Lavoro Usa: nonfarm payrolls sopra attese, salari sotto pressione
Nel mese di gennaio i nonfarm payrolls statunitensi hanno registrato il valore più elevato dell’ultimo anno e la crescita dei salari ha subito un’inattesa accelerazione. Elementi che confermano la straordinaria forza del mercato del lavoro americano e allontanano le possibilità di un taglio dei tassi della Fed a breve.
I dati di gennaio sul mercato del lavoro Usa
A gennaio le buste paga nel settore non agricolo sono cresciute di 353.000 unità, un valore molto più elevato rispetto alle 185 mila previste dal consensus. Il rapporto del Bureau of Labor Statistics mostra anche una marcata revisione della lettura di dicembre, da 216 a 333 mila unità.
Il tasso di disoccupazione si è mantenuto stabile al 3,7%, a fronte di un incremento previsto al 3,8%. I salari medi orari hanno evidenziato un aumento dello 0,6% rispetto al mese precedente (consensus +0,3%, precedente +0,4%) mentre su base annua emerge un’accelerazione dal 4,3% (rivisto al rialzo da 4,1%) al 4,5% (stima 4,1%), che rappresenta il massimo da marzo 2022.
La crescita dell’occupazione è stata trainata dall’assistenza sanitaria, dai servizi professionali e alle imprese e dal commercio al dettaglio. Sull’aumento dei salari ha inciso probabilmente anche un calo delle ore lavorate, in un periodo caratterizzato da un rigido clima invernale che ha turbato l’attività economica in diverse regioni degli Stati Uniti. Il numero di dipendenti che non hanno lavorato a causa del maltempo ha superato il mezzo milione, il numero più alto in quasi tre anni.
Tagli dei tassi Fed sempre meno probabili nel breve termine
I dati odierni giustificano l’atteggiamento attendista della banca centrale americana sui tagli dei tassi. L’economia, infatti, continua a confermarsi solida, con un mercato del lavoro robusto che sostiene i consumi e persistenti pressioni al rialzo sui salari, che non permettono di abbassare la guardia nella lotta per riportare l’inflazione verso il target del 2% nel medio termine.
Ricordiamo che in settimana la Fed ha confermato i tassi sui massimi da 22 anni nel range 5,25-5,50% e il presidente Jerome Powell ha sostanzialmente escluso la possibilità di un abbassamento del costo del denaro nel prossimo meeting del 19-20 marzo.
Si impennano i tassi dei Treasury, dollaro in rafforzamento
I dati hanno provocato una brusca ascesa dei rendimenti dei Treasury, con il decennale in aumento di 10 bp al 3,99% e il biennale, più sensibile alle aspettative sui tassi di interesse, in rialzo di oltre 14 bp al 4,35%.
Per quanto riguarda l’azionario, invece, l’indice S&P 500 avanza dello 0,3% e il Nasdaq dello 0,8%, grazie soprattutto ai balzi di Meta Platforms (+20%) e Amazon (+7%) in scia alle trimestrali. In calo invece Apple (-2%) dopo i conti, per via delle vendite deboli in Cina.
Il dollaro si apprezza nei confronti delle altre principali valute, spingendo il cambio con l’euro in ribasso a 1,08 e il dollaro/yen in rialzo a 148.
I contratti swap legati alle date delle riunioni della Fed hanno ulteriormente ridotto la probabilità che la banca centrale statunitense tagli i tassi già a marzo (20% circa). I trader hanno ridotto anche le previsioni sui tagli totali per tutto il 2024 a 125 bp, ovvero 5 riduzioni da 25 bp.