Governo Meloni e l’impatto sui tassi BTP e sullo spread. La view degli economisti: l’attenti è per Salvini
Si fa un gran parlare dell’effetto che un governo Meloni potrebbe avere sugli asset del made in Italy, in primis sui BTP e, di conseguenza, sullo spread BTP-Bund. E’ su questo che, in vista delle elezioni politiche 2022 del prossimo 25 settembre, si concentra una nota firmata dagli economisti di ING. In realtà, la view non è negativa a priori. Gli economisti di ING, almeno nel breve termine, non prevedono grandi scossoni per la carta italiana, con alcune condizioni considerate tuttavia sine qua non.
Tra queste, l’importanza che la leader di Fratelli d’Italia, data come prossima presidente del Consiglio, non dia troppo credito alle richieste del suo alleato Matteo Salvini. Guardando al mercato secondario, da qualche settimana lo spread BTP-Bund è praticamente congelato, mentre i tassi sui BTP a 10 anni sono saliti molto, scontando soprattutto la determinazione della Bce di Lagarde a fare di tutto per battere l’inflazione.
Nell’ultima riunione del Consiglio direttivo della banca centrale europea, lo scorso 8 settembre, i tassi di interesse dell’area euro sono stati alzati di ben 75 punti base, in quella che è stata la stretta record dalla nascita dell’euro.
Se, dalla fine del governo Draghi – 21 luglio, giorno delle dimissioni del presidente del Consiglio uscente – il trend dello spread è rimasto quasi invariato (la Bce più hawkish ha esercitato una pressione rialzista anche sui rendimenti dei Bund tedeschi), i tassi dei BTP sono stati interessati da maggiori oscillazioni.
Lo spread BTP-Bund viaggia praticamente poco distante dai livelli del 21 luglio, e ha oscillato tra un minimo a 204 (11/08) a un massimo a 237 (5/09). I tassi dei BTP a 10 anni sono invece in rialzo al 4,09% dal 3,45% di un mese fa, e rispetto all’1,16% di inizio anno.
Qual è a questo punto l’outlook per i bond italiani, che scontano anche l’incertezza politica?
Così scrivono gli economisti di ING:
“La performance dei bond italiani (BTP) verso e nei giorni delle elezioni deve essere valutata alla luce dei principali rischi a cui i bond fanno fronte. In primis, gli investitori guarderanno nervosamente al nuovo governo in attesa di segnali di divergenza fiscale rispetto alla precedente amministrazione (governo Draghi)”.
La paura à di un governo spendi e spandi, proiettato a fare della politica fiscale espansiva – più spesa pubblica, meno tasse – il suo pilastro portante.
ING non prevede però grandi cambiamenti, in particolare nella legge di bilancio per il 2023, la cui impostazione non dovrebbe risultare a suo avviso tanto diversa dall’impostazione del governo Draghi. E questo “senza alcun dubbio verrebbe visto dai mercati come un segnale incoraggiante”. “Molto dipende da questo fattore – sottolineano da ING.
Detto questo, “al di là della credibilità del nuovo governo sulle questioni fiscali, una qualsiasi deviazione dalle linee guida dell’Unione europea alimenterebbe i timori sul rischio, da parte dell’Italia, di perdere 69 miliardi di euro di aiuti e 123 miliardi di euro di prestiti che ha ottenuto con il piano NextGenerationEU”, avvertono gli esperti, riferendosi alla necessità, rimarcata da più parti, che il prossimo governo rispetti i contenuti del PNRR di Draghi.
In caso contrario, “L’Italia potrebbe anche (in questo caso) non essere considerata più paese avente diritto al sostegno della Banca centrale europea“.
Più in generale, come anticipato all’inizio, l’importante è che Giorgia Meloni riesca in qualche modo a imbrigliare il collega Matteo Salvini e che non accetti la proposta del leader della Lega di introdurre la flat tax o comunque di fornire un sostegno alle famiglie e alle aziende attingendo alle casse dello Stato, dunque facendo più deficit.
Se Meloni riuscirà in questa impresa, si legge nell’analisi della divisione di ricerca della banca olandese, “riteniamo che gli investitori daranno al nuovo governo il beneficio del dubbio”.
Certo, “è vero che su questa view incombe il rischio di tensioni (nella nuova maggioranza) sulla riattivazione del Patto di stabilità e crescita. Si tratta tuttavia di un rischio non immediato”.
Il governo Meloni potrebbe guadagnare inoltre credibilità nominando un funzionario di Bankitalia per la carica di ministro dell’economia. La nomina verrebbe infatti vista come ‘un segnale di stabilità e di continuità (con il governo Draghi) per quanto attiene le questioni fiscali”.
In definitiva, “se i segnali inviati saranno giusti, l’Italia potrà beneficiare di un ‘premio di stabilità’ “, sottolineano da ING, visto che “questo potrebbe essere uno dei governi più stabili dopo tanto tempo”. Attenzione, però: “Nessuno sa quanto questa luna di miele possa durare”.
E questo perché, “prima di tutto, non siamo sicuri se e quando un governo guidato da Fratelli di Italia potrebbe decidere di adottare un atteggiamento più aggressivo nei confronti di Bruxelles, anche al di là della politica fiscale. Seconda cosa, in quanto il contesto macroeconomico non è certo favorevole ai bond periferici”.
