Esselunga: al timone arriva Kahale. Il 2018 vede utili in frenata, ma vendite su
Per il gruppo Esselunga va in scena un importante cambio al vertice. Il gruppo, che rappresenta una delle principali catene italiane del settore della grande distribuzione, sarà guidato dall’attuale direttore generale, Sami Kahale, l’ingegnere di origini egiziane (arrivato un anno fa) che prende il posto del ceo Carlo Salza. Quest’ultimo, si legge nella nota ufficiale diffusa oggi da Esselunga, ha espresso la volontà nel consiglio di amministrazione di ieri di rimettere le deleghe a favore Kahale entro la fine dell’anno. Salza, nel segno di una stabilità aziendale, rivestirà successivamente la carica di presidente.
Il suo arrivo in Esselunga nel maggio del 2018. Poco più di un anno fa, Kahale, classe 1961, ha fatto il suo ingresso ufficiale nel gruppo Esselunga dopo avere trascorso 33 anni in Procter & Gamble (il primo incarico nel dipartimento marketing nel 1984) ricoprendo ruoli di crescente responsabilità in Italia e all’estero. Da ultimo, quello di amministratore delegato di Procter & Gamble per il Sud Europa. Il nuovo ceo di Esselunga ha conseguito una laurea in ingegneria all’Università di Notre Dame nell’Indiana e aver terminato l’MBA presso il Babson College nel Massachusetts. Con lui Esselunga, che è stata fondata nel 1957 con l’apertura a Milano del primo supermercato in Italia, è andata sempre più verso un modello di gestione manageriale.
Esselunga archivia il 2018 con con vendite totali in rialzo del 2,1% a ridosso degli 8 miliardi di euro (7,91 miliardi) e ricavi netti per 7,74 miliardi. E questo nonostante un contesto di mercato negativo caratterizzato soprattutto nella seconda parte dell’anno da un calo dei consumi. È quanto emerge dal conto economico adjusted (che incorpora alcune opportune rettifiche) di Esselunga. In discesa, invece, l’utile netto rettificato che passa da 305,8 milioni a 286,6 milioni “sia per effetto dei maggiori oneri finanziari connessi all’acquisizione di La Villata sia perché il 2017 aveva beneficiato di minori imposte relative agli esercizi precedenti anche a seguito dell’applicazione degli standard Ifrs nel bilancio separato di Esselunga”. Il margine operativo lordo adjusted è cresciuto, attestandosi a 710,2 milioni contro i 647,9 milioni del 2017, mentre il risultato operativo (sempre rettificato) ha raggiunto quota 422,9 milioni.
Esselunga sotto la lente di S&P
Una giornata densa di notizie per Esselunga, che finisce sotto la lente di S&P Global Ratings. Secondo la view dell’agenzia di rating americana, “la migliore performance finanziaria del 2018 sarà bilanciata dal rischio di un indebitamento più alto di fronte ai piani di buyout da parte dei suoi azionisti di maggioranza e condizioni di mercato potenzialmente più difficili”. Il miglioramento dei risultati potrà tornare utile “una volta che la transizione sarà completata”. A inizio anno Giuliana e Marina Caprotti (rispettivamente la seconda moglie e la figlia del fondatore Bernardo Caprotti) erano in rampa di lancio per rilevare il 100% di Esselunga, esercitando l’opzione sul 30% detenuto dai fratelli Giuseppe e Violetta.
Tuttavia, l’agenzia Usa prevede che “qualsiasi cambiamento del debito e della leva dipenderà, tra gli altri fattori, dalla valutazione e dal conseguente prezzo di acquisto delle azioni. E dipenderà anche da quanto il prezzo di acquisto verrà finanziato con debito, una questione che a oggi deve ancora essere determinato”
Per S&P Esselunga “rimane uno dei retailer più competitivi nel sua area geografica di nicchia” e “i prezzi dell’azienda sono inferiori del 3% alla media del mercato, costruendo la sua reputazione per prodotti di qualità”. Nonostante questo per gli esperti, “i margini potrebbero diminuire gradualmente a causa della contrazione della spesa dei consumatori e del forte concorrenza da parte dei discount”.
Guardando alle prospettive, Essselunga punta a investire circa 2 miliardi di euro nel periodo 2019/2023 per sostenere i progetti di crescita. Nel suo report S&P Global Ratings scrive che Esselunga prevede che i ricavi raggiungeranno quota 8,7 miliardi nel 2023, a fronte di una riduzione di oltre l’1% del margine Ebitda rispetto ai livelli del 2018, (prima dell’applicazione degli Ifrs16).