Inflazione eurozona cala oltre le attese a settembre, effetti sui mercati e in ottica Bce
L’inflazione della zona euro registra un rallentamento a settembre, alleviando leggermente la pressione sulla Bce nella sua battaglia per raffreddare la crescita dei prezzi. Ecco i dettagli sul report diffuso da Eurostat e la reazione dei mercati, con focus sulle prossime mosse di politica monetaria, a partire dal meeting del prossimo 26 ottobre.
L’inflazione core scende al 4,5%, meglio delle aspettative
Secondo la rilevazione preliminare di settembre, l’inflazione headline dell’eurozona ha registrato un incremento mensile dello 0,3%. Gli analisti si attendevano una crescita dello 0,5%, in linea con l’aumento di agosto.
Su base annua, l’indice dei prezzi al consumo rallenta la propria corsa dal 5,2% al 4,3%, a fronte del 4,5% stimato dagli economisti.
L’indice core, che esclude le componenti più volatili, ovvero prezzi energetici e alimentari, evidenzia una crescita tendenziale del 4,5%, rispetto al 5,3% del mese precedente e al 4,8% del consensus di Bloomberg. Ricordiamo che quest’ultimo dato rappresenta quello più significativo per tracciare la dinamica dell’inflazione ed è attentamente monitorato dalla Bce per capire la traiettoria dei prezzi.
L’inflazione nei principali Paesi dell’eurozona
La dinamica dell’inflazione dell’eurozona è il risultato di tendenze divergenti all’interno dei singoli Paesi. Nella tabella sottostante vengono riportati i dati più recenti dei principali membri e quello complessivo.
In particolare, con riferimento all’inflazione armonizzata (calcolata in modo da rendere confrontabili gli indici dei prezzi al consumo di Paesi diversi), la Germania ha riportato un forte rallentamento (da 6,4% a 4,3%) e la Francia un calo marginale (da 5,7 a 5,6%), mentre l’Italia è passata dal 5,5% al 5,7%, e la Spagna da 2,4 a 3,2%.
Segnali positivi per la Bce dall’inflazione
La discesa dell’inflazione core al ritmo più lento da un anno rafforza l’idea che la Bce possa mantenere i tassi di interesse invariati e prendersi tempo per valutare l’impatto dei rialzi già effettuati.
Al tempo stesso, però, la crescita dei prezzi rimane ben superiore al target del 2%, motivo per cui i mercati si stanno preparando ad una fase prolungata di tassi elevati. L’opinione comune tra investitori ed economisti è che non ci saranno altri rialzi dei tassi, anche se eventuali shock inattesi, come una nuova impennata dei prezzi del petrolio sopra quota 100 dollari al barile, potrebbero giustificare ulteriori azioni.
In ogni caso, in Europa si stanno moltiplicando i segnali di difficoltà economiche, con un rallentamento dei prestiti e un calo della fiducia dei consumatori, il che suggerirebbe una certa cautela nell’inasprire ulteriormente la politica monetaria. Per contro, l’aumento dei salari potrebbe favorire una ripresa della spesa e contribuire a ripristinare la crescita nella parte finale dell’anno, anche se dall’altro lato genererebbe nuove pressioni inflazionistiche.
Recap dell’ultima riunione Bce
Ricordiamo che nell’ultima riunione, svoltasi il 14 settembre, la Bce ha aumentato ancora i tassi di 25 punti base, poiché ke prospettive di inflazione rimangono troppo elevate per un periodo di tempo eccessivo.
Tuttavia, l’Eurotower ha chiarito che, a seguito del rialzo, il costo del denaro si trova su livelli in grado di dare un “contributo sostanziale” nel riportare l’inflazione verso il target del 2% nel medio periodo.
In tale occasione la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha ribadito che i funzionari manterranno un approccio guidato dai dati nelle prossime scelte di politica monetaria e ha chiarito che ancora non si può dire se i tassi abbiano raggiunto il picco.
La reazione dei mercati ai dati sull’inflazione
In seguito alla pubblicazione del rapporto, i listini azionari europei hanno mantenuto l’intonazione positiva precedente, consolidando i guadagni nell’ultima seduta di un mese travagliato. L’Eurostoxx 50 avanza dello 0,9%, in linea con il Ftse Mib, il Cac 40 è in rialzo dell’1% e il Dax dello 0,8% mentre l’Ibex 35 è più arretrato a +0,6%.
Anche nel comparto obbligazionario è rimasto tutto all’incirca come prima del rapporto, con una decisa discesa rispetto alla giornata di ieri per i rendimenti dei titoli di Stato europei. Il Btp decennale si attesta al 4,76% e il Bund al 2,85%, con lo spread fra i due in leggera diminuzione a 190 punti base.
Sul Forex, l’euro/dollaro conferma la ripresa registrata nel corso della mattinata e si mantiene in area 1,061, senza oscillazioni eccessive dopo la diffusione dei dati sull’inflazione.
Per quanto riguarda le aspettative implicite nei tassi swap, sono lievemente aumentate le proiezioni su un taglio dei tassi entro luglio/settembre 2024.
La view degli analisti di ING
“La debolezza della domanda e gli effetti base stanno attualmente incidendo favorevolmente sull’inflazione, ma l’aumento dei costi energetici e salariali mantiene vivo il rischio che l’inflazione possa rimanere al di sopra dell’obiettivo più a lungo di quanto sperato.” Lo affermano gli analisti di ING, commentando il report odierno sui prezzi al consumo della zona euro. Gli esperti sottolineano anche le “marcate differenze tra i Paesi, in gran parte dovute al modo in cui l’energia si traduce nei prezzi al consumo, ma anche alle differenze nella crescita dei salari e nella performance economica.”
In ogni caso, sembra troppo presto per cantare vittoria. In primis, perché “i prezzi dell’energia non sono scesi quanto previsto negli ultimi mesi e ora sono destinati a contribuire nuovamente in maniera positiva all’inflazione, poiché il prezzo del petrolio è salito sopra i 90 dollari al barile. Ci aspettiamo che ciò spinga soprattutto l’inflazione dell’Eurozona verso l’alto all’inizio del prossimo anno, e un contributo dell’1% all’inflazione principale non è inimmaginabile. Si tratta di un valore ben inferiore all’impatto dello scorso anno, ma comunque abbastanza consistente da ostacolare il raggiungimento dell’obiettivo del 2% della Bce”.
Resta poi molta incertezza in merito agli effetti di secondo impatto. “Nell’attuale contesto economico, molto più debole, le imprese indicano che il potere di determinazione dei prezzi si sta affievolendo. Questo sembra limitare qualsiasi significativa ripresa dell’inflazione. Tuttavia, i maggiori costi energetici e l’elevata crescita salariale – combinati con l’attuale debole produttività – dovrebbero continuare a esercitare pressioni al rialzo sull’inflazione nel 2024. Con la domanda che attualmente allevia le pressioni, ci aspettiamo che l’inflazione continui gradualmente a tendere al ribasso. Ma poiché l’incertezza sul ritmo della normalizzazione dell’inflazione persisterà per un certo periodo, tassi di interesse più alti per un periodo più lungo da parte della Bce rappresentano sicuramente uno scenario realistico, nonostante il calo molto promettente dell’inflazione di settembre.”