Italia malata di spread, riagguantare la Spagna è quasi un miraggio
Si susseguono i campanelli d’allarme per l’Italia. Dopo l’Ocse che ieri ha limato al rialzo le stime sull’Italia confermando però una sostanziale stagnazione economica per il Belpaese, oggi l’Istat ha tagliato le sue previsioni per l’intero 2019 a +0,3%, marginalmente sopra il +0,2% indicato dal governo.
Tensioni politiche e rischio braccio di ferro con UE
Con le elezioni europee del prossimo 26 maggio ormai alle porte, il mercato si interroga sulle prospettive dell’Italia livello politico dopo i responsi delle urne e quelli saranno gli impatti in termini di tensioni sui Btp. C’è chi come Jp Morgan vede un collasso dell’esecutivo durante l’estate, che potrebbe portare lo spread BTP-Bund a dieci anni a scendere fino a 200 punti base entro il mese di marzo del 2020, rispetto ai 270 attuali. Altri come Goldman Sachs vedono il governo tornare ad alzare i toni con l’Ue sui vincoli di bilancio e il rischio concreto che questo porti a rivedere i picchi dello scorso autunno in area 330 punti base.
Appare al momento difficile riportare lo spread più vicino ai livelli di Spagna e Portogallo, come auspica il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che oggi ha presentato un decalogo per la crescita e tagliare lo spread. “Se il rendimento dei titoli di Stato italiani si abbassasse al livello spagnolo (che oscilla a un valore inferiore di 150 punti base in meno) “già il prossimo anno si potrebbero risparmiare 5 miliardi di euro in spesa per interessi”.
Il conto salato dello spread
Il rischio è invece un ulteriore allargamento considerando le sfide che attendono l’Italia. Quest’anno il conto dello spread per l’Italia potrebbe salire a 3,5 miliardi di euro di interessi in più da corrispondere con spread medio in area 300 pb.
Nei primi tre mesi dell’anno sono stati già pagati 21,7 miliardi di interessi. “La dinamica sin qui vista, pur con alcune accelerazioni, resta favorevole, si stima una spesa a fine anno 2019 pari a: 70 miliardi di euro”, si legge nell’Osservatorio di Mazziero Research. “La dialettica autunnale, salvo che il Governo non cada prima delle foglie dagli alberi – – scrive Maurizio Mazziero – si svilupperà tutt’attorno a una maggiore spesa per misure a sostegno della crescita. Una crescita che non potrà giungere alla misura desiderata perché non ci si scrolla da quel gravoso debito che continua ad assorbire ogni anno circa 70 miliardi di spesa improduttiva da destinare a interessi. Ancora una volta si innescherà un aspro confronto con la Commissione Europea, che potrebbe ancora essere quella uscente e non quella nominata dal nuovo Parlamento Europeo. Non mancheranno le schermaglie verbali sulle regole comunitarie e lo spread si impennerà, aggravando ancor di più la spesa per interessi”.