sostenere la spesa corrente fa un’operazione del genere? Sarebbe un modo per avere la fama dell’Argentina prima del default”.