La guerra Hamas-Israele riaccende l’interesse sui titoli della difesa
Nell’ultima settimana il mondo è stato sconvolto dallo scoppio di un nuovo conflitto tra Hamas e Israele. Questo ritorno delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente suscita tra gli investitori nuove preoccupazioni per la crescita dell’economia globale, in un contesto in cui continuano a pesare l’alto livello di inflazione, oltre che l’impatto dei tassi di interesse.
In seguito allo scoppio del conflitto in Medio Oriente (7 ottobre), i titoli della difesa (aziende che producono armi e armamenti) hanno registrato rialzi generalizzati a livello globale, riportando così l’attenzione gli analisti e gli investitori sull’intero comparto della sicurezza. Ecco come si sono mossi i titoli della difesa nella prima settimana di guerra in Medio Oriente.
La guerra riaccende i titoli della difesa
L’indice S&P 500 Aerospace & Defense, l’indice utilizzato dagli analisti per monitorare l’andamento del comparto della difesa negli Usa, nella seduta di lunedì è balzato del 5,6%, realizzando così la seduta migliore da novembre 2020.
Negli Usa hanno realizzato le performance migliori le società produttrici di armi che solo questa settimana hanno visto aumentare la propria capitalizzazione di mercato di oltre 28 miliardi di dollari.
Tra i titoli più movimentati troviamo Northrop Gruman, Lockheed Martin, L3Harris Technologies e General Dynamics, società che hanno guidato i guadagni dell’indice S&P 500, chiudendo le contrattazioni di lunedì con rialzi vicino all’8%.
In particolare, il balzo di lunedì di Lockheed Martin, il più grande appaltatore della difesa degli Usa, è stato il maggior rialzo in una giornata da marzo 2020, una performance addirittura superiore a quanto realizzato dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Stesso andamento anche per le zioni di Northrop Grumman che hanno registrato la loro miglior seduta dal 2020.
Acquisti anche su Raytheon, RTX (+4% da lunedì) e BAE Systems che lunedì a Londra ha realizzato la giornata migliore da agosto, con un rialzo di oltre il 4,5%.
In Italia? Il titolo Leonardo, società attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza, dalla seduta di venerdì scorso ha guadagnato già l’11% passando da area 12 euro agli attuali 14,3 euro ad azione. Come vediamo dal grafico a 4 ore qui sotto, il titolo Leonardo è riuscito anche a rompere al rialzo i precedenti massimi di fine settembre, riportandosi così sui livelli di prezzo del 2018.
Nella tabella sottostante vediamo il balzo che c’è stato sui titoli della difesa nell’ultima settimana
Aspettative troppo alte?
Non è una novità che in un contesto di guerra i titoli legati alla difesa tendano ad avere sovraperformare il mercato. I titoli legati alla guerra tendono infatti a registrare guadagni immediati subito dopo gli shock geopolitici, tuttavia “la storia dimostra che questi aumenti generalmente si arrestano e non sono sostenibili”, hanno commentato gli analisti di Bernstein.
In tal senso, molti analisti avvertono che i titoli della difesa per continuare il rally avrebbero bisogno di un aumento significativo del bilancio della difesa statunitense, uno dei principali motori della performance del comparto della difesa.
Ecco che da questo punto di vista, il ritorno delle tensioni in Medio Oriente può rappresentare un catalizzatore positivo per l’intero settore (in quanto implica un aumento delle vendite di armi e munizioni) e questo lo si è già osservato nell’andamento dei prezzi di questa settimana.
Secondo l’analista di JP Morgan, Seth Seifmann, “l’impatto diretto del conflitto Israele-Hamas sui titoli della difesa è limitato”, con la sovraperformance di lunedì che riflette probabilmente il posizionamento sotto peso dei titoli della difesa.
Anche secondo Nicolas Owens, analista di Morningstar, “l’improvviso aumento dei prezzi dei titoli della difesa di questo lunedì è una reazione esagerata e semplicistica allo scoppio della guerra in Israele e a Gaza”.
Certo la guerra ha riacceso quindi l’interesse sulle war stocks, innescando l’acquisto immediato di titoli della difesa, tuttavia non tutte le società di questo comparto potrebbero continuare a beneficiare di queste tensioni anche nei prossimi mesi.
Un confronto con lo scoppio della guerra Russia-Ucraina
Nella prima settimana dopo l’attacco della Russia in Ucraina (febbraio 2022), l’ETF di difesa di iShares è salito del 5%, grazie ai rialzi di Lockheed Martin e Northrop Grumman. Tuttavia, il settore è successivamente crollato di quasi il 20% nei sei mesi successivi e questo a causa del deterioramento delle condizioni macroeconomiche.
L’ingresso della Russia in Ucraina era stato accompagnato anche in quel caso da un rally dei titoli della difesa e dei titoli energetici, con incrementi significati di prezzo delle materie prime energetiche (petrolio e gas) e beni rifugio (dollaro e oro).
Tuttavia, l’invasione della Russia aveva innescato anche un crollo dei principali indici globali, con l’indice S&P 500 che è sceso di oltre il 7% nei giorni e nelle settimane immediatamente successivi all’incursione. Adesso invece, al contrario di quanto accade l’anno scorso, l’indice S&P 500 si appresta a chiudere la prima settimana dopo lo scoppio del conflitto in Medio Oriente con un progresso dell’1,6%.
Questo può essere giustificato dal fatto che la Russia a causato volatilità sui mercati petroliferi, in quanto è un produttore chiave di petrolio greggio e gas naturale, con oleodotti che alimentano molte nazioni europee e non solo.
I mercati ignorano la guerra, ecco gli impatti
I mercati azionari hanno quindi sostanzialmente ignorato le tensioni in Medio Oriente. Tuttavia, se il conflitto dovesse espandersi l’impatto sui listini globali potrebbe essere ben più grave, soprattutto per quanto riguarda i prezzi di gas e petrolio.
Come potrebbe influire questo attacco sull’economia e sui mercati?
L’impatto sui mercati è positivo per i settori della difesa e del petrolio, ma negativo per altri comparti come quello dell’aviazione e dei viaggi a lungo raggio, dato che le compagnie aeree hanno interrotto i voli con Israele. Questo ha innescato un calo del settore, con l’indice Bloomberg World Airlines che lunedì ha perso il 2,6%, il più grande calo giornaliero da marzo. In questo contesto, vendite su Delta Air Lines, United Airlines e American Airlines, che sono tutte scese di oltre il 4%.
Lunedì i prezzi del petrolio sono aumentati, dando così impulso alle società energetiche. Ecco che anche l’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche (petrolio e gas) potrebbe avere un impatto sulla traiettoria dell’inflazione.
La guerra spesso genera incertezza, che i mercati non apprezzano. Questo ha innescato acquisti su asset tradizionalmente più sicuri come l’oro, le obbligazioni e il dollaro percepite come beni rifugio.
In questo contesto bisognerà vedere la successiva traiettoria dei tassi di interesse. Al momento, dopo i dati sull’inflazione Usa oltre le attese di ieri, i mercati ora indicano una probabilità del 40% per un nuovo rialzo del costo del denaro da 0,25%.