Inflazione, picco è qui? Occhio ai bond ma anche agli utili
Puntuale con la fine dell’anno arrivano le previsioni degli analisti sui prossimi 12 mesi. Tra queste si segnala quella di Robert Almeida, Portfolio Manager e Global Investment Strategist di MFS IM, intitolato “Uno sguardo al 2023 – La fine e l’inizio di un ciclo di utili“.
In primis, sull’inflazione, la grande protagonista di questi mesi, l’esperto sostiene che la decelerazione “dovrebbe fornire sostegno alle obbligazioni di alta qualità, ma probabilmente segnerà la fine del ciclo degli utili per gran parte degli emittenti”.
Alla domanda se l’inflazione abbia raggiunto o meno il suo picco, l’esperto precisa che “solo il tempo ci dirà se abbiamo raggiunto o meno il limite massimo dell’inflazione, la combinazione degli effetti base, del ritmo d’inasprimento più serrato di sempre delle condizioni finanziarie e dell’aumento delle probabilità di recessione dovrebbe portare a una decelerazione delle pressioni inflazionistiche nel 2023″.
“Tuttavia, così come hanno sottovalutato l’inflazione, credo che oggi gli investitori stiano sottovalutando il suo impatto sugli utili societari. Se da un lato il calo dell’inflazione può avvantaggiare le obbligazioni, dall’altro potrebbe rivelarsi problematico per gli utili e di conseguenza per i prezzi delle azioni“, aggiunge.
Per il 2023, continua Almeida, “sebbene l’inflazione dovrebbe decelerare ma rimanere elevata rispetto ai livelli pre-covid, il rallentamento dovrebbe imprimere slancio ad alcune obbligazioni selezionate, in particolare ai titoli sovrani di alta qualità, ai titoli delle pubbliche amministrazioni e alle emissioni investment-grade. E, rispetto alle azioni, le obbligazioni non raggiungevano livelli così convenienti da più di un decennio”.
“La decelerazione dell’inflazione – continua l’analista – è positiva per l’universo obbligazionario, tuttavia potrebbe mettere fine al ciclo degli utili e portare a una necessaria correzione dei margini di profitto”.
Ma non per tutti, precisa. Cosa significa?
Che le “aziende con prodotti o servizi non competitivi alle prese con costi del capitale elevati e spese per investimenti obbligatorie saranno quelle più a rischio. Un’inflazione più bassa ma ancora relativamente elevata rispetto al periodo post-crisi finanziaria globale potrebbe rendere impraticabili i salvataggi finanziari e il ritorno a regimi di tassi d’interesse artificialmente bassi. Questi asset diventeranno “attivi bloccati”.
“Per contro, benché gli investitori possano scoprire che anche le aziende ben gestite subiranno una seppur lieve correzione dei margini, l’opportunità di accrescere la quota di mercato e di controllare maggiori fonti reddituali porterà a performance operative ancora più positive nel lungo periodo. L’imminente rallentamento dell’inflazione e la recessione dei margini creeranno un nuovo ciclo reddituale positivo per le imprese con proposte di valore dimostrabili e la capacità di generare utili superiori al costo naturale del capitale. È uno sviluppo decisamente entusiasmante“, concludono.