Garzarelli (Goldman Sachs): Italia soffre rischio sistemico euro quattro volte rispetto a Francia. Outlook BTP in vista delle elezioni
Le tensioni sui BTP italiani arriveranno “solo a due mesi dal voto”. E’ quanto ritiene Francesco Garzarelli, co-chief economist di Goldman Sachs. In occasione di un incontro che si è svolto a Roma presso lo studio legale Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli partners, Garzarelli ha rilasciato un’intervista al Sole 24 Ore.
“Abbiamo calcolato in Goldman Sachs la dimensione temporale di quando il mercato si focalizza su un evento politico, e quando inizia a fare hedging. Questo avviene circa due mesi prima dell’evento: il mercato non ha tempo, voglia, pazienza, di iniziare a fare hedging molto in anticipo, non si muove fino a 60 giorni prima dell’evento”.
In ogni caso secondo Garzarelli i tassi sui BTP “non dovrebbero salire molto, perchè ci sono fattori che li tengono bassi, tra questi il QE: la Bce acquista il 50% delle emissioni lorde dei titoli di stato italiani”.
Inoltre, attraverso lo stesso QE, Bankitalia detiene il 25% del debito pubblico italiano e “questo stock resterà in Bankitalia per molti anni, tenendo i tassi permanentemente bassi. Abbiamo calcolato che il QE ha un effetto al ribasso sui rendimenti dei Bund di 50-60 centesimi. Per questo il rendimento dei Bund non salirà al 2%”.
Certo, “l’alto premio che paga l’Italia è dato dalla bassa prospettiva di crescita, che mantiene lo spread ampio. Il rischio politico italiano viene soppesato dai mercati per come la politica possa influire sulla crescita con le riforme strutturali, le liberalizzazioni”.
Detto questo il debito pubblico europeo, sottolinea Garzarelli, è come quello giapponese, ovvero quasi del tutto detenuto da residenti.
E due terzi del debito pubblico italiano sono in mano agli italiani, il che significa che “se i rendimenti saliranno, i risparmiatori, le famiglie potrebbero aumentare i loro acquisti”.
In un contesto in cui è la stessa Bce, come dimostra il rapporto sulla stabilità finanziaria diffuso ieri dall’istituto, ad avvertire che un eventuale repricing dei bond dell’Eurozona potrebbe provocare forti perdite di capitale per gli investitori, la preoccupazione dei mercati si focalizza sul rischio Italia. Non solo per i deboli fondamentali del paese, e per l’elevato debito pubblico ma, anche, per le imminenti elezioni politiche.
D’altronde, non è un mistero che il QE lanciato da Draghi, battezzato scudo BTP, abbia per l’appunto salvato, tra gli altri, i titoli di debito italiano dagli attacchi speculativi al ribasso, presentatisi nella crisi dei debiti sovrani del 2011-2012.
Ma il quadro è destinato a cambiare presto: si parla ormai più spesso di tapering imminente della Bce, con cui la banca centrale guidata da Mario Draghi inizierebbe a staccare, seppur gradualmente, la spina del Quantitative easing. E, nel caso dell’Italia, c’è il cruciale appuntamento delle elezioni politiche.
D’altronde, l’aumento dei rendimenti è stato evidente nel periodo precedente le elezioni presidenziali in Francia, e Garzarelli segnala che sui BTP influisce molto anche la componente di rischio sistemico dell’euro.
A tal proposito, dice l’esperto, l’Italia ne soffre per quattro volte rispetto alla Francia.
E’ vero comunque che “questo rischio sistemico è basso, in una scala da zero (nessuna preoccupazione sul futuro dell’euro) a 100 (preoccupazione massima), ora si trova a 20, nella media storica”.
Eppure i timori sull’Italia e sull’intera Europa rimangono, come fa notare in un editoriale pubblicato oggi sempre sul Sole 24 Ore dall’economista Marco Onado.
Riferendosi al rapporto della Bce, Onado scrive che :
“I mercati finora sembrano tranquilli, ma l’analisi della Bce osserva che già per la Grecia vi sono state reazioni negative e ammonisce che gli effetti di contagio sono sempre dietro l’angolo: basti ricordare con che rapidità la crisi greca si diffuse in Eurolandia nel 2010. Senza mezzi termini, la Bce ci dice che si profila nuovamente lo spettro della sostenibilità del debito pubblico, con la sua coda in termini di ‘spirale’ diabolica’ (come lo ha definito una ricerca del Cper di Londra) fra rischio Paese e situazione patrimoniale delle banche”.