Masi Agricola, tre anni in Borsa: l’alleanza vino di qualità e mercato di capitali funziona
Sono trascorsi poco più di tre anni dall’approdo a Piazza Affari dell’Amarone di Masi Agricola. La società vitivinicola di Sant’Ambrogio di Valpolicella, radicata nel territorio collinare, tra il Garda, l’Adige e le Prealpi fino alle Dolomiti, si è avvicinata a piccoli passi alla Borsa: prima l’ingresso nel capitale del fondo Alcedo, poi la palestra Elite (il programma di Borsa Italiana dedicato alle imprese ad alto potenziale di crescita), e infine il 30 giugno del 2015 lo sbarco in Borsa, con destinazione Aim Italia. Un percorso che ha sugellato una delle prime alleanze in Italia tra la produzione di vino di qualità e il mercato dei capitali.
L’azienda che da sette generazioni appartiene alla famiglia Boscaini (che non ha venduto nemmeno un’azione in fase di Ipo) non dimentica le sue radici, i suoi valori e la sua cultura, ma punta al tempo stesso ad essere sempre più contemporanea come dimostra la ferma volontà del presidente, che è anche alla guida di Federvini, di andare in Borsa per portare avanti e finanziare i progetti di sviluppo in un mondo sempre più globale. “Una sinergia necessaria per la crescita in un mondo globalizzato”. Così l’ha definita Sandro Boscaini (Sandro Boscaini nella foto in alto a destra con l’a.d. Federico Girotto), dal 1978 alla guida del gruppo ribattezzato Mister Amarone. A seguire sin dai primi passi il progetto di quotazione sull’Aim Italia, accanto alla famiglia Boscaini, Federico Girotto, attuale a.d. del gruppo.
UN BILANCIO DEI PRIMI TRE ANNI IN BORSA. “Il bilancio di questi tre anni in Borsa è positivo, sotto due prospettive”, racconta a Borse.it il manager che ha lavorato in Arthur Andersen e ha ricoperto la carica di cfo in Morellato & Sector e successivamente in Stefanel. “Lato azienda, ci ha permesso di irrobustire l’infrastruttura della società, inviando all’esterno il messaggio di un’azienda che punta ad essere innovativa e contemporanea. Adesso Masi non è più solo rappresentiva dell’Amarone, dell’area delle Venezie, ma si è consolidata con lo sbarco nel mondo più trendy delle bollicine, con l’acquisizione di Canevel”. “Lato investitori, il titolo non ha una grande liquidità – ammette Girotto – ma ha tenuto nei momenti difficili per l’Aim Italia in cui l’indice ha perso oltre il 20%. È un titolo che ha una sua sostanziale stabilità e rappresenta un’azienda ben patrimonializzata e tangibile. Adatto, specialmente, per investitori che hanno un interesse di medio lungo termine che vogliono puntare su un brand di rilievo del Made in Italy”. C’è poi la “soddisfazione del dividendo“: per il 2017 è stata proposta una cedola di 10 centesimi, +1 centesimo rispetto a un anno prima, con uno yield del 2,33% rapportato a giugno 2018.
I NUMERI DEL 2017. Rimanendo sempre in ambito finanziario, di recente Masi ha adottato i principi contabili internazionali: un ulteriore passo nell’applicazione di practice e strumenti da azienda di primo livello. “Ci permettono di esprimere con maggiore efficacia la patrimonialità dell’azienda”, precisa Girotto che commentando i risultati del 2017 esprime soddisfazione per la redditività che “è stata ancora una volta elevata rispetto al settore”. Il set di risultati è sostanzialmente in linea con l’esercizio 2016, nonostante la società abbia dovuto fare i conti con un meteo penalizzante (per quantità è stata la seconda peggiore vendemmia in Italia dal Dopoguerra ad oggi). Il 2017 di Masi si è chiuso con ricavi di 64,4 milioni di euro rispetto ai 63,9 milioni di un anno prima, e l’Ebitda è rimasto stabile a 13 milioni. A fronte di un carico fiscale sceso da 3,2 a 2,8 milioni, l’utile netto è salito del 7% a 6,7 milioni. A fine esercizio, l’indebitamento finanziario netto si attestava a circa 9 milioni, dai 6,7 di 12 mesi prima. E per il 2018? Federico Girotto non si sbilancia molto ma anticipa che al momento “la stagione ha una certa regolarità” che si sta già riflettendo sulle vendite dei primi cinque mesi. “Importanti risultati” sembrano arrivare in particolare da Canevel, la società di Valdobbiadene, di cui Masi ha acquisito il 60% nel 2016, nota per la produzione di uno dei vini emblematici delle Venezie: il Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG.
