Natixis, AD H2O Crastes su boom riscatti: ‘clamore sproporzionato, sono altri ad avere problemi liquidità’
La situazione sta tornando già alla normalità e il clamore che si è scatenato attorno alla vicenda è stato “sproporzionato”.
Bruno Crastes, co-fondatore e Ceo di H2O, la società di gestione fondi controllata da Natixis, fa chiarezza su quanto accaduto nelle ultime settimane al gruppo. Sono stati ben 6 miliardi di euro, ricorda Il Sole 24 Ore, i riscatti che hanno colpito i fondi, dopo che un articolo di FT Alphaville ha rivelato la presenza di grandi quantità di bond illiquidi legati al controverso imprenditore tedesco Lars Windhorst.
Il risultato è che in pochi giorni gli attivi totali in gestione scesi da 34 a 28 miliardi.
Nel caso è rimasta coinvolta anche la società bolognese di lingerie La Perla, in particolare i suoi bond legati direttamente al finanziere tedesco, nei quali i fondi H2O hanno (o avevano) investito.Legati direttamente in quanto è dal febbraio del 2018, che proprio Sapinda holding (ora ribattezzata Tennor) di Windhorst è proprietaria di La Perla. Da allora, per finanziare la ristrutturazione del gruppo, il raider tedesco ha emesso un bond da 500 milioni, dei quali circa 350 milioni si trovano nella pancia di H2O, distribuiti su vari fondi.
Dopo il boom dei riscatti – provocato soprattutto dalla decisione di Morningstar, successivamente all’articolo dell’Ft, di sospendere il rating sul fondo Allegro (facente parte della società H2O) – chiarimenti sulla strategia perseguita per arginare il panico sono arrivati all’inizio della scorsa settimana, quando il gruppo ha reso noto di essersi liberato di 300 milioni di bond iliquidi.
Successivamente, la società ha annunciato pubblicamente di detenere una esposizione sui bond illiquidi inferiore ai 500 milioni, precisando che parte della riduzione di valore era legata a una svalutazione “molto significativa” dei bond rimasti in portafoglio.
Nell’intervista al Sole 24 Ore, Bruno Crastes ha raccontato la sua versione di cosa è avvenuto nelle ultime settimane, non mancando di sottolineare come, a suo avviso, l’intera questione sia stata un po’ ingigantita.
Ancora Crastes, nello spiegare la strategia adottata dalla sua società di gestione, ha fatto anche una importante rivelazione:
“Il nostro motto è: non esistono titoli buoni o cattivi, ma prezzi buoni o cattivi. Per questo compriamo anche molti BTp: li consideriamo titoli buoni, ma molto sottovalutati. Di fatto noi sfruttiamo l’irrazionalità del mercato. Purtroppo questa volta l’irrazionalità ha colpito anche noi”.
Come sono andate, insomma, le cose?
“I fondi H2O sono stati messi sulla graticola per i titoli illiquidi all’interno dei loro portafogli. Ma il clamore è stato sproporzionato: al massimo siamo arrivati ad avere questo tipo di titoli per 1,4 miliardi di euro, su un totale di 34 miliardi di attivi in gestione. A fronte di questi, però, il 95% del portafoglio è sempre stato liquidissimo. Ora il 98%. E adesso che il polverone si sta calmando, posso dirle che abbiamo superato lo stress test: le nostre performance sono ancora positive, i riscatti ormai sono pochi e stanno tornando le sottoscrizioni sui nostri fondi”.
Riguardo ai riscatti avvenuti per un valore di 6 miliardi, Crastes ha definito questa fuga irrazionale, precisando in ogni modo la natura di questi bond illiquidi:
“Erano principalmente obbligazioni di piccole aziende, senza rating, con elevati rendimenti. Si trattava spesso di società in situazioni di turnaround, dunque in fase di rilancio e ristrutturazione” (come, per l’appunto, La Perla, in fase di ristrutturazione con la regia del finanziere tedesco”. Di questi, 300 milioni sono stati venduti soltanto nell’arco di un giorno.
Riguardo a chi li ha comprati, Crastes ha tenuto ovviamente la bocca cucita. Non li hanno venduti sicuramente a Natixis, ha risposto interpellato dal giornalista, ma a “tre investitori”. E sono stati “ceduti sul mercato con trasparenza”. “Non posso dirle chi li ha acquistati, è confidenziale. Ma le confermo che ne abbiamo venduti per circa 300 milioni. Così ora, dopo aver svalutato i rimanenti, ne abbiamo per meno del 2% dell’intero portafoglio”.
BRUNO CRASTES: IL PROBLEMA NON SONO I TITOLI PALESEMENTE ILLIQUIDI
In ogni caso, “vorrei che fosse chiara una cosa”:
“È sbagliato pensare che il problema siano i titoli palesemente illiquidi. Noi ne avevamo e ne abbiamo, ma la liquidità media del nostro portafoglio è sempre stata elevata. Il vero problema nell’industria del risparmio gestito è lo ‘spostamento’ di liquidità: cioè il fatto che alcuni titoli considerati liquidi possono diventare illiquidi quando accadono certi eventi sul mercato. Mi spiego meglio: oggi tanti fondi sono pieni di titoli considerati liquidi, ma che potrebbero non esserlo più in situazioni di stress sul mercato. Il problema risiede insomma nell’instabilità del punteggio medio di liquidità all’interno dei portafogli. Noi abbiamo sempre evitato di comprare titoli che corrono questo rischio: abbiamo titoli liquidissimi (come quelli di Stato) e una porzione di illiquidi. Tanti invece questo rischio lo corrono. Il pericolo è per loro, non per noi”.