Nuovo giro di fusioni tra banche italiane? Per Mps scelta di aggregazione tra Banco BPM, Bper e Ubi
Banche italiane sotto pressione: il nuovo giro di fusioni di cui parla l’articolo di Affari&Finanza non scalda il settore, in un inizio di ottava poco confortante per Piazza Affari. In generale, l’azionario mondiale attende la riunione della Federal Reserve prevista in settimana, che si concluderà, oltre che con una stretta monetaria che i mercati danno per scontata, anche con la prima conferenza stampa del nuovo numero uno Jerome Powell, subentrato a Janet Yellen.
Tra le banche, Ubi Banca in calo dello 0,10% quando è trascorsa un’ora circa dall’inizio della sessione; UniCredit -0,43%, Mediobanca -0,32%, Banco BPM -0,39%, Bper positiva con +0,90%, Intesa SanPaolo -0,41%. Banca Mps -0,83%, Pop Sondrio arretra di oltre -1%. Creval scatta invece del +4% sulla scia delle indiscrezioni riportate da Affari&Finanza.
“Riparte il risiko delle banche italiane, Ubi e Banco BPM guidano la caccia”, scrive Affari&Finanza nell’edizione odierna. Nell’articolo si parla anche dell’inedita avance francese su Creval e delle possibili mosse di Bper rafforzata dall’asse con Unipol.
Qualche anticipazione è arrivata dagli stessi banchieri dei possibili “predatori”, come ricorda l’articolo.
Per esempio da Giuseppe Castagna, numero uno di Banco BPM che, parlando in occasione del congresso annuale del sindacato Fabi, ha detto chiaramente che “siamo di fronte a una fase che molte economie europee hanno già vissuto e che vedrà un accorpamento delle banche in Italia“.
Per Banco BPM, ha detto l’amministratore delegato, “dopo le ristrutturazioni del 2017 ci aspettano un 2018 e un 2019 di consolidamento della redditività, poi guarderemo a nuove fusioni“.
Citando la concorrenza sui prestiti, Castagna ammette anche che “nel credito i costi in Italia sono i più bassi in Europa, ci scanniamo sugli stessi territori e clienti, ed è ben difficile per banche della nostra taglia fare concorrenza a Intesa SanPaolo e UniCredit, che capitalizzano dieci volte tanto“.
E Alessandro Vandelli, numero uno di Bper, ha riferito allo stesso Congresso che “l’esperienza recente mostra che gestire costi di risk management, compliance, controlli è un grandissimo problema per le banche a metà strada tra locali e globali. Molto spesso ci sono buoni modelli per chi è molto piccolo o molto grande, la terra di mezzo può creare problemi“.
Ma chi farebbe la prima mossa, e come?
Mps è sicuramente una preda da guardare con attenzione. Si ricorda che entro tre anni lo Stato italiano dovrà scendere dalla quota del 70% che detiene nell’istituto senese: dunque, “un’aggregazione che crei un terzo grande gruppo, da scegliere tra Ubi, Banco BPM e Bper, è da molti vista come la più lineare”.
Si parla anche dell’avance (inedita) di Credit Agricole su Creval. Viene fatto notare infatti come l’Agricole in Italia sia tra le poche straniere che desidera crescere ancora e “rivaleggiare con le big Intesa SanPaolo e UniCredit”.
Si parla della ricerca di partner estermi anche per Carige, mentre in riferimento a Popolare di Sondrio, si fa notare che la banca è nel mirino dei fondi stranieri, ma che “potrebbe smarcarsi con operazioni di aggregazione”.
C’è anche la Popolare di Bari, in attesa della decisione della Consulta sulla legge di riforma delle popolari, per “trasformarsi in spa e a breve rinforzare patrimonio e governance”. Per Affari&Finanza, così come Carige e Creval, forse anche questa banca “cercherà in partner esterni un modello industriale più sostenibile”.