Jamie Dimon: rischio panico sui mercati. Art Cashin: volatilità ricorda quella crash ’87
Nella lettera agli azionisti Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan, non fa alcun mistero dei timori che ha sia per l’economia che per i mercati finanziari.
Dimon lancia anche un avvertimento ben preciso su quello che a suo avviso è un rischio reale: quello “che mercati volatili e in ribasso possano scatenare il panico“.
“I mercati finanziari hanno una vita a sé e a volte sono a mala pena collegati all’economia reale (la maggior parte delle persone non presta molta attenzione ai mercati finanziari né i mercati hanno molta influenza su tanti di loro) – ha scritto Dimon – In generale, i mercati volatili e/o in calo reagiscono al contesto economico. La maggior parte dei principali cali sofferti dai mercati dalla Grande Depressione riflette aspettative future negative su recessioni reali o potenziali. In quasi tutti questi casi, i mercati azionari scendono, le perdite sui crediti aumentano, così come gli spread, tra le altre turbolenze. L’effetto negativo principale dei mercati volatili è quello di creare il panico sui mercati, fattore che potrebbe a sua volta iniziare a rallentare la crescita dell’economia reale. Gli anni 1929 e 2009 sono gli unici veri esempi degli ultimi 100 anni, in cui gli Stati Uniti hanno assistito al panico sui mercati provocato da notevoli tagli agli investimenti e alle assunzioni”.
Ora, continua quello che viene considerato il banchiere più potente del mondo, “non dò a questo scenario una probabilità molto alta di verificarsi. Anzi, a mio avviso le probabilità sono piuttosto basse. Ma, visto che l’esperienza del 2009 è così recente, esiste sempre la chance che gli investitori possano reagire in modo eccessivo“.
Sempre nella sua lettera agli azionisti, Dimon ha avvertito che è possibile che i mercati stiano sottovalutando il rischio che la Federal Reserve sia costretta ad agire più velocemente, nel percorso del rialzo dei tassi.
Se l’inflazione e i salari salissero a ritmi più alti rispetto a quelli che il mercato sta scontando ora, ha detto, “la Federal Reserve e altre banche centrali potrebbero dover agire in modo più drastico rispetto a quello che prevedono al momento…non tanto guidando i mercati, ma reagendo a essi”.
Ovvero?
Secondo il ceo di JP Morgan, è ragionevole aspettarsi che, con una crescita a ritmi normali e un’inflazione che si avvicina al target del 2% della Fed, i tassi sui Treasuries a 10 anni balzino fino al 4%.
Intanto, un attenti alla volatilità arriva anche dal trader veterano e managing director di UBS Financial Services Art Cashin. In un’intervista rilasciata alla Cnbc, Cashin afferma che la crescita della volatilità gli riporta alla mente quella che ha caratterizzato il 1987, anno in cui si è verificato il crash dei mercati azionari, noto come Black Monday.
Cashin fa riferimento alla volatilità che prese il via, quell’anno, in data 19 ottobre, e che colpì prima l’Asia, poi l’Europa e successivamente gli Stati Uniti: quel giorno il Dow Jones perse più di 500 punti, lasciando sul terreno il 22%, nell’arco di una sola sessione.
Da segnalare che questa settimana, nella seduta di mercoledì, il Dow Jones ha subito un forte crollo, per poi balzare fino a oltre +700 punti durante la sessione e chiudere in rialzo di 230,94 punti.
“Questo è l’anno della volatilità”, ha concordato Stephanie Link, managing director e gestore dell’azionario Usa presso Nuveen.
Link ha fatto riferimento al fatto che, soltanto nel corso del primo trimestre del 2018, ci sono stati ben 28 giorni in cui le oscillazioni del mercato sono state pari a +1% o -1%, rispetto alle otto volte soltanto in cui tale situazione si è verificata nell’intero 2017.