Notizie Notizie Italia Ftse Mib: cosa è cambiato nei cda delle grandi aziende

Ftse Mib: cosa è cambiato nei cda delle grandi aziende

30 Aprile 2019 10:20

Si può affermare che il 2018 è stato un anno all’insegna della stabilità in tema di compensi riconosciuti agli amministratori delegati delle principali società quotate sul Ftse Mib. Ed è stato allo stesso tempo un anno in cui le quota rosa sono aumentate: il 36% dei board è composto da donne, un dato che è in costante crescita negli ultimi cinque anni (era al 23% nel 2014). E nel 2018 il focus si è sempre più spostato sulla tematiche della sostenibilità, con le componenti Environmental Social Governance (ESG) sempre più valorizzate, in linea con le best practice europee.

Queste sono solo alcune delle principali evidenze contenute nella settima edizione dell’ormai tradizionale studio annuale condotto da Mercer sui compensi dei cda delle società quotate sull’indice Ftse Mib. Un’indagine che ha analizzato analizzare livelli e strutture retributive dei relativi vertici aziendali, prendendo in considerazione 36 aziende appartenenti al principale listino di Borsa Italiana. Tra le big del Ftse Mib, spiega la società di consulenza direzionale, sono state escluse dall’analisi Tenaris e STMicroelectronics in quanto di matrice estera, e non sono compresi nelle analisi i dati di Exor e Poste Italiane non ancora disponibili.

Ma cosa ci racconta più nel dettaglio dallo studio? Il punto di partenza è che il 2018, anno di performance azionarie deboli, mostra una sostanziale continuità, o una lieve flessione, nelle remunerazioni degli a.d. Anche in materia di politiche retributive, risulta evidente la sempre maggior presenza delle tematiche ESG e un forte attivismo degli investitori istituzionali, da cui nasce un maggior rilievo sull’importanza della comunicazione con tutti gli stakeholders. E ancora. Per la prima volta la ricerca registra, oltre alla rappresentatività della diversity nei board in costante miglioramento, un ceo donna nel panel indagato.

“In un 2018 caratterizzato dalla debolezza del Ftse Mib, dal mutato perimetro del panel e dalla successione a figure che avevano caratterizzato la storia economica recente del Paese, la nostra ricerca ha mostrato il riflettersi di queste tendenze sui compensi complessivi. D’altra parte, registriamo invece con favore numerosi segnali che attestano come i criteri ESG siano entrati a pieno titolo tra le metriche all’attenzione dei board italiani”, spiega Marco Valerio Morelli, amministratore delegato Mercer Italia.

Sul fronte dell’incentivazione variabile ci sono due fenomeni in atto, secondo Morelli. Il primo fenomeno è che
il tradizionale binomio tra variabile di breve e lungo termine va sfumando, in collegamento con la diffusione
crescente anche nel settore industriale di elementi, quali il differimento nel tempo delle erogazioni, la
compresenza di diversi piani ed il co-investimento. Il secondo fenomeno, invece, è che nel pay-mix (ossia l’insieme della componente fissa e variabile nella retribuzione). complessivo dei ceo la componente variabile assume sempre maggior peso, superandone abbondantemente la metà. “Un riscontro – spiega l’a.d. di Mercer Italia – senza dubbio positivo in termini di collegamento tra performance e pay, che continua a dimostrare come il management sia costantemente incentivato alla creazione di valore per l’azionista, un punto di attenzione invece in fasi borsistiche non favorevoli per motivi sistemici più ampi, laddove le performance industriali siano invece stabili o positive, come accaduto nel 2018”.

Ma quanto costa la governance delle aziende quotate del Ftse Mib? Il costo complessivo sostenuto dalle aziende ammonta a circa 61 milioni di euro. Sulla questione Sara Bottaro, responsabile della ricerca e della Practice Executive Compensation per Mercer Italia, rimarca: “Sempre più aziende entrano nel merito del costo della governance, alla ricerca del giusto bilanciamento tra costi sostenuti ed efficacia del sistema. Complessivamente il costo sostenuto dalle aziende Ftse Mib è pari a circa 61 milioni”.

E ancora spiega Bottaro: “L’individuazione del più opportuno punto di equilibrio non ha solo a che fare con il quantum, ma implica una riflessione critica su numerosi fattori, quali ad esempio, la struttura dei compensi, il numero di comitati necessari per l’efficace azione del Board, l’articolazione dei processi e dei meccanismi di funzionamento del sistema di governance, le migliori e più opportune competenze rappresentate all’interno del board”.