Oro appeso a tassi Fed e a banche centrali (mosse Cina). Nuovi rialzi alle porte? I livelli da monitorare
La scorsa settimana ha messo a segno un nuovo, l’ennesimo massimo storico sull’onda dei nuovi dati sul mercato del lavoro che hanno fornito un assist alla Federal Reserve (Fed) in vista della riunione di settembre. Da inizio anno è il metallo che ha registrato le migliori performance (+18,3% circa, dati di oggi prima delle 12 rispetto al +12,6% dell’argento). Si tratta dell’oro che oggi è viaggia in lieve rialzo a quota 2.454,80 dollari l’oncia. In un contesto di mercato incerto, con un’alta dose di volatilità che non sembra destinata ad attenuarsi nelle prossime settimane (atteso un ulteriore rallentamento dei volumi e uno scenario geopolitico a rischio escalation), il metallo prezioso e bene rifugio per eccellenza resta sotto i riflettori.
Ma quale è nell’attuale scenario l’elemento principale (o i molteplici fattori) che hanno sostenuto il nuovo allungo dell’oro? Come è impostato il quadro tecnico? Ne abbiamo parlato con Carlo Alberto De Casa, analista di Swissquote e autore del libro “I segreti per investire sull’oro”.
I temi chiave che guidano l’oro: tra tassi Fed e banche centrali (mosse Cina)
La settimana è partita con un’ondata di vendite che hanno trascinato al ribasso tutti i listini globali. Oggi c’è in atto un tentativo di rimbalzo, ma sui mercati si naviga a vista. Soprattutto perché la volatilità resta ancora alta con il Vix che ieri si è portato sul livello più alto dal 2020. Ma ancora prima del sell-off esploso ieri, l’oro si era messo in moto sul finale della scorsa ottava dopo i dati sul mercato del lavoro Usa di luglio che hanno dato un’ulteriore spinta a un’azione della Fed sui tassi a settembre
“Il prezzo dei futures sull’oro ha superato quota 2.500 dollari per oncia grazie ad una serie di market driver, quindi parlerei di molteplici fattori”, spiega Carlo Alberto De Casa, analista di Swissquote, che individua nelle aspettative per tassi in calo un elemento positivo. “L’oro ha tenuto bene in un contesto complesso come quello del 2022-2023, con tassi in crescita, ed anche nella prima parte del 2024 quando le banche centrali hanno procrastinato i tagli ai tassi, che ora però arriveranno”, spiega l’esperto che, come secondo elemento chiave, indica gli acquisti da parte delle banche centrali. In particolare, De Casa sottolinea come “oltre mille tonnellate sia nel 2023 e nel 2024. Ha destato un po’ di preoccupazione lo stop di acquisti annunciato dalla Cina. Vari rumours lo hanno messo in dubbio, la Banca centrale cinese potrebbe semplicemente utilizzare altri canali per acquistare oro. O secondo alcune voci, potrebbe anche essere una tattica per acquistare a prezzi più bassi”.
Nel complesso, scenari geopolitici e finanziari sempre più complessi rendono la gestione delle riserve auree più rilevante che mai. Nel 2023, le banche centrali hanno registrato una domanda netta annuale di 1.037 tonnellate di oro, il secondo acquisto annuale più alto della storia, poco sotto il 2022 da record a quota 1.082 tonnellate. E’ quanto mette in evidenza il World Gold Council nell’articolo “2024 Central Bank Gold Reserves Survey“.
Dopo questi numeri, l’oro non perde il suo appeal agli occhi delle banche centrali che lo considerano a tutti gli effetti “un asset di riserva”. Secondo il sondaggio sulle riserve auree delle banche centrali del 2024, condotto tra il 19 febbraio e il 30 aprile 2024, il 29% delle banche centrali intervistate intende aumentare le proprie riserve auree nei prossimi dodici mesi, il livello più alto mai osservato dal 2018 (quando è partito il primo sondaggio).
Fattore mercati
C’è poi il fattore mercati da considerare. E quello che è accaduto ieri, con le turbolenze che si sono abbattute sui listini di tutto il mondo è un esempio. “La frenata delle Borse, dopo mesi e mesi di record, è un altro elemento potenzialmente positivo per l’oro. Infatti, spinge gli investitori a diversificare, con liquidità che esce dall’azionario, con l’oro che ne beneficia – afferma De Casa -. Nel frattempo, dopo un anno negativo, la domanda di ETF sull’oro da un paio di mesi è tornata in positivo, confermando il punto precedente. Infine, una Fed più accomodante può significare un dollaro più debole. Visto che l’oro è prezzato in dollari, ecco un altro elemento positivo”.
Prospettive e livelli chiave: cosa da monitorare
“I mercati restano in attesa di altri segnali accomodanti da parte della Federal Reserve e delle altre banche centrali, che potrebbero arrivare già dal simposio di Jackson Hole a fine agosto“, aggiunge ancora l’esperto che poi guarda al quadro tecnico.
“Fra aprile e giugno le quotazioni dell’oro (spot) si sono mosse in un consolidamento laterale fra i 2.280 ed i 2.450 dollari per oncia, con un supporto/resistenza intermedio a 2.350 dollari per oncia. In queste ultime settimane abbiamo visto alcuni tentativi di rottura rialzista dei 2.480 dollari – mette in evidenza l’analista -. Credo siano questi i principali livelli chiave da monitorare. Il superamento dei recenti massimi aprirebbe spazio per altri rialzi, con l’oro che navigherebbe in territori inesplorati. Per contro, troviamo un supporto a 2.350$, seguito da un livello la cui tenuta è fondamentale per il prosieguo del trend, appunto in area 2.280-2.290$. Eventuali correzioni fino a questi valori le vedrei come fisiologiche, mentre più in basso troviamo supporti a 2.150 e sui vecchi massimi, collocati a 2.075$ per oncia”.