Intesa SanPaolo prima della classe? Stress test superati anche da UniCredit, Ubi e Banco BPM
Intesa SanPaolo prima della classe tra le quattro banche italiane che sono state sottoposte agli stress test congiunti effettuati dall’Eba e dalla Bce. Così trapela dalle indiscrezioni stampa, in attesa di conoscere i risultati ufficiali, che saranno comunicati stasera alle 18. Dai rumor emerge che i quattro grandi istituti sottoposti al vaglio dell’Eba e della Bce, ovvero UniCredit, Intesa SanPaolo, Ubi Banca e Banco BPM hanno passato l’importante prova, presentando tutti indici di solidità patrimoniali (Cet1 ratio) superiori a quella soglia minima del 5,5% che è stata fissata nello scenario più avverso.
Al secondo posto secondo il Messaggero UniCredit, che ha beneficiato della maxi-ricapitalizzazione da 13 miliardi; terza Ubi Banca e quarta Banco BPM che, pur superando la prova, potrebbero risentire tuttavia di alcune interpretazioni da parte della Bce su alcune variabili macro e su come contabilizzare alcuni parametri.
Così il Sole 24 Ore su Banco BPM:
“Positiva anche Banco BPM, che tuttavia nei calcoli finali sarebbe stata penalizzata dalla decisione Bce di non considerare alcune eccezioni: l’NPE ratio, fermo a fine 2017 come per tutte le banche, non sarebbe stato depurato dalla cessione di 5,1 miliardi di NPL avvenuta lo scorso giugno tramite cartolarizzazione, mentre nella proiezione triennale dei costi sarebbero state mantenute alcune voci, considerate invece one-off dalla banca poichè legate alla fusione tra BPM e Banco”.
Il Sole ricorda che, oltre agli stress test Eba-Bce sulle quattro banche citate e su altri 44 istituti europei (37 dei quali direttamente monitorati dalla Bce), ci sono altri stress test che sono stati condotti in via parallela dalla Bce su “altre sei banche significative italiane, di cui sono state considerate le dimensioni minori e la ridotta complessità”.
Tuttavia, “in questo caso, non è prevista alcuna comunicazione dei risultati. Il campione italiano è formato da Bper, Carige, Mediobanca, Pop Sondrio, Iccrea e Credem, che a quanto risulta al Sole avrebbero superato le prove senza problemi. Solo Carige avrebbe registrato fragilità nello scenario avverso, con un Cet 1 ratio finito al di sotto del 5,5%”.
Così commenta intanto Steve Hussey, Head of Financial Institutions Credit Research di AllianceBernstein, in attesa che i risultati vengano diramati ufficialmente.
Gli stress test “renderanno ulteriormente evidente la resilienza del settore bancario del Vecchio Continente di fronte a potenziali shock sistemici. La maggioranza di questi istituti di credito hanno infatti continuato a rafforzare il loro livello di Common equity tier 1 (CET1), capitale che generalmente rappresenta il primo buffer atto ad assorbire eventuali perdite, nel caso si rivelasse necessario. I risultati degli stress test sono spesso usati dalle autorità come input per definire lo SREP dei singoli istituti e, in particolare, i requisiti di capitale Pillar2″.
“Anche se non ci aspettiamo che gli stress test si rivelino di particolare importanza per gli investitori – aggiunge Hussey – la loro rilevanza nella definizione dello SREP li rende fondamentali per capire potenziali ritorni sul capitale. I test danno inoltre una visione approfondita di quanti titoli sovrani siedono in pancia agli istituti di credito e questo è molto utile per saggiare e capire la relativa interconnessione tra le banche e il Paese nel quale sono domiciliate. Ciò è importante soprattutto in Paesi come l’Italia, dove i titoli di Stato sono sottoposti a forte pressione. I diversi gradi di resistenza dei coefficienti CET1 nei differenti scenari di stress verranno valutati molto attentamente per osservare quali banche sono ancora relativamente fragili davanti ai rischi sistemici simulati dal test. Gli istituti con buffer relativamente limitati, o che devono affrontare il paragone con un risultato 2016 debole, saranno le più esposte al rischio headline. In particolare, i sospetti ricadono su alcune banche italiane e tedesche di seconda fascia che potrebbero evidenziare qualche problema. A prescindere da ciò, non è nell’interesse del regolatore provocare il fallimento di una banca (e la conseguente risoluzione). I test sono da leggere solo come uno strumento del regolatore per spingere gli istituti a un maggiore consolidamento del capitale”.
Hussey conclude:
“L’adeguatezza di capitale delle banche, e la relativa solidità, appare scollegato dal prezzo delle loro azioni, sul quale al momento pesano le preoccupazioni per l’aumento del rischio geopolitico, per le aspettative di rialzo dei tassi e per la paura che i titoli di stato domestici detenuti dagli istituti possa causare loop negativi in alcuni stati”.