Gas: continua il rally (+67%) in scia al taglio delle forniture da Gazprom. Europa sempre più a rischio razionamento
Continua ad essere sotto pressione il gas che anche oggi si trova in rialzo del 15% sulla scia di molteplici problemi legati all’offerta. Il gas TTF quotato sul mercato olandese nel giro nel tre sedute è passato da 83 agli attuali 143 €/megawattora, con un rialzo di oltre il 67%.
Dal punto di vista grafico dopo la fiammata di inizio marzo (dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina) che ha portato il prezzo del gas fino al massimo storico in zona 260 €/megawattora, i prezzi si sono incanalati in una fase laterale e in particolare nel trading range compreso tra 78 e 125 €/MWh. Tuttavia, con il rally delle ultime 3 sedute i prezzi hanno violato al rialzo il livello di resistenza posto a 125 €/MWh e i prossimi target al rialzo sono prima area 150 €/MWh e poi l’ambizioso ritorno verso i 200 €/MWh. L’attuale situazione di eccesso e stress dei prezzi è segnalata anche dall’oscillatore di momentum Rsi che dopo essere rimasto in zona neutra per 3 mesi è entrato ora in area di ipercomprato a quota 78, sottolineando la forza delle pressioni rialziste in questa fase di mercato.
Cosa sta infiammando di nuovo il gas europeo?
La corsa del gas di quest’ultima settimana è spinta dalla riduzione improvvisa delle forniture da parte di Gazprom, che dopo aver tagliato l’export di gas del 40% verso la Germania, nella giornata di ieri il monopolista russo ha apportato un nuovo taglio del 33% verso Berlino e inoltre ha comunicato a Eni una riduzione della fornitura del 15% verso l’Italia. A Berlino, Gazprom ha motivato la parziale chiusura del rubinetto del gasdotto Nord Stream, a seguito della mancanza di una turbina prodotta dalla società tedesca Siemens, a causa delle sempre più stringenti sanzioni verso Mosca. Al governo italiano, invece, il fornitore russo non ha fornito per il momento alcuna spiegazione ufficiale.
Mentre si fa sempre più concreta la minaccia della chiusura dei rubinetti, nella giornata di ieri, il ministro dell’economia tedesco Robert Habeck, ha denunciato apertamente Vladimir Putin di aver commesso una ritorsione politica che mira a far alzare nuovamente i prezzi, dopo che una settimana fa sono scesi ai minimi dallo scoppio del conflitto in Ucraina. Eni spiega al governo italiano che il taglio del 15% al nostro Paese non desta allarmi particolari, anche perché in questa fase per ragioni commerciali i flussi da Mosca sono ridotti. Tuttavia, questa mossa di Gazprom fa salire i prezzi, rendendo più costoso riempire gli stoccaggi e manda un chiaro segnale di allarme in vista della stagione invernale, quando i consumi aumenteranno e peserà maggiormente un’eventuale riduzione dei flussi di gas.
“Se prolungata, questa interruzione avrà un impatto sulla capacità dell’Europa di continuare a costruire scorte al ritmo che abbiamo visto di recente, il che potrebbe rendere il mercato più vulnerabile nella prossima stagione di riscaldamento”, rimarcano questa mattina gli esperti di Ing.
A riguardo la Commissione europea fa sapere che gli stock comuni europei in vista dell’inverno al momento sono attorno al 52-53% e uno stop prolungato di gas avrebbe pesanti ripercussioni economiche che si cerca di scongiurarle cercando di diversificare al massimo le fonti di approvvigionamento energetiche.
Inoltre, Nord Stream subirà la sua consueta manutenzione annuale dall’11 al 21 luglio, che vedrà i flussi lungo il gasdotto fermarsi completamente durante quel periodo.
Stop di Freeport
Oltre alle limitazioni dei flussi di gas provenienti da Nord Stream, abbiamo un altro elemento di preoccupazione sul mercato del gas naturale liquefatto (GNL). La settimana scorsa infatti è scoppiato un incendio al terminale GNL in Texas di Freeport, uno dei maggiori produttori ed esportatori di gas naturale liquefatto degli stati uniti. Secondo le prime stime l’impianto doveva rimanere inattivo per tre settimane ma oggi l’operatore americano ha detto che potrebbero volerci addirittura 90 giorni per vedere una parziale riapertura della struttura; mentre un ritorno alla piena operatività al momento non è prevista fino a fine 2022.
L’impianto di Freeport rappresentava una fonte alternativa di approvvigionamento per l’Europa per riempire gli stoccaggi per il prossimo inverno, soprattutto alla luce dell’intensificarsi del conflitto in Ucraina che rende sempre meno certi i flussi dalla Russia.
E il petrolio?
Anche il mercato petrolifero è sotto pressione e al momento il Brent quota 117 mentre il Wti sale a quota 114 $/barile. L’IEA (agenzia internazionale dell’energia) ha pubblicato ieri il suo rapporto mensile sul mercato petrolifero, che include anche le previsioni per il 2023. L’agenzia prevede che la domanda globale di petrolio crescerà di 2,2 milioni di barili al giorno nel 2023 per raggiungere quota 101,6 milioni di barili/giorno, superando quindi i livelli pre-Covid. Questa crescita è anche più forte della crescita della domanda prevista per quest’anno a 1,8 milioni di barili/giorno. Il ritmo accelerato di crescita del prossimo anno riflette le aspettative di una robusta ripresa della domanda dalla Cina. Per quanto riguarda l’offerta, si prevede che l’offerta dei Paesi non OPEC+ crescerà sia nel 2022 che nel 2023 rispettivamente di 1,9 milioni di barili/giorno e 1,8 milioni di barili/giorno. Inoltre, la produzione dell’OPEC+ dovrebbe diminuire il prossimo anno a causa delle sanzioni contro la Russia; e questo significa che potenzialmente il mercato globale rimarrà in deficit nel 2023, il che implica un’ulteriore riduzione delle scorte globali.