Notizie Notizie Mondo Investimenti, I Mercati di Frontiera resistono alla geopolitica internazionale

Investimenti, I Mercati di Frontiera resistono alla geopolitica internazionale

2 Maggio 2018 13:27

 
 

Dopo un gennaio da record e una rivalutazione dei corsi favorita dal passaggio della riforma fiscale statunitense alla fine del 2017, febbraio è stato caratterizzato da un’importante correzione che ha interessato tutti i listini, e il primo trimestre del 2018 si è concluso con una performance leggermente negativa per gli indici MSCI relativi agli emergenti (-1,4%), mentre i Mercati di Frontiera si sono mostrati più resilienti, registrando un +1,8 per cento.
Come spiega Peter Elam Håkansson, CIO e Fondatore di East Capital, questo movimento non ha però compromesso la propensione al rischio. “A livello globale – dice Håkansson – Gli investitori hanno fatto fluire 43 miliardi di dollari in fondi emergenti nel primo trimestre, quasi il doppio rispetto agli altri trimestri degli anni recenti. Nello specifico, i flussi in entrata di quest’anno ammontano già a due terzi del totale dell’anno precedente”. È interessante anche notare che il 50% di questi capitali sono stati investiti in fondi diversi dagli ETF.
 
Resilenza dei Frontiers

 

Come si evince dal report, East Capital investe in diversi mercati che sono stati interessati da eventi politici significativi, come per esempio le dimissioni di Zuma in Sudafrica, il discorso sullo stato della nazione fatto da Putin prima della sua prevedibile vittoria nella campagna presidenziale, la rimozione dei limiti temporali per il mandato presidenziale in Cina, annunciato durante il congresso del partito comunista cinese. “I mercati non hanno però considerato l’importanza di questi eventi, molto probabilmente sbagliando”, dice lo strategist.

La geopolitica, tuttavia, è stata al centro delle notizie per buona parte del trimestre, tra annunci di un’imminente guerra dei dazi, accordi bilaterali, trattative e incontri per la denuclearizzazione della penisola coreana, ulteriori accuse rivolte alla Russia e a una possibile intromissione del Cremlino nelle presidenziali USA del 2016, la responsabilità delle media company in questi sviluppi, la crisi diplomatica tra Russia e Occidente a seguito dell’avvelenamento di una ex spia, le assunzioni e i licenziamenti di Trump che hanno ulteriormente indebolito alcuni rapporti chiave per gli Stati Uniti, e infine gli accordi sul nucleare dell’Iran.
“Riteniamo che la maggior parte di questi eventi abbiano un impatto estremamente limitato sui nostri fondi e sui fondamentali delle compagnie presenti in portafoglio – dice Håkansson – Come confermato dagli incontri con il management delle società, queste società stanno beneficiando di un contesto macroeconomico positivo e di una solida fiducia dei consumatori, senza l’influsso delle condizioni di politiche monetarie più stringenti con cui il mondo sviluppato avrà a che fare nel prossimo futuro”.

 

Volatilità vuol dire opportunità

 

Al contrario lo strategist continua a vedere gli effetti positivi delle riforme in diversi Paesi, prima tra tutti la Cina. “L’attività di nuove emissioni azionarie, IPO e SPO, è stata anch’essa molto intensa e di conseguenza tutti i nostri team di investimento locali sono stati molto attivi nel selezionare le migliori opportunità”, dice Håkansson.
Che conclude: “Guardando al futuro confidiamo che una guerra commerciale aperta tra Cina e USA verrà evitata, ma crediamo sia lecito aspettarsi maggiori turbolenze sul fronte geopolitico. In ogni caso la volatilità è tornata, ma questo è un fattore che si è spesso rivelato positivo per gli investitori attivi”.