Il rischio Italia pesa su UniCredit e Intesa SanPaolo: ‘fattori chiave Bce e legge bilancio’
Non solo Mps: la fiammata dei tassi dei BTP e dello spread che torna sopra la soglia pericolo della Bce mette gli investitori sull’attenti anche di fronte a UniCredit e Intesa SanPaolo:
“UniCredit, Intesa Dragged by 250-Bp Risks; ECB, Italy Budget Key”, scrive Bloomberg in un articolo. Ovvero “UniCredit e Intesa zavorrate dal rischio di 250 punti base( soglia pericolo per la Bce ); fattori chiave sono la Bce e la legge di bilancio“.
Bloomberg scrive che “la paura della sostenibilità del debito sovrano dell’Italia è ben lontana dall’essere scomparsa per le banche italiane, visto che i rischi di frammentazione, lo spread BTP-Bund per l’appunto, hanno raggiunto quota 250, nonostante il segnale lievemente positivo arrivato dalle elezioni: quello del minor successo incassato dalla Lega” di Matteo Salvini.
L’articolo lancia un chiaro avvertimento all’Italia che si appresta a essere capitanata da un #GovernoMeloni, sottolineando che “la legge di bilancio del nuovo governo sarà attentamente monitorata, visto che in ballo ci sono i $190 miliardi di finanziamenti (per l’Italia) del NextGenerationEU”.
Tra l’altro, concentrandosi sulle condizioni di salute delle banche italiane, l’agenzia di stampa sottolinea che “il rinnovo delle garanzie GACS sarà cruciale per gli NPL (crediti deteriorati-Non performing loans)” degli istituti.
Da segnalare che, nella giornata di ieri, i tassi sui BTP a 10 anni hanno sfiorato la soglia del 5%, balzando fino al 4,9% circa, sulla scia delle vendite scatenate che hanno colpito in generale i mercati dei debiti sovrani mondiali.
Intesa SanPaolo e UniCredit: YTD hanno fatto peggio della media
Bloomberg presenta una tabella in cui mette in evidenza il trend dei titoli delle banche Intesa SanPaolo e UniCredit, che nel 2022 hanno fatto peggio del valore medio delle banche europee del 10-15%;
ciò è avvenuto a causa dell’esposizione delle due banche verso la Russia, ma anche per le dimissioni di Mario Draghi e l’incertezza ora sulle politiche fiscali che verranno adottate dal Governo Meloni.
E’ vero, si legge nell’articolo, che “le banche italiane hanno recuperato lievemente terreno il 26 settembre scorso, quando gli exit poll hanno indicato la perdita di consensi sofferta in queste elezioni politiche dalla Lega di Matteo Salvini, suggerendo di conseguenza una pressione minore (da parte della Lega) sul nuovo governo euroscettico , volta a deviare in modo drastico” dalla necessità di osservare eventuali vincoli di bilancio.
Tuttavia, “i sostenitori dello slogan ‘Italy First’ personificato dall’imminente presidente del Consiglio Giorgia Meloni significa che il rischio che il nuovo governo sia in conflitto con l’Unione europea rimane”.
Bloomberg sottolinea che, fino a questo momento, Giorgia Meloni non ha manifestato un’avversione nei confronti delle banche, fattore che rende “la probabilità di una tassa sul settore piuttosto contenuta in Italia, vista la crescita irrisoria stimata per il Pil del paese nel 2023, inferiore al ritmo annuo dell’1%”.
Il vero problema è rappresentato dai rischi di frammentazione dell’area euro, ovvero dal trend dello spread BTP-Bund che, nel salire fin oltre la soglia di 250 punti base, ha testato il valore più alto dal 2019, superiore di quasi 20 punti base rispetto a quello precedente le elezioni politiche.
L’interrogativo è su cosa succederà se il trend rialzista del differenziale andrà avanti:
“Se gli spread rimarranno più alti della soglia di 250 punti in modo persistente (con una tendenza a salire ulteriormente), la Bce potrebbe decidere di dispiegare lo scudo” anti-spread salva BTP che ha annunciato tra l’altro proprio nel giorno delle dimissioni, il 21 luglio scorso, di Mario Draghi.