SPAZIO ALL’M&A POST CANEVEL? E nel futuro di Masi ci potrebbero essere nuove acquisizioni, ma non nell’immediato. “La crescita per linee esterne rimane uno dei nostri pilastri fondamentali e lo resterà anche in futuro”, sottolinea Girotto precisando però che al momento non ci sono dossier concreti sul tavolo. E questo per due ragioni. “Innanzi tutto, non c’è un’ampia scelta di target. Soprattutto con determinate caratteristiche, come quella di essere dei brand, preferibilmente radicati nel territorio delle Venezie, con un posizionamento premium e una certa complementarietà con la nostra carta vini – spiega – L’incrocio di queste variabili non è sempre così agevole. Secondo aspetto, siamo concentrati sul completamento del deal con Canevel”.
OPERAZIONE RUSSIA. C’è poi la questione internazionalizzazione, fondamentale in un’azienda come Masi che è presente in oltre 120 Paesi, con una quota export che va oltre l’80% del fatturato. Negli anni si è imposta sul mercato estero grazie a vini di pregio, e un costante aggiornamento tecnologico. La sua expertise nella tecnica dell’AppaXXImento (che è stata brevettata) è riconosciuta a livello mondiale e utilizzata della produzione nella maggior parte dei propri vini.
Un tassello significativo oltre i confini nazionali è stato posto a giugno, con l’alleanza in Russia. Un accordo di importazione e distribuzione dei propri vini con il gruppo russo Beluga. “Più che un accordo è una vera e propria alleanza strategico-distributiva in un mercato come la Russia, in cui la presenza di Masi è storicamente consolidata, e presenta un potenziale di sviluppo estremamente interessante”, ha dichiarato Sandro Boscaini. “L’operazione russa è collegata al primo dei nostri pilastri strategici che è la crescita per linee organiche, quindi secondo il nostro modello di business più tradizionale e conosciuto che è coltivare il vigneto, produrre vino e venderlo ai mercati”, spiega Girotto. Tra i Paesi interessanti, con ampi margini di miglioramento ci sono gli Stati Uniti. “è un Paese che per capacità demografica e attitudine al consumo può e deve darci delle soddisfazioni maggiori da un punto di vista di crescita”.
UNA BOTTE VIRTUALE CON MASI INVESTOR CLUB. Famiglia, mondo agricolo e finanza. Un sodalizio ben riuscito, in cui Masi crede e che viene alimentato con costanza. Proprio con l’idea di stringere un legame più forte con i propri investitori Masi Agricola ha sviluppato il programma “Masi Investor Club”, riservato esclusivamente agli azionisti (investitori istituzionali/professionali e investitori non professionali/retail in possesso di almeno 1000 azioni Masi). Permette agli azionisti di essere parte integrante del progetto Masi: caratterizzato da una forte esperenzialità degli asset per avvicinare gli investitori al mondo del vino, ai valori e alle tradizioni della zona di cui Masi è portavoce. Si concretizza nel ricco programma di Masi Investor Club: dalle specialità che non sono sul mercato alle esperienze collegate alle cantine (cena con enologo o nei vigneti, ricette a base di vino), oltre alla partecipazione al backstage del premio Masi (ideato nel 1981 da Sandro Boscaini), riconoscimento elargito ogni anno alle personalità venete che si sono distinte in diversi ambiti culturali, promuovendo e valorizzando il territorio e la cultura delle Venezie.