Mps e la piaga del debito italiano in pancia, titolo crolla. Aumento di capitale proprio con boom tassi
Mps sempre grande protagonista dei mercati, in vista dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi che la banca senese guidata dal ceo Luigi Lovaglio lancerà a partire dal prossimo 10 ottobre. Il titolo accelera al ribasso nella sessione odierna, cedendo fino a -12% circa, a conferma dei vari timori degli investitori sulla capacità del Monte di Stato di raccogliere 2,5 miliardi di mezzi freschi, di cui 900 milioni sotto forma di capitali privati.
Capacità che potrebbe essere sicuramente erosa, come riporta un articolo di Bloomberg, dalla tensione che è tornata ad abbattersi sul mercato dei BTP: il boom dei tassi dei titoli di stato italiani – di cui molti nella pancia delle banche italiane (vedi alert doom loop) potrebbe infatti erodere il CET 1 del Monte (e ovviamente non solo ).
“Il 90% circa dei debiti sovrani presenti nel bilancio della banca Mps (si legge nell’articolo di Bloomberg) è costituito da debiti italiani, dunque da BTP & Co: di questo ammontare più della metà è valutato al prezzo corretto (fair value), e mentre l’ammontare totale incide sui risk-weighted asset per il 17% circa”.
Il rischio di svalutazione del capitale è dunque più che presente.
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L’alert spread è risuonato sugli asset italiani soprattutto nella giornata di ieri, quando i tassi sui BTP a 10 anni hanno sfiorato la soglia del 5% , fino al 4,9% circa, sulla scia di vendite scatenate che hanno colpito in generale i mercati dei debiti sovrani mondiali.
Lo spread BTP-Bund è salito oltre la soglia di allarme per la Bce, pari a 250 punti, volando fin oltre quota 260.
I tassi sui BTP si sono poi sfiammati grazie all’intervento della Bank of England, che è intervenuta per fermare il massacro sui titoli di stato UK ovvero sui Gilt. Ma oggi le tensioni ritornano, con i tassi dei BTP decennali che salgono al 4,7%, a fronte di uno spread BTP-Bund attorno a 245 punti base.
Gli asset del made in Italy, oltre a scontare le paure che stanno attanagliando il mondo intero – l’inflazione che galoppa, il conseguente intervento delle banche centrali, che continuano ad alzare i tassi, la paura di una recessione scatenata dalle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina con tanto di crisi energetica – sono vittime anche dell’incertezza politica, in vista della formazione del governo Meloni dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni politiche del 2022.
Mps e i problemi di ‘casa’ in vista aumento capitale
Non solo fattore doom loop e esposizione verso il boom dei tassi dei BTP: le azioni Mps scontano ovviamente i problemi di ‘casa’, che si riassumono nell’imminente operazione di aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro.
Il titolo del Monte è stato osservato speciale anche all’inizio della settimana, quando non è riuscito a fare prezzo per un giorno e mezzo, a seguito del via al raggruppamento delle azioni e della rettifica del loro prezzo nelle modalità comunicate dalla banca.
Il titolo è poi rientrato nelle contrattazioni di Piazza Affari l’altro ieri, e ieri ha chiuso con un calo limitato a -0,23%.
Oggi di certo non è di aiuto la notizia della scommessa short, pari allo 0,49%, detenuta da Renaissance Technologies a partire dal 27 settembre: notizia che è emersa dalle comunicazioni della Consob sulle posizioni nette short. Ma è principalmente l’esito della ricapitalizzazione a spaventare gli investitori.
Negli ultimi giorni, dopo la vittoria alle elezioni politiche di domenica 25 settembre, è arrivata la benedizione di Fratelli d’Italia all’aumento di capitale.
In particolare, il responsabile economico di FdI, Maurizio Leo ha riferito a Reuters che Mps “è in buone mani” e che il partito “confida che l’amministratore delegato Luigi Lovaglio possa portare a termine l’operazione” di ricapitalizzazione. “Lui ha l’esperienza per riuscirci”, ha aggiuntoLeo, che ha fatto dietrofront rispetto a quanto aveva detto qualche giorno prima del voto.
Ma la domanda è: l’aumento di capitale avrà successo?
Mentre si cerca di capire se i partner industriali di Mps, Axa e Anima Holdings , contribuiranno alla ricapitalizzazione, un articolo de Il Sole 24 Ore riportato ieri dalla nota giornaliera di Equita Sim ha segnalato che, “oltre ai partner industriali Axa e Anima, il Tesoro – maggiore azionista di Monte dei Paschi con una quota di circa il 64% – nelle scorse settimane avrebbe avviato contatti con fondazioni bancarie ed enti previdenziali (tra i nomi citati CR Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Cassa Forense) al fine di aumentare la contribuzione del mercato nell’aumento di capitale”.
