Elezioni: Meloni riaccende paura euroscetticismo. L’outlook sul deficit con governo centrodestra
Per gli europeisti, di certo, quella frase sull’Unione europea (UE) che la leader di Fratelli di Italia, Giorgia Meloni, ha proferito durante il suo comizio a Milano, ha il suono di un campanello di allarme: “In Europa sono tutti preoccupati per la Meloni al governo e dicono: cosa succederà? Ve lo dico io che cosa succederà: che è finita la pacchia e che anche l’Italia si metterà a difendere i propri interessi nazionali come fanno gli altri, cercando poi delle soluzioni comuni”, ha detto Meloni durante il comizio che ha tenuto a piazza Duomo a Milano, due giorni fa, domenica 11 settembre. La leader di Fdi ha cercato poi di smorzare i toni nel corso del confronto che ha tenuto ieri con Enrico Letta su Corriere.it, rimarcando che “la posizione di Fdi è da sempre la stessa: saldamente collocata nella sua dimensione occidentale, europea, nella Nato. Dobbiamo starci a testa alta difendendo l’interesse nazionale e i valori occidentali”.
Meloni ha ricordato anche che “dall’inizio non abbiamo avuto alcuna titubanza a schierarci contro l’invasione russa, abbiamo sostenuto dall’opposizione il governo e le cose rimarrebbero così con un governo di centrodestra”.
Ma il dubbio che il vecchio euroscetticismo e la vecchia avversione verso l’Unione europea facciano ancora parte del Dna di Meloni & Co. è tornato a insinuarsi negli elettori con una certa prepotenza. Qualche giorno fa, nel mettere in evidenza il vantaggio del centrodestra in vista delle elezioni, gli strategist di UBS avevano commentato come il fattore positivo di questa campagna elettorale fosse proprio l’assenza dell’euroscetticismo e di commenti aggressivi contro l’Unione europea: “Ancora più importante è il fatto che in questa campagna elettorale l’euroscetticismo è un tema assente, in forte contrasto rispetto al passato. E questo riflette il cambiamento dell’opinione pubblica, che ora sostiene in modo forte la moneta unica e l’Ue più integrata”. Così Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS GWM in Italia e Thomas Wacker, CFA, Head CIO Credit, UBS Switzerland AG, nella nota “Italy: Center right coalition ahead in the run up to the elections”, con cui analizzavano lo scenario macro economico in Europa e in Italia, parlando anche di spread e di tassi sui BTP, in vista del voto del 25 settembre.
Le parole che Giorgia Meloni ha proferito durante il suo comizio a Milano hanno riacceso i timori che un governo Meloni possa finire per porre l’Italia su una traiettoria di scontro contro l’Unione europea, scatenando nuove tensioni, in un momento tra l’altro in cui Roma non può più contare sull’intervento salvifico da parte della Bce di Christine Lagarde.
Certo, c’è lo strumento sfornato dalla banca centrale che prende il nome di scudo anti-frammentazione dell’area euro, noto in Italia come scudo anti-spread o salva BTP. Lo scudo è stato battezzato TPI (Transmission Protection Instrument)”. Ma è chiaro che si tratta di uno strumento che prevede il rispetto di determinate condizioni e di un assist che sarà attivato solo se l’Italia si sarà attenuta ai compiti di Bruxelles.
Gli esperti di Barclays immaginano l’Italia nelle mani del Governo Meloni, chiedendosi in un’analisi ad ad hoc dedicata alle elezioni politiche “What would a centre-right government look like?”, Ovvero: “Come sarebbe un governo di centro-destra?”. Nel report gli analisti mettono in evidenza quanto segnalato da UBS, ovvero che “la coalizione (di centrodestra, Fratelli d’Italia in particolare), ha compiuto notevoli sforzi nel rassicurare i partner internazionali in merito alla sua affidabilità e a un atteggiamento non oppositivo. E questo – si legge nella nota di Barclays – rappresenta un cambiamento significativo rispetto all’euroscetticismo che ha caratterizzato tradizionalmente Fdi, ed è dunque qualcosa di positivo”. Detto questo, avvertono dai piani alti di Barclyas, “tensioni con le istituzioni Ue potrebbero ancora emergere da alcuni elementi”.
Tra le condizioni imposte dal NGEU, c’è anche quella che chiede al prossimo governo “di finalizzare le riforme che sono state in precedenza osteggiate da Fdi (come la riforma della giustizia, la legge sulla concorrenza), ed esiste dunque il rischio che tali ritorme vengano annacquate o ritirate”.
Ancora, “le proposte di Fdi e Lega (come il blocco navale) al fine di combattere l’immigrazione clandestina potrebbero scontrarsi contro l’opposizione dell’Ue. In più, i piani fiscali ambiziosi della coalizione implicherebbero un certo superamento dei limiti imposti dall’Ue sui conti pubblici”. Riferendosi al programma attorno a cui ruota la campagna elettorale del centrodestra, Barclays si pone sostenzialmente due interrogativi. 1) La politica fiscale sarà espansionistica, e di quanto? 2) Esiste il rischio di tensioni con l’Ue, e il Next Generation EU (NGEU, dunque la realizzazione degli obiettivi del PNRR di Mario Draghi) è esso stesso a rischio?”.
Sicuramente – si legge nel report, “noi riteniamo che il messaggio che emerge dal manifesto sia chiaro: un governo di centro-destra sarebbe a favore di una politica fiscale più espansiva, caratterizzata da tasse più basse e da una tassazione meno progressiva, da spese pensionistiche più elevate e da maggiori investimenti nelle infrastrutture. In più, ci si aspetta una maggiore spesa per tamponare gli effetti (sulle famiglie e sulle imprese) della crisi energetica”.
Considerando le proposte fiscali nel loro insieme, Barclays prevede che la proposta (del governo di centrodestra) potrebbe generare un deficit più alto di 30-70 miliardi di euro (l’1,5%-3,9% del Pil). Gli analisti del colosso britannico hanno cura tuttavia di precisare che “queste stime sono preliminari e soggette a incertezza”.
Detto questo, “dubitiamo che tutte le misure menzionate nel programma possano essere incluse nella legge di bilancio 2023, visto il tempo limitato per il completamento della stessa legge: la realizzazione delle misure avverrà dunque in modo solo graduale”. Certo, il ricorso alla spesa facile da parte di Meloni & Co. non è certo un obiettivo che rassicura chi teme che l’Italia finisca con il portare i livelli già astronomici del proprio debito pubblico e del rapporto debito-Pil a valori ancora più allarmanti, a discapito della spesa per gli interessi sul debito, stimata già in crescita. Diversi gli alert lanciati dallo stesso mondo delle banche d’affari, conLa Repubblica che ha pubblicato ieri un articolo dal titolo più che chiaro: Le banche d’affari danno la vittoria a Meloni: “Ma se abbandonerà l’agenda Draghi saranno guai”, firmato da Sara Bennewitz. E stando ad alcune fonti, Mps vorrebbe stravolgere anche la road map della banca senese Mps.