Lo stop della via del grano alimenta i rischi sulla sicurezza alimentare dell’Africa
Nella giornata di ieri, Putin ha annunciato tramite il suo portavoce Peskov, che la Russia non rinnoverà il tanto discusso accordo sul grano ucraino, ormai scaduto. Ricordiamo che l’accordo (Black Sea Grain Initiative) era stato stipulato tra Russia e Ucraina a luglio dello scorso anno per consentire alle navi ucraine di esportare in sicurezza tramite il Mar Nero, nonostante la guerra, il grano e altri cereali fondamentali per il sostentamento alimentare di moltissimi paesi che da questi prodotti dipendono, a partire dal continente africano.
L’accordo in questione era già stato rinnovato due volte prima di cessare a partire da oggi ed era stato introdotto con la mediazione dell’Onu e della Turchia, il cui Presidente Erdogan nelle prossime settimane proverà nuovamente a riavvicinare le parti.
L’impatto sul prezzo del grano
La notizia del non rinnovato accordo sull’export dei cereali dall’Ucraina ha innescato com’era facile immaginare una certa volatilità sui prezzi sia del grano che del mais. Ieri, il grano CBOT è arrivato a scambiare il 4% in più, per poi stabilizzarsi e scendere nel corso della giornata, sulla scia dell’incertezza sulle forniture alimentari globali, oltre che per via delle crescenti tensioni in Ucraina.
“La Black Sea Grain Initiative ha contribuito a ridurre i prezzi dei prodotti alimentari di oltre il 23% da marzo 2022 e ha garantito il passaggio sicuro di oltre 32 milioni di metri tonnellate di derrate alimentari dai porti ucraini”, ha dichiarato ieri il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha detto lunedì.
La cessazione dell’accordo, secondo alcuni analisti, doveva spingere al rialzo il prezzo di grano e cereali, ma l’impatto è stato meno significativo in quanto una “riduzione dell’offerta dall’Ucraina è stata compensata negli ultimi mesi da una significativa crescita dell’offerta in altre regioni del mondo“. Infatti, ieri i future su mais e grano hanno chiuso in calo (dopo un avvio positivo), risentendo del miglioramento delle condizioni dei raccolti statunitensi.
Proprio per questo motivo, la Coldiretti segnala che “anche se dovessimo perdere tutte le esportazioni di mais dall’Ucraina (19,5 milioni di tonnellate), le scorte finali di mais globali per il 2023/24 sarebbero inferiori di 2 milioni di tonnellate rispetto al 2022/23″.
Per il grano, tuttavia, “l’impatto sarebbe più significativo se tutte le esportazioni di grano ucraino (10,5 milioni) andassero perdute, in quanto questo lascerebbe le scorte finali globali del 2023/24 inferiori di oltre 13 milioni rispetto al 2022/23 e ai livelli più bassi dal 2014/15″. “In realtà, segnalano gli analisti di ING, non perderemo tutti i volumi delle esportazioni ucraine, dato che assisteremo a una ripresa dei flussi attraverso il Danubio e attraverso l’UE”.
Nonostante tutto, secondo il presidente ucraino Zelenskyj, “nessuno ha il diritto distruggere la sicurezza alimentare di qualsiasi nazione”, infatti, la cessazione del corridoio alimentare colpirà sicuramente acquirenti chiave come la Cina, Spagna ed Egitto.
Proprio per questo, i prezzi globali dei cereali continueranno a essere volatili, in quanto la domanda che si fanno tutti gli analisti è se “l’Ucraina sarà ancora in grado di esportare attraverso il Mar Nero senza la sicurezza del corridoio del grano?”. Da questo punto di vista, secondo alcuni analisti intervistati da Bloomberg, “il rischio maggiore si trova a lungo termine, poiché l’esportazione frammentata è logisticamente più costosa e questo potrebbe spronare gli agricoltori ucraini a tagliare ulteriormente i raccolti già rimpicciolendo sotto il peso della guerra”.
