Mercati, in vista un rallentamento più che una recessione: la view di UBS WM
Rallentamento più che recessione, con l’incertezza a farla da padrone nel breve, è questo ciò che emerge in buona sostanza dall’analisi realizzata da UBS WM Italy, a cura dell’esperto Matteo Ramenghi.
In particolare, il primo semestre dell’anno è stato caratterizzato da molti eventi inaspettati, come la guerra e i lockdown in Cina, che hanno fatto temere la stagflazione, la combinazione di elevata inflazione in assenza di crescita. Dopo una correzione di oltre il 20%, il mercato azionario è entrato ufficialmente in un «bear market» il cui inizio può essere collocato circa sei mesi fa.
La stagflazione penalizza sia le azioni che le obbligazioni, ma si tratta di un fenomeno raro che in passato si è manifestato in presenza di uno shock di offerta, come negli anni ’70 per via dell’impennata del prezzo del petrolio, oppure per via di un aumento troppo consistente della liquidità in circolazione.
Nelle ultime settimane, sulla base dei rendimenti offerti dalle obbligazioni, le aspettative d’inflazione a medio termine sembrano essersi ridimensionate. Gli investitori sembrano invece temere una recessione. Tecnicamente, si verifica una recessione quando l’economia si contrae per due trimestri consecutivi. Va da sé che all’interno di questa definizione si ritrovino eventi molto diversi, da fasi di sostanziale stagnazione a crisi strutturali, passando per le conseguenze di bolle speculative.
Il rischio di una recessione è strettamente legato ai rialzi dei tassi d’interesse. Uno dei canali che mostra più chiaramente come un rialzo dei tassi possa far rallentare l’economia è il settore immobiliare. Ad oggi il mercato immobiliare statunitense resta vivace, ma i tassi sui nuovi mutui sono saliti in modo consistente e le richieste stanno diminuendo drasticamente, con implicazioni che possono spaziare sui tanti comparti che ruotano intorno agli immobili.
Per quanto riguarda l’Europa, ai rialzi attesi dei tassi d’interesse si sommano la possibilità che aumentino nuovamente gli spread sui titoli pubblici di alcuni Paesi, la guerra in Ucraina e la sanzioni contro la Russia. La probabilità di una recessione globale è sicuramente aumentata negli ultimi mesi ma, a nostro avviso, non è lo scenario più credibile, in considerazione della ripresa dei servizi e degli elevati investimenti pubblici dopo la pandemia. Inoltre, grazie ai buoni bilanci di banche, famiglie e imprese, se l’economia globale dovesse scivolare in recessione non si tratterebbe di una contrazione profonda.
Facendo riferimento agli Stati Uniti, che offrono dati più omogenei, ci sono state 17 recessioni negli ultimi 100 anni: una decina di queste ha registrato contrazioni del PIL inferiori al 3% e il mercato azionario in media è sceso dell’11%. In presenza di recessioni più pesanti, invece, il calo della borsa è stato mediamente del 34%.
L’Europa tipicamente subisce un impatto maggiore rispetto agli Stati Uniti, probabilmente perché le politiche fiscali e monetarie sono meno ampie e il mix settoriale dell’indice azionario è sbilanciato su industria e banche, settori altamente ciclici.
Comunque, occorre considerare che in caso di recessione le banche centrali potrebbero tagliare i tassi o quanto meno interrompere i rialzi e quindi le obbligazioni potrebbero reagire positivamente, mitigando l’effetto negativo sui portafogli.
Dunque secondo l’esperto di UBS WM lo scenario più probabile è quello di un rallentamento controllato di inflazione e crescita, quindi senza recessione. Il mercato sembra sconti in modo eccessivo il rischio di recessione o di rialzi esagerati dei tassi d’interesse. Le valutazioni delle azioni sono tornate in linea con le medie storiche e nel comparto obbligazionario sta emergendo qualche opportunità, soprattutto sulle scadenze brevi. Ma per un recupero significativo serve maggiore visibilità sull’andamento economico e sulla geopolitica; a breve quindi continuerà a regnare l’incertezza.