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Mercati Emergenti, Anche nel 2018 la Cina guiderà i cambiamenti

4 Gennaio 2018 11:58

 

 
I Mercati Emergenti, interessati da un discreto rimbalzo nel 2017, per vari aspetti hanno raggiunto i rispettivi punti di flesso: la bilancia dei pagamenti è tornata in positivo nel 2016, permettendo alla crescita dei consumi di riprendersi, mentre il livello di debito corporate si è ridotto e gli asset stabilizzati dopo la crisi del “taper tantrum”. La leva operativa è quindi tornata e, con questa, una forte crescita dei rendimenti. Che cosa aspettarsi quindi nel 2018?
 
Contorno cinese

 

Siamo cautamente ottimisti rispetto alle prospettive dell’asset class per il 2018 e – cosa più importante – sul lungo termine – dice Emil Wolter, Emerging Markets portfolio manager di Comgest – Nonostante i mercati azionari siano in qualche modo caratterizzati da valutazioni eccessive nel brevissimo periodo, le linee di sviluppo di diverse grandi economie emergenti, in particolare in Asia, sono solide”. In ogni caso, i venti favorevoli sono certamente d’aiuto quando si investe nei Mercati Emergenti, ma oggi questo asset sembra essere un contorno e non il piatto principale che era quindici anni fa, quando la Cina si è rivelata essere il fattore distintivo nell’equazione della crescita degli EM.
 
La spinta dell’IT

 

Una visione comune prevede che gli investitori dovrebbero avere un’esposizione lunga sui titoli EM con elevato beta, a fronte di un ciclo economico molto solido. Le dinamiche fondamentali tuttavia sono cambiate: la sovraperformance dei Mercati Emergenti nel 2017 è stata spinta dall’IT, un dato inusuale se paragonato ai precedenti cicli.
La Cina inoltre sta tornando a essere il fattore di cambiamento per l’universo EM. Per lungo periodo il Paese è stato un esempio di economia industriale tradizionale basata sul lavoro a basso costo. Questo modello di crescita è tuttavia legato al passato: il lavoro in Cina non è più economico, dato che punta  a raggiungere lo status di Paese ad alto reddito nei prossimi sette-otto anni.

Oggi la Cina è il più grande mercato globale per la vendita di robot, presenta il maggior numero di utenti internet mondiale, è terza per domande di brevetto, conta il dato più alto di laureati di università STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ed è il principale esportatore di prodotti ad alto valore aggiunto”, spiega Wolter. Che aggiunge: “L’innovazione si sviluppa sia tramite internet che nelle applicazioni industriali e di consumo”. In questo modo oltre un quarto degli unicorni attuali proviene dalla Cina.
 
La rivoluzione delle A-shares

 

Questi cambiamenti strutturali in Cina trasformano l’azionario emergente e sono visibili all’interno della composizione dell’MSCI EM Index. “Nonostante il settore IT abbia già triplicato il suo peso negli ultimi nove anni, il futuro presenta un grande quantità di opportunità legate ai temi dell’innovazione, in particolare in Asia”, dice Wolter. Che aggiunge: “Queste opportunità sono correlate più alla crescita del reddito pro capite e meno al ciclo economico. E i modelli di business legati alla domanda di consumi di base, delle infrastrutture e delle materie prime sono e saranno meno importanti per l’asset class rispetto al primo periodo dei Mercati Emergenti”.
Va detto che la trasformazione dell’economia cinese è coincisa con l’apertura agli stranieri del mercato azionario continentale cinese.L’aggiunta delle A-shares nell’MSCI EM per la prima volta nel 2017 è stata sì una pietra miliare, ma appare come un primo, piccolo passo se paragonata alle dimensioni del mercato e alla volontà politica di ulteriore apertura del conto capitale”, afferma Wolter.
Secondo lo strategist, i Mercati Emergenti offrono oggi valutazioni relativamente interessanti, crescita migliore e cambiamenti strutturali positivi a livello sia micro che macro. Rimangono alcuni rischi, che sono tuttavia meno specifici dell’universo EM e di natura più globale.

La volatilità dell’azionario emergente potrebbe quindi tornare, ma per gli investitori è cruciale che le opportunità di investimento siano meno legate ai cicli e più alla crescita strutturale”, dice Wolter. Che conclude: “Questo cambiamento difficilmente invertirà la sua tendenza nel prossimo futuro considerata la direzione presa dalla Cina”.