L’impatto sull’Italia
Lo stop all’accordo sul grano interrompe anche le spedizioni anche verso il nostro paese. In tal senso, secondo un’analisi di Coldiretti, nell’anno in cui è rimasto in essere l’accordo “In Italia sono arrivati dall’Ucraina quasi 2,1 miliardi di chili di mais per l’alimentazione animale, grano tenero e olio di girasole nel corso dell’anno di attuazione dell’intesa. Nel dettaglio, stiamo parlando di 1,4 miliardi di chili di mais, 434 milioni di chili di grano, 100 milioni di chili di olio di girasole e altri cereali”.
In tal senso, il blocco delle spedizioni di cereali attraverso il Mar Nero è preoccupante dunque soprattutto per le forniture di mais alle stalle italiane in una situazione in cui l’Ucraina contende all’Ungheria il ruolo di principale fornitore dell’Italia che è costretta ad importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali nelle stalle dove i costi di produzione sono saliti alle stelle, segnala la Coldiretti.
e sul mondo?
Lo stop al corridoio del grano nel Mar Nero alimenta il rischio carestia in ben quei 53 Paesi dove, secondo l’Onu, la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. E questo, come segnala la Coldiretti, è un rischio anche per il nostra stabilità politica in quanto proprio negli ultimi mesi si sono moltiplicate le tensioni sociali ed i flussi migratori, anche verso l’Italia.
Con la mancata proroga dell’accordo, secondo le analisi della Coldiretti, mancheranno sui mercati mondiali ben 32,8 milioni di tonnellate di grano, mais e olio di girasole che sono partiti dai porti Ucraini del Mar Nero nell’anno di attuazione dell’intesa.
L’iniziativa dell’accordo sulle esportazioni di grano dall’Ucraina aveva permesso al Programma alimentare mondiale (PAM) di trasportare oltre 725.000 tonnellate di grano per aiutare le popolazioni bisognose in Afghanistan, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan e Yemen.
Chi sono i maggiori produttori di grano?
L’Ucraina è infatti uno dei principali esportatori al mondo di grano e altre derrate alimentari. Nei primi mesi dell’invasione russa le esportazioni erano state bloccate, provocando una crisi alimentare gravissima in vari paesi del mondo, soprattutto in Medio Oriente e Africa. Ricordiamo che il blocco nei primi mesi della guerra aveva anche fatto marcire enormi quantità di grano e altri cereali che erano pronti per l’esportazione.
Nonostante un iniziale scetticismo, l’accordo aveva tenuto ed era stato finora considerato un successo: probabilmente l’unico esempio di cooperazione e “segno di pace” tra Russia e Ucraina in questo ormai anno e mezzo di guerra, nonostante le trattative per stipularlo e rinnovarlo fossero state di volta in volta piuttosto difficili.
L’Ucraina e la Russia sono tradizionalmente tra i maggiori produttori ed esportatori di grano e cereali. L’Ucraina, in particolare, è conosciuta come la “culla del grano”.
Prima dello scoppio della guerra tra l’Ucraina e la Russia, entrambi i paesi esportavano una quantità considerevole di grano e cereali verso diverse regioni del mondo. La Russia era un importante esportatore di grano verso paesi dell’Asia, del Medio Oriente, dell’Africa settentrionale e dell’Europa, mentre l’Ucraina esportava principalmente verso l’Asia e l’Europa, inclusa l’Unione Europea.
Tuttavia, a causa della guerra e della fine dell’accordo sul grano tra Russia e Ucraina, potrebbe ora esserci un impatto significativo sulle loro esportazioni di grano e cereali. Teniamo presente che nel 2020 l’Ucraina ha esportato circa 44,4 milioni di tonnellate di grano. Le principali destinazioni delle esportazioni ucraine di grano includono l’Unione Europea, l’Egitto, la Cina e altri paesi asiatici come l’Indonesia e il Vietnam.
Dal canto suo però, nel medesimo anno, la Russia ha esportato circa 38,3 milioni di tonnellate di grano, con principali destinazioni verso l’Egitto, il Bangladesh, l’Indonesia e altri paesi asiatici come la Turchia e il Vietnam.