Goldman Sachs: Bitcoin utilizzato come moneta? Possibile, a queste condizioni. Ma davvero tanti gli ostacoli
Il Bitcoin potrebbe avere successo come moneta? In teoria sì. E’ quanto ritiene Goldman Sachs, nell’analisi “Bitcoin as money” in cui esamina il mondo delle criptovalute.
Per la banca d’affari la moneta digitale numero uno al mondo, che sta perdendo smalto a causa delle continue strette e minacce che arrivano dalle autorità di diversi paesi – in primis la Corea del Sud – può dunque rivestire il ruolo di moneta, ma con diversi “se”.
“Deve dimostrare di riuscire a facilitare le transazioni a costi bassi e/o allo stesso tempo garantire ritorni migliori risk-adjusted per i portafogli”. Questo, come premesso, in teoria.
In pratica, la questione è più complicata: “Le valute delle economie più avanzate assicurano già questi servizi monetari e lo fanno piuttosto bene”.
Inoltre, se “la tecnologia blockchain diventerà dominante, così come sembra, i requisiti (necessari affinché il Bitcoin venga utilizzato alla stregua di moneta) potrebbero diventare ancora più severi. Detto questo – scrive Goldman Sachs – il Bitcoin, e più in generale le criptovalute, potrebbero offrire una valida alternativa in paesi e angoli del sistema finanziario dove i servizi tradizionali di moneta non sono sufficienti”.
A tal proposito, “osserviamo alcuni segnali che dimostrano come la domanda per le criptovalute possa essere legata all’insoddisfazione verso gli attuali sistemi monetari“.
A tal proposito, Goldman Sachs mette in evidenza che uno studio su Google Trend mostra che la più alta intensità di ricerca per la parola “Bitcoin,” nel corso degli ultimi cinque anni “è arrivata dalla Nigeria, dal Sud Africa e dal Ghana, tutti paesi caratterizzati da instabilità valutarie e/o restrizioni sull’utilizzo delle monete straniere, e posti in cui forme alternative di moneta potrebbero assistere allo sviluppo di una domanda naturale. In più, i volumi di scambio del Bitcoin sono saliti in modo molto sostenuto in Cina a seguito dell’imposizione dei controlli sui capitali nel 2016, per poi collassare quando le criptovalute sono state regolamentate in modo più severo, lo scorso anno”.
Tra gli ostacoli che tuttavia si presentano, c’è il fatto che le criptovalute sono asset privi del supporto di una qualsiasi banca centrale. Ciò le rende secondo Goldman vulnerabili in quanto strumenti per combattere l’inflazione, ma anche vulnerabili nei confronti delle fluttuazioni dei prezzi alimentate dalla domanda.
“Una volatilià del genere le rende poco adatte a essere in generale un sostituto della moneta, un motivo tra l’altro per cui la maggior parte delle nazioni ha alla fine abbandonato il Gold Standard a favore delle valute fiat, che possono più facilmente stabilizzare il potere di acquisto della moneta, attraverso quei necessari aggiustamenti dell’offerta che avvengono in risposta alla domanda”.
In definitiva, “le recenti fluttuazioni del Bitcoin e di altre monete digitali suggeriscono che si tratta di strumenti troppo volatili che possano essere utilizzati come moneta”.