Mercati rallentano post inflazione Usa (Ftse MIb controcorrente). Fed non cambia registro su tassi e avverte: “presto per dichiarare vittoria”
I mercati europei sono ripartiti stamattina dal dato sull’inflazione statunitense che ha rallentato a luglio più delle aspettative. Un dato che ha fornito già ieri la scossa ai listini globali, il cui effetto però si sta via via attenuando oggi. Dopo un buon avvio di giornata, le Borse europee sono infatti scivolate in territorio negativo: il Dax di Francoforte cede lo 0,2%, mentre il Ftse 100 di Londra e il Cac40 di Parigi lasciano sul terreno rispettivamente lo 0,28% e lo 0,07 per cento. Piazza Affari tiene, invece, la barra dritta e continua a percorrere la strada dei rialzi: il Ftse Mib sale di circa mezzo punto percentuale a quota 22.816,11 punti (riavvicinandosi ai massimi di giornata a 22.869,16).
Movimenti incerti in attesa di alcune indicazioni macro in arrivo nel pomeriggio dagli Usa: ovvero il dato settimanale sui sussidi alla disoccupazione e l’indice dei prezzi al consumo. Domani c’è attesa per i dati inglesi sul Pil, produzione industriale e sulla bilancia commerciale, ma anche sulla fiducia dei consumatori calcolata dall’Università del Michigan.
Post inflazione Fed non cambia ancora registro: “non è ancora tempo di dichiarare vittoria”
L’inflazione americana ha mostrato a luglio un rallentamento più forte del previsto (all’8,5% dal 9,1% di giugno) e il più marcato da aprile 2020. “Una delle determinanti – ricordano da Mps Capital Services – è stata sicuramente la componente shelter (il cui peso supera il 40% nel dato core) che, su base mensile, ha evidenziato addirittura un rallentamento (+0,5% da 0,6%) probabilmente non previsto dagli analisti”. Contrazioni importanti sono arrivate dal settore energetico (-4,6% m/m) e dai trasporti (-2,1% m/m). Secondo gli esperti il dato deve essere letto solo come “un primo passo nella giusta direzione per la Fed” ma “non è non è sufficiente per modificare l’atteggiamento hawkish nel breve termine”. E proprio in questa direzione si sono espressi ieri alcuni membri Fed che, all’unisono, hanno affermato come la “vittoria” sia ancora lontana e come la banca centrale intenda proseguire nel cammino sul rialzo dei tassi.
Tra questi Charles Evans, presidente della Chicago Fed, che ha giudicato positivi i dati sull’inflazione di luglio, ma ha anche precisato che il ritmo degli aumenti dei prezzi rimane ancora “troppo alto”. In questo contesto si attende i Fed Funds tra 3,25%-3,50% a fine anno e tra 3,75%-4% l’anno prossimo. Altro commento in questa direzione è stato quello della presidente della San Francisco Fed, Mary Daly. In un’intervista al “Financial Times”, Daly ha dichiarato che è ancora presto “dichiarare vittoria” nella lotta contro l’inflazione dopo che gli ultimi dati hanno mostrato una tregua nelle pressioni sui prezzi al consumo. “Ci sono buone notizie dai dati mensili che danno un certo sollievo a consumatori e imprese, ma l’inflazione rimane troppo alta e non è ancora vicina al nostro obiettivo di stabilità dei prezzi”, ha aggiunto Daly che si è detta a favore di un rialzo da 50 punti base nel meeting di settembre, ma non esclude la possibilità di un aumento di 75 punti base.
Mercato resta dollaro-centrico
“Il mercato resta perfettamente dollaro-centrico, e difficilmente potrà cambiare e modificare il proprio stato. L’attenzione di investitori e analisti, infatti, rimane sempre rivolta alle decisioni e al sentiment delle banche centrali, Fed in testa, relativamente ai principali aggregati macro e all’entità dei prossimi rialzi dei tassi”, ha commentato Saverio Berlinzani, analista senior di ActivTrades, rimarcando che “ogni dato che esce diverso dal consensus tende a modificare il sentiment degli investitori rispetto al rialzo dei tassi della Fed, nel prossimo mese di settembre, che oscilla tra lo 0,50% e lo 0,75%. Per le altre banche centrali, sembrano esserci meno dubbi con la Bce attesa al rialzo di 50 punti base e la Boe altrettanto”.