Notizie Notizie Mondo Europa centrale e orientale: Crescita robusta, ma pesano euroscetticismo e demografia

Europa centrale e orientale: Crescita robusta, ma pesano euroscetticismo e demografia

14 Febbraio 2018 10:43

 

 
Il 2017 è stato caratterizzato dall’accelerazione della crescita economica europea. La ripresa economica europea ha superato infatti le aspettative, attestandosi al 2,3% nel 2017. Ma, anche se tutti i Paesi dell’area hanno partecipano a questo trend, la ripresa è stata davvero notevole nei Paesi dell’Europa centrale, orientale e sudorientale. Nel terzo trimestre del 2017, l’economia in Slovacchia è cresciuta del 3,5%, in Bulgaria del 3,9%, in Ungheria del 4%, in Polonia e nella Repubblica Ceca del 5%, mentre la Romania ha sorpreso con una crescita dell’8,6%, quando nello stesso periodo l’economia greca è cresciuta dell’1,3 per cento.
Anche i miglioramenti in termini di occupazione sono stati significativi. Il mercato del lavoro ceco, che è di gran lunga il più rigido della regione, ha espresso un tasso di disoccupazione del 2,5%, inferiore anche a quello della Germania.
“I buoni risultati ottenuti sono stati sostenuti dalla crescita delle economie dell’Europa occidentale e dalla ripresa ciclica del commercio mondiale – è il commento di Michiel Verstrepen, economista di Degroof Petercam AM – Tuttavia, l’attuale ripresa economica rappresenta l’eccezione piuttosto che la regola e quindi ci attendiamo una graduale normalizzazione della crescita nei prossimi trimestri”.

 

La ripresa ha colmato l’output gap

 

Come spiega Verstrepen, il differenziale tra il prodotto interno lordo effettivo e quello potenziale (output gap) è una misura dello stato attuale del ciclo economico: una differenza positiva significa che la crescita attuale è superiore alla crescita potenziale, il che potrebbe causare pressioni inflazionistiche. “Sebbene queste pressioni appaiano attualmente più forti in Europa centrale ed orientale piuttosto che in Europa occidentale, rimangono comunque modeste”, afferma l’economista.

Nel dicembre dello scorso anno il tasso di inflazione era dell’1,8% in Slovacchia, del 2% in Polonia, del 2,1% in Ungheria, del 2,4% nella Repubblica ceca, del 2,6% in Romania e del 2,8% in Bulgaria. “Il timore di un periodo di deflazione prolungato, prevalente nella prima metà del 2016, è in gran parte scomparso”, dice Verstrepen. Che aggiunge: “Per il momento, i livelli di inflazione restano prossimi all’obiettivo, dopo una spinta al rialzo causata non solo da un migliore utilizzo della capacità produttiva, ma anche dall’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. In ogni caso anche l’inflazione, che si potrebbe definire importata, risulta un fattore da tenere in considerazione”.
 
Il fattore politico

 

Oltre al rischio di surriscaldamento dell’economia, vi sono altri motivi per cui è bene monitorare queste regioni e le loro prospettive future. Il primo fattore, secondo Verstrepen, è la politica. La sfiducia nei confronti dell’UE e l’insoddisfazione generata dalla politica di gestione dei fenomeni migratori sono due temi particolarmente caldi, e la recente rielezione del presidente ceco Zeman, euroscettico, ne è la conferma. Inoltre, la controversia tra la Polonia e l’UE sulle riforme del sistema giudiziario sembra andare per le lunghe.
La politica europea sulle quote dei migranti è molto impopolare in tutta la regione e alimenta il crescente risentimento nei confronti dell’Unione – dice lo strategist – Inoltre, la regione si trova di fronte un serio ostacolo derivante dall’imposizione fiscale a seguito dell’impatto della Brexit sul bilancio europeo”.

In ogni caso è probabile che nei prossimi mesi questi Paesi eserciteranno una notevole influenza sull’agenda europea: Bulgaria, Austria e Romania infatti assumeranno in successione il turno di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, mentre il polacco Donald Tusk resterà presidente del Consiglio europeo fino alla fine del 2019. Nel frattempo, i Paesi dell’area balcanica si stanno allineando per l’adesione all’Ue, mentre la Bulgaria e la Croazia sono sulla buona strada per l’adozione dell’euro entro il 2020.

 

Il fattore demografico

 

Il secondo importante fattore è di natura demografica, poiché – analogamente all’Europa occidentale – la regione centro-orientale deve far fronte al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. Inoltre si prevede che la forza lavoro subirà un forte calo a causa dell’emigrazione.
Tutto ciò rende particolarmente problematico l’atteggiamento nei confronti dei migranti in arrivo e significa che occorre affrontare con urgenza la questione di una crescita della produttività insufficiente.

Le riforme strutturali restano necessarie e l’attuale ripresa congiunturale offre un’ottima opportunità per attuarle”, dice Verstrepen. Che conclude: “Vi è però il rischio che i salari aumentino troppo rapidamente minacciando la competitività. Se questi rischi saranno gestiti con successo, la convergenza economica verso l’Europa occidentale potrà continuare”.