Si tratta dello strumento TPI (Transmission Protection Instrument), descritto dalla Bce come uno strumento che “contrasta le dinamiche di mercato non giustificate e disordinate, che rappresentano una grave minaccia per la trasmissione della politica monetaria in tutti i paesi dell’area euro”.
Doom loop, i BTP angustiano anche altre banche europee
Ma i BTP e il problema doom loop non angustiano ‘solo’ le banche italiane.
Come scrive ancora Bloomberg, “la sostenibilità del debito pubblico dell’Italia sarà attentamente monitorata da Credit Agricole e CaixaBank, che sono tra le principali detentrici dei BTP tra le banche europee non italiane”.
In realtà “il debito dell’Italia è concentrato nelle mani degli italiani, con le partecipazioni straniere (nei BTP & Co) che incidono per poco più del 30%, percentuale che include a sua volta una quota di appena il 5% in mano alle banche commerciali estere. Il valore aggregato dei BTP in pancia alle banche non italiane che Bloomberg ammonta a una cifra superiore ai 44 miliardi di euro”.
Dai dati di Bloomberg Intelligence, emerge in particolare che sono le banche spagnole, in media, a detenere più BTP, rispetto alle banche europee, come CaixaBank, Sabadell e Bankinter, esposte tutte verso il debito governativo italiano con una percentuale del loro CET 1 superiore al 30%.
C’è poi Credit Agricole, che detiene un ammontare significativo di BTP, insieme alla quota del 9% nel capitale di Banco BPM.
L’articolo indica dunque come, nell’attuale contesto, “le banche italiane potrebbero cercare di diversificare i loro investimenti in bond sovrani, puntando su titoli di stato che non siano BTP, visto l’aumento dei rischi sul capitale che potrebbe derivare dagli aggiustamenti da effettuare al bilancio”.
Detto questo – e qui c’è l’avvertimento che riguarda Mps e la piaga dei BTP in pancia – alcune banche che hanno investito pesantemente nei bond governativi dell’Italia fair-valued appaiono destinate a essere colpite”.
“Il 90% circa dei debiti sovrani presenti nel bilancio della banca Mps (si legge nell’articolo di Bloomberg) è costituito da debiti italiani, dunque da BTP & Co: di questo ammontare più della metà è valutato al prezzo corretto (fair value), e mentre l’ammontare totale incide sui risk-weighted asset per il 17% circa”.
Il rischio di svalutazione del capitale è dunque più che presente.
L’esposizione è certo molto più bassa presso altre banche italiane, come nel caso di Mediobanca – che ha visto il ratio di cui sopra scendere a giugno al valore minimo -e di Bper, che ha contabilizzato più del 90% dei bond governativi italiani a costi ammortizzati, elemento che rende questi BTP soggetti ad aggiustamenti solo quando vengono riclassificati o smobilizzati.
Banche e BTP: crisi potrebbe esplodere in qualsiasi momento
Insomma, conclude Bloomberg, “il balzo dei costi di finanziamento del debito ha creato una situazione fosca per l’Italia, e in qualsiasi momento potrebbe esplodere una crisi. I tassi dei BTP a 10 anni hanno superato i livelli a cui viaggiano prima del meeting di emergenza di giugno della Bce, e viaggiano in corrispondenza di valori che sono stati visti l’ultima volta prima che il Consiglio direttivo della Bce lanciasse il suo programma massiccio di QE”.
Ancora: “La traiettoria del rapporto debito-Pil dell’Italia è passata, nel corso di quest’anno, dall’anticipare un lieve ribasso nel corso dei prossimi 20 anni a salire in modo sostenuto. Il cambiamento – viene puntualizzato –è stato provocato soprattutto dalle aspettative di tassi (nell’area euro) più alti”.
D’altro canto, “i tassi più elevati dei bond non rischiosi stanno alimentando la preoccupazione sulla solvibilità dell’Italia, allargando lo spread tra i tassi dei BTP a 10 anni e i tassi swap sempre a 10 anni. Il rischio è che l’elevata inflazione rimanga e che i trader prezzino una Bce costretta ad alzare i tassi a livelli più vicini a quelli previsti negli Stati Uniti o nel Regno Unito”.