Ipo Saudi Aramco valuta colosso $1,7 trilioni. Alert a investitori stranieri: ‘sarete alla mercé del regno’
Saudi Aramco ha diffuso un nuovo comunicato rendendo noti altri dettagli del suo collocamento sull’indice azionario saudita Tadawul. Lo sbarco sulla borsa saudita potrebbe strappare al gigante dell’e-commerce cinese Alibaba (tra l’altro prossimo a quotarsi a Hong Kong) lo scettro di Ipo più grande della storia.
Con il debutto sui mercati, la società saudita potrebbe raccogliere infatti fino a 96 miliardi di riyal, l’equivalente di $25,60 miliardi. L’Ipo di Alibaba – la prima, quella avvenuta a New York nel 2014 – aveva raccolto $25 miliardi.
Non solo: l’Ipo valuterebbe Saudi Aramco $1,7 trilioni, valore inferiore a quei $2 trilioni su cui il principe saudita e anche regista dell’operazione, Mohammed bin Salman aveva puntato, ma più di quanto gli analisti avevano previsto (quelli intervistati da Reuters puntavano su un valore di $1,5 trilioni).
Per la precisione, Saudi Aramco collocherà sul mercato l’1,5% del capitale, o 3 miliardi circa di azioni. Il prezzo di collocamento è stato fissato all’interno di un range compreso tra 30 (equivalente di 8 dollari) e 32 riyal, per un valore corrispondente dell’Ipo, per l’appunto, fino a 96 miliardi di riyal, l’equivalente di $25,60 miliardi.
IPO: COSA SIGNIFICA DIVENTARE AZIONISTA DI SAUDI ARAMCO?
L’Ipo è prevista per il mese di dicembre. Qualche giorno fa, un’opinione della storica Ellen R. Wald pubblicata sul New York Times ha messo in evidenza cosa significherebbe diventare azionista di Saudi Aramco.
Intanto, “l’azione di Aramco – si legge nell’articolo – verrà quotata solo sula borsa araba e gli investitori globali non avranno alcun diritto in quanto azionisti. Negli Stati Uniti, i cda hanno dei doveri nei confronti della società relativa, non verso un re o un suo governo. Negli Stati Uniti, gli azionisti possono intentare una causa – e di fatto lo fanno – per proteggere i loro diritti. Ma in Arabia Saudita non ci sono siti per eventuali risarcimenti, e non ci sono diritti oltre a quello di avere il consenso del monarca”.
L'”Arabia saudita – continua il New York Times – ha leggi scritte per proteggere i diritti degli azionisti, ma si tratta di leggi nuove, che non sono state ancora applicate. E nessuna autorità di regolamentazione agirà mai contro il re. I tribunali sauditi non sono indipendenti, e nessun giudice potrebbe opporsi alla volontà del re dando ragione agli investitori stranieri. (..) Questo significa che, se deciderete di investire in Aramco, sarete soggetti alla monarchia assoluta dell’Arabia Saudita”.
Monarchia, tra l’altro, “che sta utilizzando Aramco per fare i propri interessi, non quelli della società, ed è questo il punto nevralgico che “scatenerà problemi con i futuri azionisti”.
Il regno, spiega il New York Times, “impedisce agli investitori individuali non sauditi di acquistare il titolo Aramco, ma ha già iniziato a corteggiare, in modo anche aggressivo, i fondi di investimento americani ed europei, gli hedge fund e i fondi pensione”.
Ma il fatto che gli interessi degli azionisti non saranno protetti, quando divergeranno da quelli del re. dovrebbe essere fonte di grande preoccupazione per i fondi e gli investitori. Il fondo sovrano saudita, il Public Investment Fund, che è supervisionato dal principe Mohammed bin Salman, ha costretto per esempio Aramco ad acquistare da esso una quota del 70% di una società petrolchimica che Aramco non voleva acquistare. Questo, perchè il principe Mohammed voleva liquidità per il fondo sovrano e Aramco è, praticamente, il suo salvadanaio”.
Secondo il quotidiano newyorchese “dovrebbe inoltre preoccupare seriamente la politica dei dividendi che sarà varata dal gigante petrolifero. Finora, il dividendo non era un problema, visto che la monarchia era l’unica proprietaria del gruppo. Di norma, il dividendo è approvato dal cda di Aramco, i cui esponenti sono nominati dallo stato, ed è calcolato in modo tale da finanziare le necessità dell’Arabia Saudita, (il gruppo paga anche tasse e commissioni al governo).
In definitiva, l’articolo del New York Times avverte i potenziali investitori in Aramco, affermando che non potrebbero rivolgersi a nessuno, nel caso in cui “Saudi Aramco dovesse essere costretta a sacrificare i propri interessi (e dunque quelli dei suoi azionisti) per finanziare il budget del governo”.
Non per niente, il Financial Times ha rivelato che i funzionari sauditi sono insoddisfatti della domanda per le azioni manifestata dagli investitori stranieri. La speranza, a questo punto, è di attrarre investitori durante il roadshow che è partito ufficialmente nella giornata di ieri.
“Gli investitori istituzionali – ha scritto l’FT – sono preoccupati di alcune questioni, come quelle attinenti alla governance, all’interferenza dlelo stato nella strategia della società, cpsì come hanno dubbi sulla capacità del regno di proteggere le infrastrutture di petrolio dopo gli attacchi alle raffinerie del colosso, avvenuti lo scorso settembre”.