Goldman rivede stime su tassi dopo Fed. Ecco i fattori che guideranno le prossime decisioni
La Fed tira dritto nel percorso di aumento dei tassi per contrastare l’inflazione. Ieri ha alzato i tassi dello 0,75% per la terza volta consecutiva portandoli fra il 3% e 3,25%, il livello più alto dalla crisi del 2008. La Fed ha avvertito che la politica monetaria rimarrà restrittiva con altri rialzi dei tassi e prevede di aumentare ulteriormente di 100-125 pb quest’anno. Dal dot plot emerge che i funzionari puntano su nuovi rialzi dei tassi fino a raggiungere il tasso terminale del 4,6% nel 2023. Inoltre, le previsioni di crescita per il prossimo anno sono state riviste al ribasso.
“L’inflazione resta il nemico principale a cui la Fed ha dichiarata guerra, a costo anche di far deragliare la crescita economica (purtroppo non esiste una diversa medicina)”, argomenta Gabriel Debach, market analyst di eToro.
Powell ha sottolineato come per avere un rallentamento o una pausa nel rialzo dei tassi sarà necessario vedere una crescita sotto trend, un miglior equilibrio tra domanda e offerta sul mercato del lavoro, e una chiara evidenza che l`inflazione stia tornando verso il target del 2%.
Goldman rivede stime su picco tassi
Dopo l’annuncio Fed tra gli analisti c’è chi ha già rivisto al rialzo le previsioni sui tassi. Goldman Sachs in particolare ha aumentato le previsioni per il ritmo di aumento dei tassi di interesse della Fed e ora prevede aumenti dei tassi di 75 punti base a novembre, 50 punti base a dicembre e 25 punti base a febbraio per un tasso massimo sui fondi del 4,5%-4,75% rispetto al 4%-4,25% precedente. I principali fattori che guideranno il percorso dei tassi fed funds nel 2023 includono la velocità con cui la crescita, assunzioni e inflazione rallenteranno e secondo Goldman, sebbene ci siano rischi in entrambe le direzioni, il rischio maggiore è che sarà necessario un tasso di picco più elevato per invertire il surriscaldamento rispetto al fatto che la Fed si fermi prima.
I funzionari della Fed hanno tagliato le proiezioni di crescita, aumentato le stime di disoccupazione e hanno ripetutamente parlato del ‘doloroso rallentamento necessario’ per frenare le pressioni sui prezzi ai livelli più alti dagli anni ’80.
Dollaro avanti tutta
Tutto ciò indica un dollaro USA ancora più forte con una reazione rialzista dopo la decisione del FOMC. Il Dollar Index questa mattina si è spinto fino a 111,814 sui nuovi massimi dal 2022 e con un saldo da inizio anno arrivato a +16,6%. “Una Fed che spinge avanti con l’inasprimento pur riconoscendo i rischi di recessione ha tutti i tratti distintivi (sebbene minori) dei primi anni ’80 negli Stati Uniti, quando Paul Volcker era al timone della Fed”, spiega Chris Turner, Global Head of Markets e Regional Head of Research per UK e CEE di Ing.
Quel periodo ha visto una massiccia inversione della curva dei rendimenti quando Volcker ha mandato l’economia in recessione e il dollaro è salito alle stelle. “Se ci fosse una mini-ripetizione di quell’ambiente – aggiunge Turner – verrebbe da pensare che lo sarebbe nei prossimi 6-12 mesi. E con il Dollar Index che ora va avanti con un certo slancio, i grafici a lungo termine non indicano molta resistenza prima di 120, ossia circa il 7% in più rispetto ai livelli attuali. Ciò equivarrebbe a EUR/USD e USD/JPY scambiati rispettivamente vicino a 0,92 e 155″.