L’Argentina si mette alle spalle il default e colloca un bond a 100 anni
A sedici anni dal maxi-default del 2001, ieri l’Argentina è riuscita in un’operazione apparentemente impossibile: collocare un bond a 100 anni. Dopo un isolamento decennale e a poco più di un anno dal ritorno sul mercato dei capitali, la nuova amministrazione Macrì ha stupito tutti proponendo un “Matusalem bond” che, collocato tramite un sindacato di banche, presenta un rendimento irrisorio alla luce della storia creditizia del Paese : il 7,9% (cedola del 7,125%).
Il titolo, in dollari (e non potrebbe essere altrimenti con un tasso di inflazione a due cifre), è stato collocato per 2,75 miliardi di dollari con domande a oltre tre volte l’importo offerto. Citigroup e HSBC hanno agito da “lead book runners” mentre Nomura Securities e Banco Santander sono stati i “co-managers”. L’esecutivo è riuscito a piazzare l’obbligazione perché “è stato in grado –ha detto il Ministro delle Finanze Luis Caputo – di recuperare credibilità agli occhi del mondo”.
In 200 anni l’Argentina ha dichiarato fallimento 8 volte (di cui 3 negli ultimi 23 anni) e il default del 2001 è stato il maggiore mai registrato. Per quanto riguarda il Sud America, è la seconda volta, dopo il Messico nel 2010, che un Paese sovrano riesce a mettere sul mercato un “Matusalem Bond”. A livello corporate, nel 2015 la brasiliana Petrobras ha venduto 2,5 miliardi di titoli a 100 anni che ieri rendevano il 7,8%.
Due i fattori che hanno favorito la buona riuscita dell’operazione: un presidente pro-business e un clima radicalmente cambiato: se fino a qualche anno fa le economie emergenti registravano pesantissimi deflussi di capitali, negli ultimi mesi i money manager sono tornati a scommettere sugli emergenti.
Secondo i dati elaborati da Lyxor, a maggio la ricerca di rendimento ha permesso agli ETF sul debito dei mercati emergenti di registrare una raccolta netta di nuovi capitali per 1 miliardo di euro. EPFR Global segnala che da inizio anno i fondi equity emergenti hanno raccolto 30,4 miliardi di flussi netti mentre il dato relativo gli obbligazionari si attesta a 36 miliardi.
Il tutto in un contesto globale che presenta non poche anomalie: se in condizioni normali strette monetarie negli Stati Uniti tendono a ridurre la voglia di “emergenti”, questa volta le tensioni politiche hanno contribuito a ridurre l’appeal del biglietto verde (-4,8% per il dollar index nel 2017) e dei Treasuries (-27 punti base).