Inflazione Usa: lieve frenata Pce core a maggio, troppo poco per la Fed
Alcuni indicatori chiave sull’inflazione statunitense, diffusi oggi dal Dipartimento del Commercio Usa, hanno evidenziato un rallentamento a maggio. Segnali incoraggianti per la Federal Reserve, impegnata a riportare la crescita dei prezzi verso il target del 2%, anche se i numeri attuali restano ben distanti dall’obiettivo. Motivo per cui è lecito attendersi nuovi rialzi dei tassi, come anticipato dal presidente della banca centrale americana, Jerome Powell.
Pce core al 4,6%, spesa personale stagnante
Nel mese di maggio, l’indice dei prezzi per consumi personali (deflatore Pce) è cresciuto dello 0,1% su base mensile, in linea con le attese degli analisti, dopo il +0,4% di aprile. Su base annua, il dato ha rallentato la sua cosa dal 4,3% (rivisto da 4,4%) al 3,8%, sui minimi da oltre due anni, confermando le aspettative.
Il core Pce, calcolato al netto delle componenti più volatili quali energia e alimentari, è aumentato dello 0,3% su base congiunturale (precedente +0,4%, consensus +0,3%) e del 4,6% su base tendenziale, a fronte del 4,7% atteso (ad aprile era pari al 4,7%). Questo indicatore è particolarmente apprezzato dagli economisti e dalla Fed per tracciare l’inflazione sottostante.
Il reddito personale è cresciuto dello 0,4% mensile, mentre la spesa per consumi, corretta per i prezzi, è rimasta pressoché invariata (consensus +0,1%), con il dato di aprile significativamente rivisto al ribasso (da 0,5% a 0,2%), a segnalare che il principale motore dell’economia statunitense comincia a perdere slancio.
Da sottolineare anche la dinamica dei prezzi nel settore dei servizi (esclusi servizi immobiliari ed energetici), che secondo Bloomberg ha registrato un aumento mensile pari soltanto allo 0,2%, minimo da luglio (+4,5% su base annua).
Focus sui prossimi dati macro
Il rallentamento del Pce core, tra le metriche più apprezzate dalla Fed per tracciare l’andamento dell’inflazione, verrà accolto positivamente dai funzionari della banca centrale americana.
Tuttavia, non dovrebbe modificare sensibilmente le aspettative sulle prossime mosse nel breve termine. Il dato, infatti resta ancora ben lontano dall’obiettivo del 2% dell’istituto di Washington, a sottolineare che la strada per riportare l’inflazione su livelli accettabili è ancora lunga e tortuosa.
Dopo la “pausa hawkish” di giugno, è atteso un nuovo rialzo dei tassi nella riunione del 25-26 luglio, ma il presidente Jerome Powell non ha escluso l’eventualità di due ritocchi consecutivi, lasciando intendere che il costo del denaro possa essere aumentato anche a settembre.
In vista dei prossimi meeting, i responsabili di politica monetaria valuteranno attentamente i dati in uscita nelle prossime settimane, a partire da quelli di venerdì prossimo sul mercato del lavoro di giugno, per ponderare le implicazioni in termini di pressioni sui salari.
La reazione dei mercati ai dati sull’inflazione Usa
Wall Street ha aperto in rialzo dopo il report del Dipartimento del Commercio, con l’S&P 500 in rialzo dello 0,7%, il Nasdaq dell’1% e il Dow Jones a +0,5%.
Poco mossa la curva dei rendimenti obbligazionari, con il tasso sul biennale in lieve rialzo al 4,88% e il decennale al 3,84%.
L’euro/dollaro è risalito a 1,09, dopo i dati di stamattina sull’inflazione dell’eurozona che hanno evidenziato un’accelerazione del dato core, giustificando una politica ancora restrittiva da parte della Bce.