Fmi: caccia ai rendimenti, investitori puntano su asset più rischiosi e meno liquidi. Alert banche sistemiche
Il sistema finanziario globale si sta rafforzando e la stabilità è migliorata. Tuttavia, nonostante “sembri un paradosso”, incombono all’orizzonte nuovi pericoli, a causa della crescita delle vulnerabilità finanziarie. “Questo è il motivo per cui le autorità dovrebbero agire ora per tenere sotto controllo tali vulnerabilità”. Così afferma Tobias Adrian, direttore della divisione di mercati monetari e dei capitali presso l’Fmi, nel commentare il Global Financial Stability Report.
A dispetto del miglioramento della stabilità finanziaria globale, insomma, Adrian fa notare che “la ripresa dalla crisi finanziaria non è ancora completa”.
Certo, “i banchieri centrali, giustamente, stanno assicurando politiche monetarie accomodanti al fine di sostenere la crescita. Ma proprio tale fattore sta alimentando la compiacenza e si sta traducendo in un ulteriore aumento degli eccessi sui mercati finanziari. I debitori non finanziari stanno sfruttando il credito facile per accumulare debiti. Gli investitori stanno acquistando asset sempre più rischiosi e meno liquidi. Se tale situazione sarà lasciata a se stessa, le crescenti vulnerabilità continueranno a salire, minacciando di deragliare la ripresa economica in caso di shock”.
Elementi per essere ottimisti ci sono: “i bassi tassi di interesse e la crescita dei prezzi degli asset stanno alimentando la crescita. Le grandi banche, quelle sistemiche – così chiamate perchè sarebbe sufficiente il fallimento di una sola, tra esse, per far tremare il sistema finanziario – hanno aggiunto dal 2009 $1 trilione ai loro cuscinetti di capitale”.
Tuttavia, i rischi ci sono e sono rappresentati sia dai rapporti debito-Pil dei paesi del G20 che sono elevati più di quanto lo fossero nel periodo precedente la crisi, sia a causa dell’atteggiamento stesso degli investitori.
Il funzionario fa riferimento al fenomeno della caccia sfrenata ai rendimenti: “prima della crisi, c’erano $16 trilioni di bond con rating investment-grade relativamente sicuri, che rendevano più del 4%. L’ammontare è sceso ad appena $2 trilioni di oggi. Semplicemente, ci sono troppi soldi che rincorrono asset ad alti rendimenti che sono diventati troppo pochi. E il risultato è che gli investitori stanno assumendo sempre più rischi ed esponendosi a perdite maggiori in caso di crolli dei mercati“.
“Nel complesso, gli investitori stanno diventando più compiacenti su shock potenziali che potrebbero provocare turbolenze nei mercati. Questi includono rischi di natura geopolitica, balzo dell’inflazione, e un improvviso rialzo dei tassi di interesse di lungo termine”.
Tra le misure auspicate, “le principali banche centrali possono evitare di creare turbolenze di mercato spiegando in modo approfondito i loro piani per iniziare a ridurre in modo graduale le politiche adottate durante la crisi”; ancora, le autorità di regolamentazione finanziaria dovrebbero varare misure macroprudenziali per scoraggiare i prestiti più rischiosi, come fissare limiti sui ratio loan-to-value nei mutui“.
I mercati emergenti dovrebbero concentrarsi sull’accumulare più capitali e cuscinetti di liquidità, aumentando le riserve”, e gli organi di supervisione dovrebbero focalizzarsi “maggiormente sui modelli di business delle banche, al fine di assicurare una redditività sostenibile”.
A tal proposito, fa notare Adrian, “stimiamo che quasi un terzo delle banche sistemiche, con asset per un valore di $17 trilioni, farà fatica a raggiungere la redditività necessaria ad assicurare la loro resilienza agli shock”.