Franco svizzero scivola su euro a minimo dal 2015. Attesa per la Fed, outlook gestori fondi
Focus sul franco svizzero, che è sceso al minimo in più di due anni nei confronti dell’euro. La valuta ha scontato lo smorzarsi delle tensioni legate alle minacce della Corea del Nord, fattore che si è tradotto nella minore richiesta di valute considerate rifugio, di cui fa parte appunto la moneta elvetica.
Il franco è sceso fino a mezzo punto percentuale circa, a un valore di 1,1565 franchi per euro, il minimo dal 15 gennaio del 2015, giorno in cui la Banca centrale svizzera, la Swiss National Bank, decise di abbandonare il tetto all’euro.
La fase di indebolimento della valuta continua se si considera che, a parte qualche acquisto scatenato dall’avversione al rischio degli investitori, il franco svizzero ha perso più dell’8% nei confronti dell’euro dall’inizio dell’anno, motivo per cui la SNB è stata costretta, in occasione della riunione della scorsa settimana, a fare un passo indietro rispetto a quanto detto negli ultimi tre anni, ovvero che il franco è “sopravvalutato in modo significativo”, sostituendo la frase con quella meno forte secondo cui la moneta rimane “altamente prezzata”.
Detto questo, secondo gli analisti intervistati da Reuters, il cambiamento non dovrebbe preludere a un allontanamento da parte della banca centrale svizzera dalla politica monetaria ultra accomodante degli ultimi anni. I tassi di interesse, per esempio, sono stati lasciati invariati nell’ultimo meeting e confermati dunque a un valore negativo.
La forza dell’euro nei confronti del franco svizzero continua nella sessione odierna, con il cambio che sale alle 14.30 circa ora italiana di +0,37%, a CHF 1,1539. In attesa dell’annuncio della Fed, il dollaro si indebolisce. Il rapporto euro-dollaro sale dello 0,23% circa a $1,1982, mentre nei confronti dello yen il biglietto verde è poco mosso a JPY 111,47.
In ogni caso, da un sondaggio di Cnbc emerge che, a prescindere da quello che potrà prezzare il mercato, la maggioranza degli economisti, gestori dei fondi e strategist intervistati ritiene che una nuova stretta monetaria, da parte della Federal Reserve, ci sarà. In particolare, il 76% degli interpellati ritiene che l’istituto alzerà i tassi di interesse in occasione della riunione di dicembre.
La percentuale si discosta in modo notevole dalle attese dei mercati, con diversi indicatori che scommettono su una stretta a dicembre con una probabilità compresa tra il 43% e il 55%.
In media, gli economisti prevedono due-tre strette monetarie nel 2018, e altri rialzi dei tassi fino a quando la Fed porrà fine alla sua politica restrittiva, nel secondo trimestre del 2019, quando il costo del denaro sarà stato portato fino al 2,9%.
Tutti i 42 esperti intervistati ritengono che non ci sarà alcuna sorpresa nella giornata di domani, mentre il 68% crede che la banca inizierà a ridurre il peso degli asset del valore di $4,5 trilioni che gravano sul suo bilancio a seguito delle varie operazioni di Quantitative-easing entro il mese di ottobre.
Il rischio di recessione viene considerato pari al 19%, in lieve calo rispetto a luglio, e le politiche commerciali improntate al protezionismo sono considerate la minaccia più grande all’economia Usa. Al secondo posto nella classifica dei rischi compaiono le tensioni geopolitiche.