A Meloni beneficio dubbio, disastro Salvini noto
Sul rischio Salvini è d’accordo con gli economisti di ING Economics Edoardo Secchi, presidente fondatore di Italy-France Group, imprenditore, investitore, consigliere economico
“C’è una parte dell’establishment internazionale che riconosce a Meloni il beneficio del dubbio, in quanto la leader di Fratelli d’Italia non ha mai governato e, se vogliamo, rappresenta in qualche modo il nuovo. Come presidente del Consiglio potrebbe rivelarsi meglio di quanto appaia, e a questa possibilità guardano anche i mercati. Salvini, invece – ha spiegato Secchi – è conosciuto come una persona impreparata, inaffidabile: un politico che ha tradito i valori dello stesso partito. Salvini non lo digerisce nessuno e questo conta molto a livello internazionale. In sintesi, i mercati e l’establishment preferiscono dare un po’ di credito a Meloni, perché è nuova piuttosto che a Salvini (ricordiamoci la figuraccia che ha fatto in Polonia, vista da tutti)“.
A conferma della credibilità minima del leader della Lega, rimarca il presidente fondatore di Italy-France Group, c’è anche il paradosso dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che “preferisce addirittura il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte a lui. I dubbi sui legami della Lega con la Russia rendono inoltre Matteo Salvini persona ricattabile e manipolabile”.
Secchi ricorda comunque che Giuseppe Conte non è certo migliore di Salvini, idem Luigi Di Maio, “e questo perchè tutti questi soggetti rappresentano la peggiore forma di populismo”.
Su Meloni, Secchi avverte che la leader di FdI sarà comunque “costretta a smussare i toni. Ed è molto probabile che, al di là della facciata democratica delle elezioni politiche del prossimo 25 settembre, che davvero alla fine verrà telecomandata da Draghi. Ridurre debito, avviare le riforme: saranno insomma questi i diktat a cui anche l’Italia di Meloni dovrà sottostare“.
Da ING fanno notare, di fatto, che “i tassi decennali italiani stanno già flirtando con il 4%, in una situazione in cui noi riteniamo che i tassi dell’area euro continueranno a salire, sebbene a un ritmo più lento“. Inoltre, la Bce “ha preso la decisione di reivestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP e potrebbe attivare anche il (cosiddetto scudo salva-BTP e/o scudo anti-spread) lo TPI (Transmission Protection Instrument), così limitando la velocità, ma non il livello, di un qualsiasi eventuale allargamento dello spread”.
La view di ING sul trend dei BTP nel periodo verso le elezioni politiche 2022 presenta toni chiaro-scuri: da un lato gli economisti parlano di un “relief rally”, di un rally da sospiro di sollievo per i BTP, nel breve termine. Dall’altro, avvertono che “a fronte di qualsiasi performance migliore i bond italiani dovessero mettere a segno rispetto ad altri mercati dei bond della periferia, come quelli di Grecia e Spagna, il rischio di un allargamento rispetto ai rendimenti dei titoli dei paesi core si ripresenterebbe nel momento in cui la Bce decidesse di andare avanti con le sue manovre monetarie restrittive”.
Il riferimento degli economisti è, in particolare, “alle voci persistenti di un Quantitative Tightening nel meeting di ottobre“, ovvero all’eventuale intenzione della Bce di Christine Lagarde di ridurre il proprio bilancio, gonfiato dai titoli di stato dell’Eurozona che l’Eurotower ha acquistato negli ultimi anni, BTP in primis.
In ogni caso, “qualunque decisione la Bce prenderà – spiegano da ING – dubitiamo che possa tradursi in una riduzione significativa dei BTP detenuti. Una soluzione potrebbe essere accettare il costo di avere un bilancio gonfiato a fronte di un aumento dei tassi, o adottare una politica monetaria differenziata, che potrebbe vedere la Bce liberarsi delle partecipazioni dei bond dei mercati core (come nel caso della Germania), più che di quelli della periferia dell’area euro (dunque anche dei BTP). In entrambi i casi – sottolineano da ING – gli spread italiani si allargherebbero, ma non al punto da scatenare nell’immediato una crisi dei debiti sovrani”.
Una certa fiducia nei confronti del governo Meloni è arrivata anche da Scope Ratings, che ha ricordato che il governo che si appresta a guidare l’Italia sa benissimo che l’acquisto di BTP da parte della Bce nell’ambito del cosiddetto strumento TPI dipenderà, tra gli altri fattori, “da un comportamento economico e fiscale che sia prudente”.
Questo significa che, “qualsiasi indicazione di un’Italia che deviasse dai suoi impegni ad avviare una politica solida scatenerebbe subito la reazione degli investitori, provocando un ulteriore allargamento dei tassi dei BTP”.
Scope Ratings snocciola tra l’altro le sue previsioni sul debito e sul deficit dell’Italia:
“Il debito pubblico dovrebbe rimanere elevato, attorno al 145-150% del Pil nel corso dei prossimi anni, 15-20 punti percentuali circa al di sopra dei livelli precedenti il Covid, traducendosi in un fabbisogno finanziario lordo elevato, pari a circa il 25%-30% del Pil”.
Di conseguenza, “con i tassi sui BTP a 10 anni già attorno al 4%, questo implica che il prossimo governo italiano avrebbe uno spazio di manovra molto limitato, considerato il debole outlook di crescita di medio termine. In queste circostanze – sottolineano da Scope Ratings – saremmo sorpresi se il nuovo governo italiano deviasse in misura importante dalle attuali riforme e dall’attuale politica fiscale, essendo questo un atteggiamento che metterebbe a rischio le relazioni al momento solide tra l’Italia e l’Unione europea. Piuttosto, prevediamo per l’Italia un’ampia convergenza e una continuità con l’Ue, al fine di accedere a quel sostegno eccezionale dalle istituzioni europei in scenari di stress. E questo outlook sostiene in modo cruciale il nostro outlook stabile e il nostro rating sul debito italiano a “BBB+”.