Secondo Equita SIM, “sebbene il ticket individuale sarebbe relativamente limitato (compreso tra 20 e 50 milioni), la contribuzione di questi soggetti potrebbe fornire un ulteriore contributo importante al successo dell’operazione, qualora venisse confermato l’impegno degli ‘anchor investors’ Axa e Anima (che secondo i rumors potrebbero mettere complessivamente fino a 400 milioni dei 900 milioni da reperire sul mercato, in cambio di un rafforzamento degli accordi in essere)” .
E, “se confermata, la partecipazione di altri investitori privati oltre ad Axa e Anima comporterebbe una riduzione ulteriore delle probabilità di coinvolgimento del debito subordinato all’aumento di capitale con potenziali benefici sui prezzi attuali dei bond“.
Il punto è che nessuno è pronto a scommettere sulla buona riuscita dell’operazione.
In tempi di guerra, a fronte di mercati volatili, stretti tra la paura di una recessione e quella di una inflazione che rimane ostinatamente elevata, Mps versa in una posizione sicuramente non invidiabile: è a caccia di mezzi freschi e dunque di potenziali investitori, e presenta un valore di mercato di appena 300 milioni di euro: la storia non è sicuramente dalla sua parte, visto che la banca ha bruciato 25 miliardi di euro dei soldi degli investitori dai tempi della crisi finanziaria globale.
A manifestare scetticismo sul successo dell’aumento di capitale è stato tra l’altro lo stesso consorzio di garanzia delle banche sottoscrittrici guidato da Bank of America, Citigroup, Credit Suisse e Mediobanca, che potrebbe anche decidere di piantare in asso Lovaglio e la banca, nel caso in cui non rilevasse un sufficiente interesse degli investitori privati a partecipare alla ricapitalizzazione dell’istituto.
Interesse che fino a pochi giorni fa non si era ancora palesato: non in modo concreto, almeno. Di conseguenza, era stato lo stesso consorzio delle banche a fare pressioni affinché Lovaglio si assicurasse la partecipazione alla ricapitalizzazione da parte di Anima e Axa. Che, però, non è ancora cosa certa.
Mps snobbata ancora da UniCredit e Banco BPM
Mps sotto i riflettori, in vista dell’aumento di capitale, anche per le dichiarazioni dei numeri uno di UniCredit e Banco BPM, rispettivamente Andrea Orcel e Giuseppe Castagna, che ieri sono intervenuti al 7° Congresso della Uilca, parlando di diverse questioni.
Il caso Mps, argomento tra i più attuali non solo per l’imminente aumento di capitale, ma anche in quanto dossier di Stato che passa ora nelle mani dell’imminente governo Meloni, è stato commentato così da Orcel, che conosce bene la banca dopo aver trattato con il Tesoro per la sua acquisizione, con negoziati che hanno fatto poi miseramente flop.
Il Monte dei Paschi di Siena, ha detto il ceo di Piazza Gae Aulenti, “sta facendo il suo piano di rilancio, sarà presto sul mercato, non penso sia di attualità”. Della serie, guarda e passa.
Orcel – che ha criticato anche la view dei mercati sull’Italia, dicendo la sua sull’imminente governo Meloni , ha ribadito quanto detto già in passato, facendo capire che, in generale, eventuali operazioni di M&A (fusioni e acquisizioni) non sono per lui un must.
“C’è moltissimo più valore da generare al nostro interno che facendo acquisizioni”, ha detto il ceo, ricordando che, nel caso di eventuali progetti di espansione di UniCredit all’estero, diversi ostacoli arrivano anche dalla regolamentazione. In più, le dinamiche politiche portano ogni paese a voler difendere le proprie banche. Insomma, fare un’acquisizione non è affatto semplice.
Di UniCredit-Mps e della possibilità di avviare nuove trattative tra la banca italiana e il Mef ha parlato in un report recente post elezioni italiane Banca Akros, facendo il punto della situazione su tutti i dossier più scottanti che Giorgia Meloni troverà già pronti sulla scrivania del suo ufficio a Palazzo Chigi.
Nel report si parlava della possibilità, da parte del governo Meloni, di tornare a corteggiare Piazza Gae Aulenti per convincerla ad accollarsi il Monte.
Commenti su Mps sono arrivati ieri anche dal ceo di Banco BPM Giuseppe Castagna:
Castagna ha precisato che una fusione con Mps “non è sul tavolo, non lo è mai stata negli ultimi due anni e continua a non esserci”, precisando a margine del convegno della Uilca, stando a quanto riportato dall’agenzia Ansa, di non voler fare “un’altra ristrutturazione”. Piuttosto, “voglio fare un’altra operazione con una banca già pronta alla ripartenza”. Insomma, “a bocce ferme”, dopo l’aumento del Monte “si vedrà tutto, ora ci sono tanti elementi in movimento anche per loro”. E dunque, “andiamo avanti, ognuno fa i compiti a casa”, ha detto ancora Castagna, mettendo in chiaro che “il messaggio non è ‘la guarderemo’ ma “non la stiamo guardando'”.
Insomma, Mps si conferma quello che è stata negli ultimi anni: la banca italiana che nessuno vuole.